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Tennishipster: alla fine vince il futurismo

«BRAM!»
«Fshhhh…»
«BRAAAAAAAMMMMM!»
«Fshhhhhhhhh…»
«BRAAAAAAAAAAAAAAAAAAMMMMMMMMMMMMMMMMM!!!!!!!!»

Anche se non sta guardando la partita, al tennishipster basta ascoltare attentamente la sequenza dei suoni e la reazione del pubblico per capire come è finito il punto. Da una parte un giovane tennista che colpisce sempre perfettamente, sempre più forte, sempre più vicino alla riga; dall’altra un gracile tennista con una maglietta dai colori primari che gioca un tennis semplice ed efficace. E perdente, purtroppo. Alexander Zverev contro Pierre-Hugues Herbert è il match tra l’ambizione di chi sa di essere più forte e l’umiltà di chi sa di essere più debole. Questo non vuol dire che Herbert, con quel look da studente al primo anno di Economia che ha già passato tutti gli esami del secondo, abbia intenzione di arrendersi, anzi.

Generalmente, il tennishipster preferisce non schierarsi con gli atleti di casa. E di Zverev, manco a dirlo, aveva pronosticato un futuro da campione ben prima che i giornali cominciassero ad occuparsi di questo tennista tanto alto quanto svelto. Herbert, però, sembra già essere stato sacrificato da tutti coloro che già sognano un terzo turno da sogno tra Zverev e Dominic Thiem. Chi l’avrebbe mai detto che questi due si sarebbero giocati un ottavo di finale al Roland Garros? Be’, il tennishipster l’aveva detto, a dire il vero, anche se non è mai troppo elegante citarsi. Ad ogni modo, forse perché gli piace indulgere nell’idea di potersi sbagliare una volta ogni tanto, il tennishipster si augura che Zverev e Thiem non giochino quel terzo turno che tutti si sono già segnati in calendario. Il suo sogno è che Pierre-Hugues Herbert, con quel tennis leggero e geniale, riesca a conquistare i titoli dell’Equipe.

Se i colpi di Zverev, potenti e cacofonici, sono il BRAAAM di Hans Zimmer che è si è diffuso a macchia d’olio nella produzione cinematografica degli ultimi cinque anni, i rovesci in back di Herbert sono piuttosto dei delicati strumenti a fiato, la cui delicatezza ricorda al tennishipster un concerto alla Philarmonie a cui ha avuto la fortuna di assistere qualche mese fa. L’arroganza sfrontata del power tennis contro la fragilità emotiva del whisper tennis: il contrasto non potrebbe essere più marcato ed è così che il fanatico del tennis alternativo finisce per fare uno strappo alla regola, tiferà per il giocatore di casa. Herbert, com’è ovvio, non ha bisogno di supporto. Ogni suo colpo, dal più imprevedibile al più sospirato, viene salutato dal pubblico francese con il solito, insopportabile calore. Il pa-pa-pa-parapapa-ooooooooh che immancabilmente arriva dagli spalti generalmente urta i nervi già parecchio sensibili del tennishipster, ma oggi, solo per oggi, il nostro è capace di superare questa naturale antipatia per tutto ciò che proviene d’Oltralpe.

Il contrasto si percepisce anche da come si vestono i due in campo: la divisa di Pierre-Hugues Herbert è un inno alla geometria, in perfetto stile Lacoste. Colori primari, righe definite, struttura precisa e ben delineata. Dall’altra parte, Alexander Zverev porta una maglia zebrata in cui il bianco e il nero si contendono il dominio cromatico in un ammasso confuso di forme. Espressionismo contro neoplasticismo: i livelli sui quali si sta giocando questo scontro sublime sono talmente tanti che il tennishipster, per un po’, perde la bussola. Messosi a fantasticare su un match di tennis tra Egon Schiele e Piet Mondrian, ha perso un paio di game e non si è accorto che Herbert ha vinto il primo set con un colpo di coda. E dire che il break a inizio partita sembrava aver già indirizzato verso i binari della noia questo match che i francesi hanno avuto il buon gusto di mettere su un campo secondario.

Herbert non è uomo da grandi palcoscenici, ma preferisce far parlare l’arte del suo tennis davanti a platee ristrette e appassionate. Non è un caso che il suo più grande trionfo, la vittoria degli US Open in doppio, sia avvenuto nello stadio più grande del mondo, che per l’occasione era quasi interamente vuoto. La leggerezza del suo tennis, la dolcezza delle sue volée e il silenzio dei suoi velocissimi passi sono un’armonica sinfonia sulla terra battuta e il tennishipster se ne bea come se stesse ascoltando un poema sinfonico di Liszt. Zverev però è la quintessenza della modernità e il suo ritmo indiavolato finisce per travolgere l’eroe del tennishipster: in un attimo è 6-2 e, assieme al sole, tramontano anche le sue speranze. Ne ha viste fin troppe di partite così: il futuro campione che arranca per poi scuotersi e terminare in scioltezza la partita.

Ma oggi Herbert non sembra voler aderire al piano che tante volte ha frustrato le aspirazioni del tennishipster. Nel terzo set c’è una sola palla break, Zverev la annulla a modo suo e così si rimanda il giudizio al tie-break. All’improvviso, le speranze del nostro si riaccendono. Il tennishipster sa benissimo che ci si gioca tutto in questo game tanto crudele quanto liberatorio. Quando vede Zverev commettere degli errori banali, quasi non crede ai propri occhi. E se…? Herbert ha tre set point: due li giocherà in risposta, uno sul suo servizio. Zverev, naturalmente, non gli permette di giocare i primi due punti. Pierre-Hugues va quindi a servire: se vince il punto, è avanti due set a uno. Serve benissimo, Zverev risponde corto e lui non perdona col dritto. Il pubblico esulta, il tennishipster spalanca gli occhi e non ci crede. E fa bene: Zverev gesticola animatamente verso l’arbitro, lo costringe a scendere, gli fa controllare il segno.

Era fuori, ovviamente. Il tennishipster, in cuor suo, lo sapeva ancora prima che la palla atterrasse. Ma per qualche secondo è stato bello adagiarsi in questa sottile fantasia e fingere che fosse vera. Zverev, implacabile e arcigno, mostra il pugno in segno di vittoria, come se avesse già vinto il tie-break. E ha ragione lui: lo sanno i due in campo e lo sa anche quell’inguaribile romantico che si ostina a sperare che i suoi prediletti riusciranno a riscattarsi. La partita viene interrotta per oscurità, prolungando di quasi 24 ore la permanenza di Herbert nel torneo. Il giorno dopo, sul live score, il tennishipster non ha bisogno di seguire il punteggio. Sa bene che Zverev breakkerà sul più bello, proprio quando i francesi ricominceranno a crederci. Ma non lui, non questa volta: ha già controllato l’order of play di domani e ha deciso che per questo turno di sofferenza ce n’è stata a sufficienza.

Alexander Zverev Pierre-Hugues Herbert


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