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Bandiera bianca

Gli Iron Maiden hanno suonato pochi giorni fa al Rock In Roma. I componenti della più grande band heavy metal della storia hanno l’età media prossima ai sessanta e conti in banca che permettono di comprare aerei personali, eppure questi ragazzini inglesi dalle facce rugose e fisici ormai appesantiti ancora si divertono a suonare dal vivo. Salgono sul palco e richiamano generazioni diverse di fan, considerata la longevità del gruppo. E papà e figli accorrono e godono di questa riproposizione di quel che fu, perché di questo si tratta: rimettere in scena uno spettacolo che non può essere come l’originale perché sono passati troppi anni.

Succede così per Roger Federer – purtroppo, diciamolo subito – da quel Wimbledon 2012. Da quattro lunghi anni oramai, il tennista più amato del mondo si è avviato sul sentiero del crepuscolo, come è giusto che fosse. Come ha sempre sottolineato lui stesso, lo svizzero non si era mai infortunato seriamente fino ad allora. Nel 2013 iniziò ad avere i problemi alla schiena e si cominciò a parlare più forte di ritiro. Sembra folle, oggi, ma è dal 2008 che Federer viene accostato al ritiro. Allora era solo un sussurro, perché era evidente anche ai più ciechi che Federer aveva ben poco da spartire con Borg e con chi ha preferito mollare quando il tempo ha ripreso a seguire il suo corso. Poi nel 2009 quei sussurri hanno preso un anno di pausa, per poi tornare nel 2010 e farsi più forti l’anno successivo. Il 2012, probabilmente l’anno più commovente per i suoi fedelissimi fan, ha rimandato di un altro po’ quella data infausta. Sembrava fosse il 2013 l’anno giusto e i sussurri si sono fatti voci sempre più insistenti. Ma le cose sono andate di nuovo diversamente da come la logica suggeriva.

Seppur ripresosi da quell’anno infausto, tornato con Edberg a deliziare in un 2014 ottimo ma senza le vittorie che contano di più, dopo un 2015 che è andato peggio del 2014, cosa poteva offrirci di diverso Roger Federer in questo 2016? Che cosa potevamo aspettarci, di diverso? Repliche su repliche del campione che fu, rappresentazioni di scena talvolta eccellenti, talvolta sbiadite: questo è stato vedere lo svizzero negli ultimi anni. E pazienza se per i biglietti, per i titoli dei giornali e per le televisioni lui è sempre la gallina dalle uova d’oro. Il Federer di questi ultimi anni ha sempre giocato non accorgendosi del tetto di vetro che lo separava dal cielo.

Un paio di volte ci è andato vicino a rompere quel vetro, ma non vicinissimo. Perché non si vince con l’amore dei fan, che oggi piangono, o con i numeri dei record che si aggiornano da anni. Si vince quando si è puri, quando si è sinceri con se stessi. E Federer, purtroppo, non lo è stato. Perché non poteva esserlo, perché il suo momentum era finito. E anche se è durato per dieci anni, per meriti suoi e demeriti altrui, non è bastato girarsi dall’altra parte per fare finta che tutto fosse ancora reale, le vittorie, le partite sofferte. Se è vero che comunque è stato migliore di tanti altri, che ha battuto anche i migliori, comunque si trattava di ottimi concerti in un tour balbettante.

Sappiamo che lui gioca perché innamorato di questo sport, come se gli altri non lo fossero. E che negli ultimi anni di carriera è riuscito anche a togliersi qualche sfizio, la coppa Davis, e altri no, come l’oro olimpico.  Ma sono inezie in confronto a quello che ha fatto, i successi che l’hanno reso Re. Sarà difficile per i suoi tifosi rimuovere dalla testa il momento di  una stagione abbandonata a metà, una decisione che viene cristallizzata nel tempo. Quando Federer era autentico, sconfitte e ritiri si accettavano con la sincerità dei puri. Oggi non può essere così. Oggi sul ponte sventola bandiera bianca.

E quando tornerà, se tornerà, andrà di nuovo in scena in un nuovo tour. Vincerà partite e forse tornei, ma non avranno il sapore di quelli di un tempo. Sarà un po’ come gli ultimi album degli Iron Maiden, quando sembra di ascoltare una cover band di loro stessi alle prese con una musica più difficile da gestire rispetto a quando era autentica, quando erano giovani e puri. Anche per loro, i musicisti, finisce il momentum. Ma loro continuano a scrivere nuova musica, indovinando qualche canzone come ai bei tempi in mezzo a tanta inutile mediocrità. È così farà Roger, forse, quando invece noi preferiremmo rivederci su YouTube i momenti in cui in scena c’era davvero lui. Come quando, invece di andare a vedere gli Iron Maiden dal vivo a sessant’anni, mettiamo nel lettore cd uno dei dischi di quando erano re.

Roger Federer


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