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A-Thiem

Giusto qualche settimana fa Dominic Thiem aveva faticato per vincere soltanto un game contro Novak Djokovic. «Giocare contro di lui è davvero difficile per me. Non mi dà alcun tempo per preparare i miei colpi. Non mi piace giocarci contro, ha un tipo di gioco che non mi si addice per niente», si giustificò l’austriaco dopo la semifinale del Masters 1000 di Roma, finita 6-0 6-1 in favore del serbo. E negli altri precedenti quattro incontri non gli era andata meglio. Un solo set vinto, alle ATP Finals dello scorso anno, al tiebreak: per il resto Djokovic lo aveva sempre dominato come fosse un top50 qualsiasi. Due bagel in undici set vinti e una vittoria proprio al Roland Garros 2016, quando Djokovic vinse il titolo per completare il Career Grand Slam.

Per questi motivi chiunque abbia controllato il risultato del match di oggi di quarti di finale sarà quantomeno rimasto sorpreso. Tre set a zero per l’austriaco, in un anticlimax 7-6(5) 6-3 6-0. Thiem non deve sentirsi solo: Robin Söderling nel 2009 inflisse a Rafael Nadal l’upset più sorprendente del tennis maschile un paio di settimane dopo aver rimediato un 6-1 6-0 al torneo di Roma. Il paragone finisce con la coincidenza di risultati, perché questo Thiem non ha giocato come quel Söderling, e il Djokovic di oggi non è valso un quinto di quel Nadal. Il confine tra una bella vittoria dell’austriaco e una performance disastrosa del serbo è sfumato come le nuvole che oggi coprivano il Suzanne Lenglen, incerte se liberare la pioggia o se sparire all’orizzonte. Anche le condizioni di gioco, sicuramente più lente rispetto a quelle di una normale giornata di sole, erano a favore di Djokovic, con Thiem che doveva faticare più del solito per far prendere velocità alla sua palla ricca di spin, sapendo che l’effetto sarebbe stato attutito dal campo umido.

C’erano tutti i presupposti perché Djokovic vincesse il match senza troppe difficoltà. Forse anche gli organizzatori devono averlo pensato visto che hanno programmato il match sul Suzanne Lenglen invece che sul Philippe Chatrier. I precedenti, d’altronde, erano chiari: Djokovic aveva vinto tutte e cinque le sfide contro Thiem. Oggi però qualcosa è andato storto. Thiem non veniva da una massacrante vittoria contro Rafael Nadal. Fisicamente, ma soprattutto mentalmente (contro lo spagnolo è quello che fa la differenza), non era “scarico” come allora. Perfetto sotto ogni punto di vista, ha saputo aspettare l’avversario, cercare di uscire dallo scambio quando era il momento giusto, senza lasciare mai a Djokovic il pallino negli scambi. Così anche nel parziale più complicato, quando aveva perso il primo servizio del match ed era sotto di un break, Thiem non ha perso la concentrazione. Il punto con cui ha conquistato il contro break, sul 4-2, è stato esemplare: Djokovic ha servito una seconda e Thiem, invece di cercare una soluzione definitiva, ha giocato un comodo rovescio al centro del campo, per iniziare a scambiare e poter pressare l’avversario con le sue profonde rotazioni. Facile facile: Djokovic al secondo scambio ha spedito uno sventaglio di dritto a lato. C’era equilibrio nel match, ma a guardare gli sguardi dei giocatori era evidente che la determinazione era negli occhi dell’austriaco.

Anche sul secondo set point, sul punteggio di 6-5 Thiem nel tiebreak del primo set, ancora una volta l’austriaco ha aspettato Djokovic colpendo in sicurezza, per poi controllare lo scambio da fondo campo aspettando l’errore del serbo. Che non ha tardato ad arrivare: un rovescio a mezza rete dopo un’ora e quindici minuti di gioco chiudeva di fatto la partita. Thiem ha preso ancora più sicurezza, come se ce ne fosse stato bisogno. Djokovic è scomparso dal campo: in otto turni di servizio Thiem concedeva una sola la palla break mentre Novak, dopo aver perso il secondo set per 6-3, gettava la spugna come non lo vedevamo fare da molto tempo a questa parte. Addirittura, nel terzo set riusciva a perdere per 6-0. Mai prima d’ora Djokovic aveva perso un set nei quarti di finale di uno Slam con questo score; l’ultima volta che perse un set con questo punteggio fu nel 2005, dodici anni fa, contro Safin agli Australian Open e contro Monfils agli US Open. La sconfitta di oggi non fa che confermare il suo calo, certificato anche da quella frase, «Non escludo di prendermi una pausa, anche se ho responsabilità verso il tennis», che non è di buon auspicio per il futuro.

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Nadal conduce gli H2h contro Thiem per 4 a 2. I due giocatori hanno giocato solo su terra battuta.

Thiem ha confermato quanto di buono fatto vedere nel resto della stagione su terra rossa e se non fosse stato per un sorteggio infelice, probabilmente Nadal-Thiem sarebbe stata la finale di questo torneo. Invece, sarà “soltanto” una semifinale. I due, curiosamente, si sono incontrati in tutti e quattro i passati tornei, con una frequenza degna delle migliori rivalità. Nadal ha vinto tutte le finali mentre a Roma, dove non c’era il titolo in palio, ha vinto Thiem: che possa essere allora questa una delle innumerevoli chiavi di lettura del match?

Contro Nadal sarà «il più difficile match mai immaginabile» per usare parole sue. A Thiem non basterà vincere un parziale tirato aspettando che l’avversario crolli sulle proprie incertezze, da qualunque parte queste provengano. Thiem dovrà essere perfetto come è stato oggi, e dovrà mantenere il livello della sua prestazione per almeno tre ore. Perché Rafael Nadal sta giocando non solo bene, ma con una motivazione inedita perfino per uno come lui. Più che per vincere la decima volta il Roland Garros, Rafa vuole dimostrare a se stesso e a tutti che è ancora in grado di vincere un torneo dello Slam.

Thiem non ha molte altre soluzioni di gioco per battere Nadal che non siano quelle di imprimere un ritmo di gioco insostenibile. La difesa di Nadal però non sarà passiva come quella messa in campo oggi da Djokovic. Specie sulla diagonale rovescio di Thiem-dritto di Nadal, la palla viaggerà ad altezze mediamente molto più alte rispetto ad oggi. L’austriaco, contro Djokovic, ha dimostrato che non ha problemi a “incontrare” la palla in lungolinea con il rovescio se colpisce ad altezza dell’anca. Nadal eviterà tutto questo, ma colpirà comunque in quella direzione per aprire il campo per il dritto a sventaglio.

Ma andando oltre le motivazioni tecnico-tattiche, saranno quelle psicologiche a determinare chi uscirà vincente da questa sfida. Nadal è abituato a queste partite e negli Slam non ha problemi di motivazione o appagamento. Allora sarà Thiem a decidere con molta probabilità la sua sorte, decidere se arrivare in finale in una prova dello Slam per la prima volta in carriera solamente facendo affidamento sulle sue capacità. Un anno fa si arrese contro Djokovic in semifinale proprio qui a Parigi senza neanche lottare. Gli capitò contro l’uomo da battere, quello che giocava con più determinazione di tutti perché non poteva fallire ancora una volta a Parigi. Il refrain si ripete anche quest’anno, solo che c’è Nadal, uno che forse ha ancora più motivazioni di Novak 2016.

Serve una prova di forza, un mix di potenza (Baracus), follia (Murdock), ingegno (Hannibal) e faccia tosta (Sberla). Per andare in finale serve l’A-Thiem.

Dominic Thiem Roland Garros 2017


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