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Tennishipster: Federer rovina tutto, come al solito

È stata un’off season molto dura, quella del tennishipster, impegnato non solo ad aggiornare tutti i suoi archivi, ma anche a monitorare gli sporadici tornei che di solito tutti ignorano, i Futures di dicembre. Si tratta di tornei con scarso appeal anche per quelli come lui, dal momento che ci sono nomi che perfino i fanatici di questa schiatta faticano a conoscere. Non è il caso del nostro, ad ogni modo: sa bene che a dicembre la concorrenza è fiaccata da undici mesi di studi affannosi alla ricerca del nuovo Graal, di colui che permetterà al suo scopritore di vantarsi per settimane davanti agli occhi degli invidiosi colleghi.

Ecco perché, al momento del sorteggio degli Australian Open, il tennishipster avverte una specie di sollievo, come quando, dopo una lunga scarpinata in montagna, ci si toglie gli scarponi e si lasciano finalmente riposare i piedi. Il nostro, per restare nella metafora, è ormai arrivato da giorni nella sospirata baita, e lì, al tepore del camino, può finalmente rilassarsi. Perché il paradosso del tennishipster è proprio questo: quando la stagione comincia, e tutti cominciano a sentire la fibrillazione del primo Slam che si avvicina, lui invece è già temprato da settimane di studio. Il che, naturalmente, significa: scorte di caffè, lunghe e rigeneranti dormite pomeridiane e naturalmente molto collirio per i bulbi oculari, già allenati nel loro movimento pendolare da una parte all’altra del campo.

Giovedì sera, a un paio d’ore dal sorteggio, il nostro si è anche concesso uno dei suoi rarissimi vizi, e mentre si accende una Lucky Strike, pensa a quali sarebbero stati i migliori abbinamenti per i tennisti della sua scuderia. Naturalmente, con un occhio segue il countdown al sorteggio e con l’altro l’order of play del tabellone di qualificazione, di cui non si sta perdendo un match. Ci sono molti nomi che si augura arrivino nel tabellone principale, ma come sempre gli accade, la speranza che ripone su un suo prediletto è parzialmente rovinata da una punta d’ansia: che arrivi qualcuno, cioè, a scippargli la scoperta. Comunque sia, il tennishipster non può che rallegrarsi per le buone partite che sta giocando Sascha: naturalmente non si tratta di Zverev, un giovane sdoganatissimo che già dovrebbe andare a noia a chiunque abbia a cuore il tennis alternativo, ma di Alexander Bublik, un russo che è diventato kazako e che tira dei dritti a velocità sbalorditive.

Sul taccuino del tennishipster, ci sono i soliti nomi e qualche sorpresa che si è appuntato durante l’off season. Il punto è che i tabelloni di qualificazione non sono ancora completati, per cui si dovrà assistere alla solita pantomima: al posto del nome del tennista verrà messa una Q, tutti passeranno oltre e il tennishipster non potrà far altro che fantasticare sui nomi dei fortunati che finiranno per riempire quella casella. E se fosse…? O se invece…? Quando compare il tabellone senza le teste di serie, il nostro ha quasi un brivido, ma non saprebbe dire se di gioia o di terrore: ci sono tre qualificati uno in fila all’altro. Certo, si dice pensosamente, questo alza incredibilmente le possibilità che uno di loro arrivi al terzo turno. Eppure, quella testa di serie lì nei paraggi potrebbe intralciare i piani.  Ma del resto è così che funziona. Speriamo, aggiunge sospirando dentro di sé, che non sia uno dei soliti tennisti mainstream, ma qualche wannabe finito per caso tra i primi trentadue.

Tocca alle prime teste di serie: due dei prediletti del tennishipster, Martin Klizan e Florian Mayer, hanno beccato due tennisti che hanno vinto gli Australian Open, cioè Stan Wawrinka e Rafael Nadal. Poche speranze per entrambi – anche se al tennishipster brillanco ancora gli occhi, se ripensa a Shanghai 2011 – e probabilmente qualche campo principale, magari la Rod Laver Arena. Se non altro avranno il palcoscenico che il loro talento si merita. Quei burloni degli organizzatori, poi, hanno messo Paire e Haas assieme: il primo, nonostante qualche trascorso nei piani alti della classifica, è una specie di cotta adolescenziale per il tennishipster, che a quel folle barbuto perdonerebbe tutto, pur di vedere un’altra volée come quella lì; del secondo, invece, il tennishipster non può perdonare il best ranking (numero 2: la sintesi del parvenu), ma al tempo stesso non può che ammirarne l’applicazione, in un modo non dissimile da quello che lo ha portato a tifare per Lleyton Hewitt negli ultimi mesi della sua carriera.

Mentre si appunta tutti i match da seguire (Pavlasek-Whittington ed Estrella-Burgos-Bedene promettono scintille, così come Bagnis-Evans dovrebbe fornire materiale per decine di minuti di highlight), l’ingessato presentatore della noiosissima cerimonia è arrivato alle teste di serie meno basse. C’è una specie di brusìo inusuale, quando si arriva alle teste di serie comprese tra la diciasettesima e la ventiquattresima. Inusuale perché di solito, in questa fascia, c’è ben poco da raccontare. Ma tutto ad un tratto, il tennishipster capisce a che cosa è dovuto tutto quel fremito: Roger Federer. Lo svizzero, nemesi di qualsiasi tennishipster per la crudeltà con la quale è capace di disporre delle nuove leve in cerca di un po’ di ossigeno, è sceso in classifica dopo aver saltato metà stagione per via degli anni che passano. Fatto sta che quando il suo nome viene pronunciato, il suono di quelle poche sillabe basta a ridestare l’attenzione di tutti. Dove finirà? Dalla parte di Djokovic o di Murray? Nel terzo turno con Nadal? E agli ottavi? Al tennishipster tutto ciò non interessa: quelle sono chiacchiere da bar per i tennismainstream, gente impegnata a calcolare quanti turni consecutivi di servizio ha vinto quello o quanti metri per scambio è riuscito a correre quell’altro.

Quando il nome di Roger Federer viene inserito nel tabellone, al tennishipster quasi viene un mancamento: lo hanno messo assieme ai tre qualificati! Questo vuol dire che giocherà all’esordio contro un qualificato e poi, al secondo turno, contro il vincente di un derby tra qualificati. Il tennishipster, furente, già immagina i giornali: scriveranno di un esordio morbido, di due turni per scaldarsi in vista di un tabellone molto difficile eccetera eccetera. Quei poveracci non hanno idea di quanto sudore abbiano dovuto versare i qualificati per arrivare nel tabellone principale, per essere uguali a tutti gli altri; non hanno idea del rischio che si prendono, ad andare a giocare laggiù con la possibilità di tornarsene a casa per una banale insolazione; non hanno idea che i qualificati, una volta passate le forche caudine, non hanno certo voglia di fare le comparse per i ritorni degli altri. Ma dentro di sé il tennishipster sa bene che quei maledetti giornalisti hanno ragione.

Deve passare un giorno e mezzo prima che il tennishipster possa sapere dove sono finiti i qualificati. Alex Bolt, uno dei nomi appuntati a dicembre, poteva pescare peggio, visto che gli è capitato Nishioka; Railly Opelka ha poche chance con Goffin, ma perché non provarci; Blake Mott, che ha eliminato uno dei prediletti del tennishipster, James McGee, ha pescato uno dei tennismainstream più mainstream che ci siano, Richard Gasquet; Andrey Rublev, uno per i quali si contano i giorni prima che diventi di tendenza, giocherà con Yen-Hsun Lu e poi forse con Murray. È con un filo di esitazione che il tennishipster abbassa lo sguardo nei pressi della casella di Roger Federer. Prima di controllare chi è lo sfortunato, il tennishipster sospira, conscio che queste cocenti delusioni sono all’ordine del giorno, per uno come lui. Ma è con una stretta al cuore che registra il nome di Jürgen Melzer, quel mancino dal tennis divino che a 35 anni ancora non ha perso la voglia di giocare a tennis.

Sembrava finita per lui, l’anno scorso, quand’era sceso oltre la cinquecentesima posizione mondiale. Poi a luglio, dopo uno stop di quasi un anno, Melzer si fa rivedere a casa sua, Kitzbühel, e chi sconfigge al secondo turno, se non il nuovo prodigio austriaco, Dominic Thiem? Il tennishipster, da quella partita, ha capito che prima o poi avrebbe rivisto quel rovescio così fluido su un campo del Grande Slam. Purtroppo, però, non poteva sapere che Melzer avrebbe pescato Roger Federer. Con un lieve sogghigno, il nostro ricorda il loro ultimo incontro, a Montecarlo nel 2011: finì 6-4 6-4 per Melzer. Sono passati quasi sei anni da allora e ad entrambi i tennisti, che sono pure coetanei, è successo di tutto. Si ritroveranno in campo a Melbourne, sulla Rod Laver Arena e il tennishipster soffrirà con Jürgen, sognando al secondo turno un altro, insperato derby con un qualificato. Fratangelo o Rubin, non fa nessuna differenza. Ma con Roger Federer di mezzo, quello che poteva essere un tabellone benedetto diventerà la solita, amarissima delusione.

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