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Libero tennis in libero febbraio

Liberato dagli oppressori, senza i risultati scontati e con i Carneade e i parvenu al potere: è il tennis a febbraio.

Liberato dagli oppressori, senza i risultati scontati e con i Carneade e i parvenu al potere: è il tennis a febbraio.

Che strano questo tennis. Ci lascia senza partite vere tutto il mese di dicembre e poi a gennaio, dopo che abbiamo seguito distrattamente i primi tornei che si giocano quando da noi è notte, fra Asia e Australia, ci propone per pranzo un’indigestione televisiva di tennis come l’Australian Open. Finito il primo Slam, come al solito senza grandi partite spettacolari quando si affrontano i primi della classifica – tra l’altro con il solito e prevedibile esito – viene proclamato lo sciogliete le righe generale. Ci si rivedrà tutti assieme al torneo di Indian Wells, praticamente a un mese e mezzo di distanza dalla finale australiana.

In questo lasso di tempo il tennis cambia improvvisamente. Liberi dalle coscrizioni dei tornei Master 1000 e degli Slam, i tennisti possono scegliere dove andare a giocare. O se vogliono giocare. Possono fregarsene di tutto e andare a giocare sulla terra battuta immediatamente, come Nadal, oppure tornare in Europa e stare vicino alla famiglia, come gli iscritti ai tornei olandesi e francesi. Oppure stare a casa con i piccoli, come Djokovic e Murray.

È in questo periodo che il tennis, finalmente liberato dall’oppressione dei tre o quattro che quando sono in campo finiscono per vincere il torneo, è libero. E allora diventa divertente.

Cuevas che tiene sulla diagonale sinistra contro Nadal con il rovescio ad una mano: cose che solo a febbraio

Prendiamo ad esempio il torneo di di Rotterdam, che ha perso prima Federer, e poi i finalisti dello scorso anno, Berdych e Wawrinka. Improvvisamente, sono venute a mancare cinque vittorie dello svizzero, la finale tra due top10 e altre partite scontate. Tutto sostituito da match più equilibrati e spettacolari. Dispiace (mica tanto) per gli sponsor, per il pubblico che ha comprato i biglietti sperando di vedere il tennista più amato di sempre in campo, ma meglio vedere Klizan annullare matchpoint con dritti sulle righe che guardare Federer fare accademia per l’ennesima volta contro Richard Gasquet, pure lui a casa, fra l’altro.

Così a Rotterdam si è giocato tutto sommato un torneo interessante grazie al genio di Martin Klizan. Anche se non c’era nessuno fra i migliori dieci, è stato sicuramente più interessante di quello americano di Memphis dove, invece, il top 10 c’era, ed era il solito Kei Nishikori. Il giapponese ha fermato in finale la corsa verso la gloria di Taylor Fritz, giovanissimo statunitense di belle speranze e di cui si dice un gran bene, la stessa storia che gli americani ci raccontano da quando Roddick ha smesso di giocare. A Memphis il torneo si è chiuso seguendo il copione prestabilito: ha vinto il top 10 che era stato convinto a partecipare alla gara con un profumatissimo assegno. Nishikori ha fatto il suo: ha vinto e ha suonato la chitarra per la quarta volta di fila per ricordare che è lì che si trova lo spirito della prima vera rockstar, Elvis Presley. Gli sponsor sono felici e l’albo d’oro ha il nome giusto inciso sopra. E pazienza per lo spettacolo e per una finale banale e scontata. Almeno abbiamo visto Fritz.

Cose che accadono solo a febbraio, quando va in scena il tana libera tutti per il tennis e i titoli sono in saldo. È come se fosse possibile a tutti acquistare quel cappotto firmato, la vittoria di un torneo, solo perché adesso è a prezzo scontatissimo. E allora ecco che Estrella-Burgos completa il back to back vincendo ancora una volta il torneo di Quito, a due passi da casa sua. Roberto Bautista-Agut vince a Sofia senza neanche perdere un set, mentre Richard Gasquet ne ha perso uno contro Dustin Brown al torneo di Montpellier, casa sua praticamente. Abbiamo potuto riscoprire Zverev, che giocando con meno pressione ha battuto Cilic e Berrer per poi arrendersi a Mathieu, ed è stato un belvedere. Oppure vedere il nostro Paolino Lorenzi esaltarsi contro Bernard Tomic a Quito (prossimamente al cinema: “Un australiano in Ecuador”), per poi venire regolato dal ras della regione, Thomaz Bellucci, uno che pare giochi a tennis solo per aspettare il mese di febbraio.

Estrella Burgos vince tornei con una sola combinazione: febbraio + Quito
Estrella Burgos vince tornei con una sola combinazione: febbraio + Quito

Con i migliori fuori gioco questo è il momento in cui le seconde linee ne approfittano per mettere fieno in cascina, i punti ATP. Giocano questi tornei 250 in genere da favoriti, dove chi è fuori dalla top 100 riesce a passare le qualificazioni perché tanto si è più o meno sparpagliati in tutto il mondo e quindi il livello si abbassa. A meno che non ti chiami Jo-Wilfried Tsonga, capace di perdere dal numero 338 al mondo, Thiago Monteiro, soffrendo sulla terra battuta di Rio de Janeiro, dove anche la pioggia copiosa di questi giorni ha contribuito a rallentare un campo già lento di suo, permettendo vittorie del genere: le vittorie del tennis operaio.  

Febbraio è il mese buono per vincere il tuo primo torneo se ti chiami Nick Kyrgios, il predestinato che già da qualche anno colleziona scalpi prestigiosi ma che ha dovuto aspettare proprio questo mese per vincere il suo primo titolo ATP battendo due dei pochi top-10 in campo e un campione Slam. A febbraio ci sono quei tornei 250 dove si può tornare a giocare in tranquillità se ti chiami del Potro, superare diversi turni e arrendersi a Querrey, un altro che può vincere titoli solo in questo mese – e certo: se in finale ci arriva un certo Ram si capisce meglio tutto.

Rajeev Ram, 31 anni: fino a Delray Beach aveva vinto due titoli in altrettante finali, sempre a Newport
Rajeev Ram, 31 anni: fino a Delray Beach aveva vinto due titoli in altrettante finali, sempre a Newport

Paradossalmente, con i migliori di questo sport fuori dai giochi, il tennis diventa di nuovo divertente. Anzitutto l’esito di questi tornei non è sempre così scontato. Sono i tornei che ci aiutano a scoprire i giovani, Coric e Zverev qualche anno fa, Fritz quest’anno. Sono quei tornei che se poi si giocano su terra battuta diventano proprio un altro sport.

Specie sul rosso sudafricano di febbraio, giocare su terra battuta diventa una cosa molto diversa dal tennis che si vede abitualmente, anche nelle occasioni in cui si gioca sul rosso dei Master 1000 e del Roland Garros. Si gioca a Buenos Aires, e c’è Rafael Nadal. Ma non è più Rafael Nadal il cannibale, quello che questi tornei negli anni buoni non li avrebbe giocati, perché sarebbe arrivato alle fasi finali degli Australian Open. Da un paio d’anni, da quando perde abbastanza presto in questi tornei – quest’anno al primo turno – va a giocarli come se fosse un Carreño Busta qualsiasi. E neanche li vince. Gioca, infatti, e perde con le seconde o terze linee, i Fognini l’anno scorso, i Dominic Thiem o i Cuevas quest’anno.

Pella, 25 anni: prima finale nell'ATP conquistata a Rio de Janeiro
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In questi tornei si gioca molto ben lontani dalla riga di fondo campo, allargando il campo e gli angoli, facendo diventare il tennis uno sport più di corsa che di racchetta. Improvvisamente, dalla rapidità del cemento australiano (chiamiamola così, per comodità) ci si ritrova impolverati nella terra rossa, con il caldo secco sostituito dall’umidità folle. Si corre tanto, troppo forse, ma si ha il beneficio di avere tutto il tempo per effettuare le ampie aperture per preparare il colpo. Un campione in questo è proprio Dominic Thiem, uno che su superfici più veloci e contro i migliori spesso è costretto ad un ritmo non suo e che invece sulla lenta e pesante terra battuta argentina, posizionato sempre ad almeno due metri dalla riga di fondo, ha avuto la forza di caricare ogni singolo diritto e rovescio in top spin, vincendo il torneo e quindi punti preziosi.

Il passante vincente di Thiem a Rio de Janeiro, lontanissimo dal campo.

Abbiamo rivisto il tennis degli anni ‘90, quello lento e ragionato. Quello dove si indirizza un colpo di là pensando già a come ritornerà la palla e alla successiva mossa, perché chiudere un punto è troppo difficile. Abbiamo rivisto il tennis dove la smorzata si riprende finalmente la scena. Abbiamo visto il contrario del tennis d’istinto, quello di vertice e delle superficie veloci, dove bisogna essere svelti a premere il grilletto perché se lo fa prima l’avversario lo scambio è andato. A molti, ai puristi, non piace questo spettacolo che va in scena sul rosso. Non dategli ascolto, esaltatevi piuttosto a vedere Paolo Lorenzi diventare uno dei migliori a questi livelli.

Cose così succedono solo a febbraio. Ci sono altri periodi in cui i tornei sono più liberi, ma mai come a febbraio. Perché poi arriva il cemento americano e si tira diritto fino a Wimbledon. E poi quest’anno ci sono anche i Giochi Olimpici. Allora godiamoci questo mese in cui il tennis è libero dai dominatori, libero dai risultati scontati e dai 6-3 6-3 in finale. Veloci, ché i saldi poi finiscono e a comprarsi le scarpe firmate tornano i soliti noti. Che infatti vestono tutti uguale.


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