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Il delirio

Che il giornalismo italiano abbia dei problemi di contatto con la realtà non è certo il tennis a doverlo rilevare. Costretti a vagare elemosinando accrediti, più appassionati di tennis che giornalisti, il racconto di quello che avviene è talmente empatico da rasentare – “scavallare” direbbero loro, il cielo li strafulmini – il grottesco. Il giocatore numero 100 che raccoglie 4 game a 24 anni contro il diciannovenne tedesco “è stato così generoso che dobbiamo solo fargli i complimenti”; il vecchio professionista che perde contro chi arriva dalle qualificazioni è “solo da lodare per quanto ha dato al tennis italiano”; il più bizzoso che talentuoso idolo locale che perde con l’ultimo russo trovato a Bucarest “solo se avesse voglia sarebbe top 5”. Questi sono i commenti che passano da telegiornali, giornali, radio e nei siti istituzionali, da cui traspare la voglia di italico vigore che meriterebbe qualche preoccupazione, una volta passata la noia. Giusto per citare un esempio: a Roma, in sala stampa, l’inviata di un grande quotidiano nazionale ha chiesto se Mara Santangelo fosse in tabellone. Tutto vero.

L’apice di questa infernale realtà parallela viene raggiunto tra la seconda e terza settimana di maggio, quando si giocano gli internazionali di Roma. Se non facesse ridere, il trionfalismo dei pasdaran da federazione farebbe rabbrividire. Il quinto slam; il torneo più importante del mondo; la location migliore dell’universo; l’accoglienza migliore della galassia; il campo più bello di tutto il sistema solare, isole comprese, l’evento a cui tutto il genere umano, ma solo perché purtroppo non abbiamo raggiunto altri mondi, vorrebbe partecipare. E che per quanto possa essere stato trionfale l’anno precedente, quello in corso lo è di più, più migliore assaissimo.

Di fronte ad un crescendo al cui confronto qualsiasi Rossini impallidirebbe è impresa del tutto improba ricondurre non diciamo ad una parvenza di realtà ma almeno ad un minimo di ragione la parte meno impazzita del movimento, posto che esista. Del resto, un luogo in cui si ascolta senza neanche l’ombra di una pernacchia che “Federer non è poi questa gran perdita, qui non ha mai vinto” – che è pressappoco come se un parroco di periferia ti dicesse che questo Dio è un po’ sopravvalutato, la Chiesa in fondo ha tanti di quei santi da poterne fare a meno – è un luogo perduto, frequentato da gente irredimibile, impossibile da risvegliare. E fanno mestamente sorridere quei pochi che ricordano l’elenco degli assenti, più lungo che in ogni altro mille giocato quest’anno da Serena Williams a Nick Kyrgios; l’assurdo stato in cui si trovano i campi, con meno buche di una vecchia trazzera certo, ma non tante di meno; la rilassatezza dei partecipanti venuti a mangiare improbabili supplì o la più scotta delle carbonare più che pensare a giocare a tennis. Oppure ricordare la ben diverse considerazioni che i giocatori hanno di altri “1000” come Indian Wells o addirittura Shanghai. O, ancora, l’infelice collocazione nel calendario, subito a ridosso del Roland Garros, che induce i giocatori a pensare il torneo romano come ad un “250” di preparazione.

In un contesto così inscalfibile, con dirigenti capacissimi di far soldi, cantando “O surdato ‘nnammurato” a sprezzo di qualsiasi buon gusto – tutto sommato l’unico involontario merito, del tutto inverosimile tacciare tutto il baraccone di qualsiasi ridicolo decoro borghese – la corsa è a fare sempre peggio, a raggiungere inimmaginabili vette di ridicolo. Come per esempio chiamare il secondo campo del complesso del Foro Italico “Nextgen arena” e presentare come grande successo la cosa più clownesca degli ultimi anni il master dei gggggiovani, anzi della “Nextgen”, ci mancherebbe.

Si tratta di un torneo che si giocherà a Milano a novembre tra i migliori sette giovani under 21  più, altra cosa molto logica in uno sport globale come il tennis, una wild card italiana. Che vicino ai migliori sette giovani non ci arriverà manco di striscio ma che permetterà agli entusiasti scrittori di tennis di sottolineare “il grande miglioramento del 722 del mondo, che a 25 starà ormai per maturare, pronto per entrare tra i primi duecento”.  Ma non contenti di questo il Masters dei giovani sarà l’occasione per sperimentare nuove fondamentali regole, che cambieranno per sempre il tennis. L’abolizione del “let” sul servizio (cioè se la palla colpisce il nastro e finisce in campo si deve continuare a giocare); l’abolizione dei “vantaggi” (sul 40 pari chi farà il punto successivo avrà vinto il punto: sostanzialmente il game diventa “chi arriva prima a 4”); e – last but non certo least, figuriamoci – per vincere il set sarà sufficiente vincere 4 game e non più 6. In carrozza gente, del resto il circo è o non è il più grande spettacolo del mondo?


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