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Antico Tiro al piccione

In Piazza delle Muse, nel cuore dei Parioli, c’è un punto panoramico che affaccia su Villa Ada, il parco più grande di Roma nord dopo quello di Villa Pamphili. Da questa piazza si vede il punto in cui l’Aniene si immette nel Tevere, impegnato ad attorcigliarsi per cercare di allungare quanto più possibile il suo percorso in direzione centro. Salendo dalla Salaria supero la piazza e percorro un viale con i platani ai lati verso la mia meta, il circolo tennis Antico Tiro a Volo. Non sono mai stato da queste parti, del resto gioca a tennis e conoscerai il mondo, e quando il navigatore dice che sono arrivato, che sono proprio davanti l’ingresso, io, il circolo, non lo vedo. Non vedo recinzioni, insegne o i pali dell’illuminazione che per un tennista o un giocatore di calcetto indicano la rotta come neanche i fari per le barche nel mare di notte.

Guardo con maggiore attenzione e noto una targa in ottone con l’incisione verde, leggibile solo da vicino, apposta su un muro che circonda una costruzione dalla facciata imponente e a cui lati sono erette due torrette con tanto di merlatura, e ti pareva. Sono nel posto giusto, e prima di entrare mi soffermo a guardare la struttura. L’idea degli architetti, che hanno ricostruito il circolo in questa zona dei Parioli nei primi del ‘900, era quella di replicare il modello della sede originaria costruita alla fine dell’800 sul Lungotevere della Marina, prima sede del, cito, “circolo dove i nobili romani mettevano alla prova la loro abilità al mirino”. Agile, varco l’ingresso e apro la porta che dà su un lungo corridoio. Faccio appena in tempo a intravedere la zona lounge, divani e tavolini d’epoca sapientemente disposti nei larghi spazi della club house dalle vetrate larghe che danno su piscina e prato, che una solerte concierge – mica vorrai chiamarla portinara? – mi stoppa: «Torneo di tennis? Esca fuori, segua il viale e scenda, troverà i campi».

Scendo verso il “piano del tennis”, il -1 insomma, e vedo i quattro campi del circolo, contigui e compressi. Non c’è molto spazio a disposizione: ci sono due piccole tribune, c’è il campo da calcetto, e scoprirò poi che questi campi sono costruiti sopra le piscine coperte del circolo. Se girare attorno alla struttura e scendere le scale è il percorso obbligato per gli esterni come me per trovare i campi, i soci possono scendere o salire una scalinata con la siepe attorno che conduce al piano terra del circolo, quello dell’ingresso, dove la piscina scoperta assieme a giardino, gazebo e ristorante da 150 coperti regalano, cito sempre il loro sito, “un panorama mozzafiato per via della posizione unica e irripetibile”. Sono i Parioli, bellezza. E a Roma nord si inizia a giocare con puntualità. Almeno così mi fa notare Eddy, il mio compagno di squadra, rimproverandomi quando mi vede arrivare alle 9 e 03.

«Tre minuti di ritardo eh», dico.
«Veramente sarebbe alle 9 pronti in campo» dice il giudice.
«Non ho mai visto una partita di campionato a squadre iniziare puntuale alle 9», ribatto.
«Vabbè che c’entra», replica.
«E allora, Eddy, perché non sei in campo?», chiedo.
«Perché l’avversario deve arrivare», mi risponde il giudice.
«Ah e allora di che stiamo parlando?», chiudo il discorso, scherzando ma mica tanto.

Io e Eddy siamo all’Antico Tiro a Volo perché siamo stati convocati dal presidente del nostro circolo per evitare la retrocessione del Nomentano nella gara di spareggio per la permanenza nel campionato D3 a squadre. Il livello di gioco è basso; come ormai sapete io e Eddy siamo due terza categoria e l’ultima volta che abbiamo fatto una gara a squadre abbiamo vinto quella di categoria D2. Ora, per fare un favore al Presidente, ci troviamo nel cuore dei Parioli in un sabato mattina senza nuvole e senza rumori a giocare a tennis. Un sacrificio accettabile, insomma.

I due campi principali del circolo, che a luglio organizza un torneo femminile internazionale

Eddy gioca contro un giocatore classificato 4.3 mentre il mio avversario è addirittura non classificato, una specie di paria che chissà perché gioca a tennis. Mentre andiamo sul campo due, lasciando il centrale con la tribunetta con le sedie di plastica a Eddy e compagno, l’avversario mi chiede la classifica.

«Sono un 3.4».
«Ammazza, forte, io sono non classificato».
«Eh».
«Vabbè fammi fare almeno un game, oggi è il mio compleanno».

Il fuori casta è un signore di 51 anni distinto, capelli brizzolati e ordinati, barba assente anche al sabato e fisico in ordine. Nella mia testa è un sottosegretario, un grand commis di qualche potere forte romano. Altrimenti non potrebbe essere socio di questo circolo, visto che occorre “possedere o dimostrare di poter finalizzare l’acquisto di tot azioni della Polisportiva Parioli SPA”, oltre alla solita trafila della presentazione da parte dei due soci, dei pagamenti regolari, del comportarsi bene vestendosi rigorosamente di “bianco, o blu, o bianco con parzialmente blu”, ricordandosi di non accedere alla “zona lounge con abbigliamento sportivo”. Per non parlare dei trenta mila euro a fondo perduto per tentare questa trafila.

Il mio avversario è scarso. Impugna la racchetta in una maniera tale che non potrà mai governare un topspin decente; sul lato del rovescio taglia molto ma uno così è lontano dall’impensierirmi. C’è troppa differenza, ma sono le nove e trenta del mattino, io non ho voglia, e mentre aspetto che lui serva la prima di servizio penso alle cose che devo fare per la vacanza di ottobre. Tra l’altro, complice il settembre dal clima mite e dalle piogge sporadiche, sono anche allenato, anche perché Ludovico, lo sparring partner dell’inverno scorso, è riemerso dal nulla per tornare a prepararsi per le gare. Quindi io arrivo al meglio a giocare la partita più inutile dell’anno in uno dei circoli più belli di Roma senza praticamente divertirmi. Basta il servizio a fare punto per quanto mi riguarda, quando serve lui alterno qualche risposta più robusta ad altre in cui lo faccio palleggiare, correndo come se stessi facendo riscaldamento muscolare.

Ai cambi campo parliamo. Lui si siede addirittura vicino a me, mi chiede dove ho imparato a giocare, quasi si giustifica del fatto che non riesce a fare di meglio. Io sorrido imbarazzato. Gli confesso che sto giocando oggi «solo perché questo è uno dei circoli più belli di Roma e io ne ho sempre sentito parlare e non c’ero mai stato». Lui sorride compiaciuto, mi conferma che, effettivamente, è veramente un bel circolo.

«Hai visto la piscina sopra?»
«No»
«Finita la partita ti accompagno a vederla, è molto bella».

Ogni tanto giochiamo qualche bel punto, una volée chiusa, qualche dritto anticipato che atterra nei pressi delle righe; chiudo 6-1 il primo set e lui è contento “di aver salvato l’onore” per quel game vinto per mia distrazione. Mentre lui batte io sono molto distratto dall’ambiente. Leggo con attenzione tutti i nomi degli sponsor, molte banche, scritti in bianco su fondo verde chiaro, e guardo sedie e panche disposte in maniera ordinata. Molto suggestivo visto che mi riduco a pensare di calpestare la terra più morbida di Roma quando la vedo frantumarsi sotto i miei piedi. Vado 5 a 1, poi evidentemente esagero con i pensieri e perdo un paio di game. «T’ho mandato fuori palla» mi dice, quando gli stringo la mano dopo aver chiuso per 6-3 il secondo set. «Ma che dici», gli rispondo mentendo spudoratamente.

Sul centrale, intanto, Eddy ha già vinto la sua partita per 6-1 6-0, con l’avversario che si è lamentato del proprio gioco per tutta la durata della partita, incapace di accettare la superiorità dell’avversario. Succede spesso sul campo a questi livelli: hai di fronte un giocatore che è più in forma fisicamente, che corre di più, che colpisce meglio e più forte, ma tu pensi che sia colpa solo del tuo servizio che non entra, del tuo dritto che finisce sui teloni o del tuo rovescio dall’esito imprevedibile.

Spazi di categoria per i tennisti AA

Due altri soci del circolo mi fermano e mi chiedono se sono pronto per il doppio. «Quale doppio?» rispondo. Loro ci tengono molto a giocare. «A noi farebbe piacere giocare con voi» mi dice un cinquantenne molto curato, molto alto e con una parlata che non tradisce alcuna inflessione dialettale. Penso sia un medico, solo che un medico ai Parioli non può che essere un primario, e quando gli dico che giochiamo, dopo aver convinto il nostro terzo giocatore, Mauro, a fare due volée in tempo massimo un’ora su questo campo veramente bello, è molto felice. Il suo compagno non può che essere un altro professionista, questa volta nel campo della giustizia. Siccome l’avvocato di Roma nord l’abbiamo portato da casa, Eddy, loro mettono il magistrato. Per la cronaca, il mio compagno è un altro professionista, dentista.

Mi diverto col magistrato, che è un gran corridore. E allora esagero con smorzate e pallonetti, che il suo compagno cerca di intercettare alto com’è. «Come on!» urla il primario quando chiude lo smash. Il match è godibile, Mauro lo gioca con la stessa poca voglia che ho io ma vinciamo per 6-2 6-2 in un’ora di gioco tutto sommato piacevole.

A mezzogiorno, dopo un singolare e un doppio, con lo spauracchio retrocessione svanito, io e Mauro ci mettiamo a fare un po’ di singolare sul campo due, tanto siamo stanchi. Giochiamo un’altra mezz’ora buona, dove posso finalmente sfogare tutta la mia esuberanza, perché Mauro rimette tutto o quasi al solito. Quando decidiamo che tre ore di tennis possono bastare, andiamo negli spogliatoi per le ultime coccole dell’Antico Tiro a Volo. Spazi larghi, acqua dal dispenser, privatezza ai massimi livelli: sembra di essere in una Spa. C’è anche la cesta in vimini per gli asciugamani sporchi della piscina. Mi lavo rapidamente ed esco fuori, sgattaiolo nella scalinata che sale al piano delle piscine perché voglio dare un’occhiata. Il casale è a destra, dietro le vetrate del ristorante i tavoli vanno riempiendosi che è quasi ora di pranzo. La notte precedente ha piovuto molto ma ora il sole è caldo. Molti soci sono sdraiati a bordo piscina su lettini rivolgendo lo sguardo al sole. Altri leggono i giornali sui tavoli, tutti cercano di conservare la tintarella estiva per quanto possibile. Una donna prossima al parto siede sul bordo della piscina, muove le acque giocherellando con i piedi nella quiete più assoluta. La vista è rasserenante, rilassante, i suoni sono assenti o gentili. Faccio una fotografia ed esco dal circolo in direzione casa. Prima di salire in macchina rivolgo un ultimo sguardo all’Antico Tiro a Volo, un grado di separazione del paradiso, tutto sommato non troppo lontano da casa.


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