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Più forte di Djokovic

Andrey Rublëv, uno che già un anno fa vinceva le partite contro Dzumhur e Verdasco e portava via set a Giraldo e Fognini, quest’anno a Mosca si è dovuto iscrivere alle qualificazioni. Ha diciannove anni, Rublëv, ed è uno dei tennisti più attesi della sua generazione. Quest’anno, però, le cose non stanno andando come dovrebbero, e così gli organizzatori della Kremlin Cup hanno deciso di premiare con una wild-card altri tennisti al posto suo. «È giusto così» ha detto, «non ho fatto abbastanza per meritarmi la wild card». E il destino, che tutti sappiamo quanto ami scherzare, ha deciso che Rublëv, al primo turno delle qualificazioni, avrebbe dovuto affrontare un suo coetaneo e connazionale, di cui per ora si è parlato molto poco: Alexander Bublik, uno a cui Wikipedia ha dedicato una decina di righe e che su Twitter ha meno di 200 follower. Bublik ha finito il 2015 da numero 960 del mondo, un anno in cui ha giocato tornei junior e Futures, per lo più.

Poi quest’anno si è acceso qualcosa: sono arrivate quattro vittorie nei Futures, i quarti di finale nei Challenger e la wild-card nei tornei ATP, e pazienza se contro Daniil Medvedev, altra promessa del tennis russo, ha raccolto solo quattro game. Un mese dopo, accedendo al main draw del torneo di Mosca, Bublik ha dimostrato che gli organizzatori del torneo di San Pietroburgo ci avevano visto giusto. Nel primo turno delle qualificazioni a Mosca, pur su un campo periferico, c’erano gli spalti pieni per il derby contro Rublëv, e Bublik ha sorpreso tutti con una vittoria in due set. Nel secondo ha dovuto annullare cinque set point, ma alla fine è riuscito a venire a capo del suo più conosciuto rivale e a qualificarsi per il turno decisivo contro il bielorusso Egor Gerasimov. La vittoria in tre set lo ha qualificato per il secondo torneo ATP in carriera, ancora a casa sua, anche se poi Gatchina, la città in cui è nato, è molto più vicina a San Pietroburgo che a Mosca. Ieri, contro il trentunenne Konstantin Kravchuk, uno di quelli che hanno preferito a Rublëv, ha rimontato un set e ha festeggiato la prima vittoria ATP in carriera.

È così che Bublik è arrivato sotto la luce dei riflettori. Gli organizzatori del torneo di Mosca gli hanno concesso l’ultimo match di giornata, sul centrale, contro il numero 1 del tabellone, uno che la settimana scorsa ha battuto Novak Djokovic e si giocava la prima finale di un Masters 1000 contro Andy Murray. Roberto Bautista-Agut, probabilmente, è arrivato stanco da Shanghai, chi lo sa, ma ha avuto quattro giorni per abituarsi alle nuove condizioni. E poi, tutto sommato, lo spagnolo è ancora in corsa per un posto alle ATP World Tour Finals, anche se ovviamente servirebbe un mezzo miracolo per arrivare tra i primi otto. Il mezzo miracolo, invece, lo ha fatto Sasha Bublik: prima di ottobre, non aveva ancora affrontato un top 100 in vita sua ma sono bastate due settimane per farne fuori tre. Jiri Vesely, a onor del vero, la scorsa settimana si è ritirato sul 7-6 0-3, ma le vittorie contro Kravchuk e Bautista-Agut sono autentiche e senza asterischi.

Quando è sceso in campo, con quella maglia che gli stava larga, i cerotti sul collo e sul braccio, sembrava quasi che Bublik avesse sbagliato entrata e fosse capitato per caso sul campo centrale dello Stadio Olimpico. Sembra impossibile, ma Bautista-Agut, che gli rende dieci centimetri in altezza, sembrava più grande, più forte, più sicuro di sé, specie quando gli ha stretto la mano prima del riscaldamento. E probabilmente lo era. Ma non ci ha messo molto lo spagnolo, che è un tipo sveglio, a capire che di fronte a sé aveva un ragazzino che non doveva sottovalutare. Bublik però è andato lo stesso avanti di due break, tirando servizi a 200 chilometri orari, dritti che andavano appena appena più lenti e soprattutto dei drop-shot che solo dopo un’ora sono diventati raggiungibili. Bautista-Agut è ormai un tennista di esperienza e sa che quando il suo avversario tira così forte, non resta che aspettare che passi la tempesta.

Ma le tempeste possono durate un po’ di più del previsto e nemmeno il doppio break con cui Bautista-Agut ha riagganciato e superato Bublik portandosi 3 a 1 nel secondo set, dopo il 2-6 del primo, è servito a scoraggiare il diciannovenne. Al contrario, dopo qualche minuto di appannamento, Sasha ha ripreso il concerto heavy metal che aveva iniziato poco prima. Gestendo alla grande la diagonale di rovescio, e spaccando la pallina in quattro sulla diagonale opposta, Bublik ha travolto lo spagnolo vincendo 4 game di fila grazie al quinto break della partita, quello che gli avrebbe permesso di chiudere al decimo game. Ma la gioventù è fatta di irruenza, più che di pazienza, ed è per questo che tante volte la rimpiangiamo. Alexander, che scommettiamo sarà presto Sasha, ha dimostrato di avere tutti i colpi, ma di non essere sempre in grado di scegliere quello giusto. Le volée, per esempio, sono molto buone: pur avendone giocate poche, se si considera la velocità della superficie, quando è andato a rete Bublik ha dimostrato di saper sempre cosa fare. E poi, con un dritto che viaggia a 175 chilometri rari, molte volte non c’è nemmeno bisogno di colpire a rete. Altre volte, però, ha provato soluzioni coraggiose ma infruttuose, come un finto dropshot à la Radwanska a cui uno come Bautista-Agut difficilmente abbocca.

Il break subìto quando è andato a servire per il match non è bastato a demoralizzare Sasha. Bautista-Agut ha provato a far valere la propria esperienza, rallentando gli scambi, addormentando i punti con lo slice di rovescio, provando con i dropshot e i lob, ma oggi è mancato qualcosa nel timing, che per lui è fondamentale. Bublik, invece, aveva tutto il tempo di colpire come voleva, e così il russo si è trovato molto spesso a tirare dei comodi dritti a sventaglio, su cui il suo avversario poteva fare ben poco. Ha chiuso con un ace, Bublik, mantenendo intatto il suo record contro i top 100 e inaugurando positivamente quello con i top 20. Domani, contro Carreño-Busta, dovrà scrollarsi di dosso questa serata e pensare solo a giocare. Non sarà facile, e forse non ci riuscirà, ma tanto potrà riprovarci nei prossimi mesi: è questo il bello del tennis, no?

Alexander Bublik


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