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The Affair

Rafa

Ed eccoti qui, di fronte la rete, nella finale del torneo che si gioca a casa tua, dove sei il più forte. Anzi no, tu sei il più forte di tutti i tempi. Cos’è? Ancora non mi credi? Te l’ho detto tantissime volte, sui giornali, in tv, e soprattutto in occasione delle premiazioni dove però ero io ad alzare la coppa. È un miracolo ritrovarsi qui, o forse è solo la mia tigna, che non ne vuole sapere proprio di abdicare, come invece ha fatto il diritto. Mi ha abbandonato dall’Australia, da quando mi ha fatto perdere con Berdych. Cioè, con Berdych. Che annata balorda. Ero fuori con Rosol, quel simpaticone, e poi ho lottato praticamente con tutti, pure con Dimitrov, uno che forse ha fatto peggio di me quest’anno. E pure con con Gasquet, che come minimo doveva portarmi al terzo set. Cioè, io al terzo set con Gasquet, capisci? Una volta bastava arrotare un po’ il diritto e il match era praticamente mio, ma quest’anno è così. Tocca soffrire, e a me, tutto sommato, piace soffrire. Perché anche se manca poco alla fine della stagione sono ancora alla ricerca di una soddisfazione. Batterti in casa, davanti al tuo pubblico, a quasi due anni dall’ultima volta, non sarebbe male. Senti come suona bene: 24 a 10.

Roger
24+10 fa 34. Non so come sia possibile, ma pure a 34 anni devo giocare questa partita da favorito. Non che non mi faccia piacere, eh, però dietro a queste scemenze c’è sempre quel retrogusto di sconfitta inaspettata a cui ormai mi dovrei essere abituato. Comunque, tutto sommato, non è male ritrovarsi. Non tanto per la partita in sé, intendiamoci, ma perché queste partite, in finale contro di te, mi fanno tornare giovane. Per un giorno mi dimentico della schiena, delle sconfitte recenti e anche di quelle lontane e torno ad essere il più forte di tutti, quello che non perde con nessuno tranne che con te. E poi siamo a Basilea, casa mia. È stata una settimana un po’ così, dove ho giocato maluccio ma sempre dando un occhio a quello che combinavi. Stavolta sentivo che ci saremmo finalmente ritrovati e quando sei arrivato in semifinale dopo aver faticato più del dovuto, ho capito che non avresti mancato l’appuntamento.

Rafa
E insomma ho tirato un bel po’ di diritti come ai bei tempi, ti ho messo paura? Devi averne. Io non ho niente da perdere. Quest’anno mi hanno bastonato tutti: Fognini, Tizio, Caio. Dove sarebbe la sorpresa se perdessi anche oggi? Cominciamo dallo schema base, vediamo come sta il tuo rovescio. Un po’ meglio dai. Certo che quei due diritti chiusi di fila ti hanno spaventato, eh? Ti ho visto scuro in volto come ai bei tempi, i miei bei tempi. Ecco la SABR di cui ho tanto sentito parlare. Oddio ma hai mandato la palla a rimbalzare nella tua metà campo? Dai, sii serio. Bravo però, mi hai annullato un paio di palle break. E poi fai tu il break. Lo sapevo che non poteva durare. Ci hai messo cinque minuti a scrollarti di dosso la tensione. Quest’anno, tolto quel fenomeno di Novak, sei il migliore. Ora chiudi anche col rovescio? Apperò. Intanto per fare il break hai bisogno di tre palle break, solito Roger con queste percentuali. Ma poi il break arriva davvero ed è quello che conta. Bravo.

Roger
Essendo masochista di natura, rivedere quel toppone che finisce sempre alla mia sinistra mi dà un brivido. Non riesco a definire esattamente i miei sentimenti, perché se da una parte temo quel colpo come non ho mai temuto altro su un campo da tennis, dall’altra non vedo l’ora di ribattere e dimostrarti che posso vincere i punti anche così. La SABR non funziona, ok. Ma che mi dici del dritto? E di questo rovescio? Break per me. Tiro più che posso e quel dritto lungolinea, stavolta, non lo sbaglio, anche se devo trovare la riga per far saltare di gioia quel signore coi baffi che esulta ancora prima che la palla tocchi terra. Mi si sciolgono i nervi e mi si scioglie anche il rovescio. Delle volte il tuo dritto è irriconoscibile. Altre volte mi fa tremare come ai vecchi tempi.

Rafa
Non penserai mica che sia finito qui il set? Eccola qui, una palla break. Ma… cosa? No, dai, non ci credo. Ti inventi un passante di diritto in corsa da due metri fuori dal campo. Sei il migliore Roger. Ok, 4-2 per te. Ma io non mollo: 4-3. Ma è 5-3: se servi così, con tutte queste prime, c’è veramente poco da fare. Mentre penso a qualche modo per breakkarti, mi distraggo e stavolta sei pronto a cogliere l’occasione al volo: 0-40 sul mio servizio. Ora, nel mio anno più buio, vuoi veramente dimostrare che anche da fondo campo puoi battermi? Certo, come si dice al mio paese, quando l’albero è a terra tutti a far legna, eh? Ci sta. 6-3 per te, e non pensare che quel tuo “come on!” urlato come poche altre volte in vita tua mi metta paura. Intesi?

Roger
Faccio fatica a prendere le misure e quando arriva la palla del contro break sembra che le cose andranno come sono quasi sempre andate. Attacchi una mia seconda, vieni a prenderti un punto a rete e mi devo inventare un dritto in corsa che non tiravo da tempo. Sono sorpreso quanto te, non ti credere. Il pubblico è tutto dalla mia parte, of course, ed esulta con me quando scampo il pericolo. 5-3: mi serve una scossa. I miei nervi si stanno irrigidendo di nuovo. E allora decido di fare il braccio di ferro da fondo campo per dimostrarti che ci sono. Sento di potercela fare. Uno, due, tre punti di fila. Ne serve un quarto. Lo posso fare. Di solito è così che perdo le partite. Non oggi. Vinco io. Primo set. Ne manca uno.

Rafa
Ecco qui tutto il tuo repertorio. Certo che quando sei avanti col punteggio e in fiducia è uno spettacolo vederti giocare, anche da qui dietro. Vincenti di qui, vincenti di là, tutto il pubblico per te, come faccio a rovinarti la festa oggi? Halloween era pure ieri! Certo, se magari riuscissi ad alzare questo 43% di punti vinti sulla prima palla, magari faremmo partita. Ancora la SABR? Hai vinto il punto, bravo, però vuoi proprio umiliarmi, eh? Intanto è 1-1. Ok, la partita sta andando troppo veloce. Devo farti riflettere. Siamo 2 a 2, è vero, ma sto veramente aggrappato con le unghie a questa partita. Devo farti giocare male. D’altronde sono un Nadal depotenziato quest’anno, mi hanno tolto un po’ di marce, e allora devo arrabbattarmi con quel che ho a disposizione. Ma niente, è proprio il diritto che non va al di là del quadrato del servizio: altra palla break. Servo a sinistra sul tuo rovescio, palla in rete: parità. Servirebbe un aiuto per sfangare questo game, chessò, un paio di rovesci sbagliati. Eccoli, oggi sei nettamente il più forte Roger. Ma intanto siamo 3-3.

Roger
Mi piace l’indoor. La palla rimbalza poco, non c’è il vento a disturbarmi, c’è tutto il conforto di un tetto, non c’è assolutamente nulla che possa distrarmi. Mi rilasso più del solito, quando gioco indoor. E nemmeno il tuo dritto riesce a farmi andare in corto circuito, il che è una circostanza davvero eccezionale, converrai. Fatto quel break, mi sono riappacificato con me stesso. E gioco come spesso mi capita quando ho un tetto sopra la testa. Hai presente Wimbledon 2012? Ecco. Però, però… c’è sempre qualcosa che mi frulla in testa quando gioco contro di te. Non so cos’è, ma c’è. 2-2, 30-30. Forse è questo il momento in cui il passato diventa presente. Ma non è ancora quel momento. Mi servono due ace. Non devo farti giocare. Non devo pensare. Non devi pensare. Chiudo gli occhi. Due ace: 3-2. Sento che devo fare qualcosa di più. Ho una palla break e non la sfrutto. Ordinaria amministrazione. Capisco che la partita la devo vincere io. Come sempre, d’altronde. Però aspetto il tuo errore, confidando nelle tue incertezze. E l’errore non arriva. Mi serve un gran turno di servizio. Devo farti capire che io sono ancora là dov’ero nel primo set, anche se i dubbi cominciano a far capolino. Trovo una volée in contropiede che domani mi rivedrò su YouTube. È 4-3. Palla tua.

Rafa
Servo io, 4-3 per te, 30-30, dio solo sa che sofferenza. Il tuo “Nein” sulla risposta di rovescio out mi rincuora. Toh, altro rovescio in rete: 4-4. Sto facendo partita, Roger, con te che sei il migliore. Sì beh, tolto quell’altro. Comunque sono in partita, comincio a fiutare l’odore del sangue. Sento che mi sto ritrovando. Solo tu puoi risvegliarmi da questo stato di sonnolenza tennistica che è un po’ il mio 2015, solo tu puoi risvegliare l’orgoglio del mio diritto. Hai visto questo diritto lungolinea chiuso a duecento all’ora in risposta al tuo diritto a sventaglio? Ecco, questo è merito tuo. È 5-5, ho sfangato anche questo turno. L’odore del sangue è sempre più forte. Stiamo scambiando sempre di più da fondo campo, mi sento sempre di più nella mia comfort-zone. Tranquillo Roger: è normale che sul 30-30 la pressione ti faccia sbagliare un diritto non pienamente centrato. Palla break. La trasformo, non mi chiamo mica Signor Tentenna, sai? Servo per il terzo. Lo senti questo “Vamos” sul primo punto? Hai visto questo diritto vincente in lungolinea quanto è profondo? Hai visto che prima palla di servizio bella angolata sul tuo rovescio? E questo smash? Guardami in viso se hai coraggio, alza lo sguardo, guarda i miei occhi. T’ho fatto lo scherzetto, eh?

Roger
Più si allunga il set, più fa capolino quell’inquietudine che mi rincorre in ogni partita che gioco contro di te. Non importano l’età, la superficie, le condizioni atmosferiche: quell’inquietudine è una costante di ogni nostra partita. Sul 5-5 sento la pressione aumentare e il servizio calare. Non è la prima volta che provo questa sensazione e provo a scrollarmela di dosso con un dritto in contropiede. Ma sono sempre più insicuro, non attacco quando non dovrei e sbaglio. Sbaglio maledettamente due volte. Mi fermo, non ho sbagliato davvero. Mi fermo ed è ormai troppo tardi: break. Porto le mani sui fianchi: quante altre volte dovrò sentire questa sensazione? Ok, giochiamo un altro set e vediamo se l’inquietudine se ne va. Almeno stavolta.

Rafa
E ora? Li vedo gli sguardi dalla tribuna. La gente, la tua gente, ha paura. È terrorizzata che io possa batterti qui, a casa tua. Adesso la posta in palio è alta, e vincere è diventato importante. Chissene frega di Basilea, del torneo, della classifica. Questo è il Fedal, noi siamo il tennis, noi siamo quelli che fanno vendere i completini, noi siamo quelli che stanno rendendo famoso il tennis in Asia. Anche se, a tratti, sembriamo due vecchie glorie. Adesso comincio a sentire qualcosa pure io, ma non è paura. Io ho sempre paura, ce l’ho anche quando gioco il primo turno contro uno sconosciuto. Vincere è la maniera per battere le mie paure, ma ora io voglio vincere questa partita per dimostrare che Rafa c’è ancora. E guarda questo passante sulla palla break che ti ho concesso con un doppio fallo sull’1-2 30-30, una cazzata praticamente. Che passante però, sembrava il vecchio Rafa, no?

Roger
Non capisco come. Anzi, lo so ma faccio finta di non capire. Fatto sta che sono ancora qui dentro, tu sei ancora di là e c’è ancora una pallina gialla a legare i nostri destini. Il tuo servizio mi dà parecchio fastidio, non tengo una risposta in campo e devo aggrapparmi al mio, di servizio. E potrebbe non bastare. Cerco di non far sentire la mia paura, ma è innegabile che abbia paura. Ho perso centinaia di partite, ma solo con te ho paura di perdere. Ho bisogno di una scossa e il tuo doppio fallo non è una scossa. Devo vincere un punto come dico io. Allora me lo costruisco con pazienza, gioco due dritti, esito, alla fine mi decido. Scendo a rete, attacco il tuo rovescio, com’è ovvio che sia. Ma il tuo passante trova la riga. Come troppo spesso accade, ho scelto il momento sbagliato. Ma ora sono più disinvolto al servizio. Non capisco se mi stai facendo rilassare per colpirmi al momento giusto, o se anche tu sei incerto e pensi che potresti perdere la partita. Com’è brutta la vecchiaia, eh Rafa?

Rafa
E siamo 3-3. Il tuo rovescio fa cilecca, capisco che sei stanco. Il mio servizio funziona bene ora. Il cronometro segna 1 ora e 45 minuti, e non ti vedo a rete da un tre quarti d’ora buono. Stanco? Io posso andare avanti ad oltranza, stanne certo. Bravo, questi due punti che dal 3-3 30-30 ti hanno portato sul 4-3 li hai vinti proprio bene. Però ho visto lo sguardo preoccupato che avevi mentre camminavi verso la panchina. Non ci sono più schemi, è evidente. Ti sei scordato quello che dovevi fare in partita. Adesso è boxe. E a boxe sono più forte di te, ammettiamolo. Vado 30 pari da 0-30, chiediamo l’asciugamano va’, e occhio alle righe: non calpestiamole, magari funziona ancora questo trucchetto. E non va invece, un diritto a rete e un rovescio largo: ma che è questa combo di schifezza? 5-3 per te Roger. Ho buttato il game, cazzo. Forse non sono così forte a boxe. Arrivare a matchpoint è un attimo per te. A questo punto sono io che la sto buttando la partita, non tu che la stai vincendo. Ti annullo un matchpoint con un vincente, certo, perché io sono pur sempre Rafa. E niente poi questo diritto va fuori dal campo per l’ennesima volta, e ti vedo esultare eh, di rabbia questa volta. Quanto ci tenevi? Quanto volevi battermi? Ma perché eri così preoccupato? Tu sei il migliore lo sai, il migliore di tutti i tempi. Non ci credi? Appena prendo il microfono ti faccio vedere.

Roger
3-3, ancora troppa tensione. Non so se riesco a tollerarla, nemmeno in un ATP 500. Siamo 15-30, sbagli una risposta e riprendo fiato. Ma subito dopo devo inventarmi un dritto dei miei per vincere il punto. Chiudo il game e tiro un sospiro di sollievo. Manca ancora parecchio, mi dico. Però so che posso spingere perché di là non c’è il Rafa di sempre. L’orgoglio è rimasto immutato, ma manca quel pezzettino di Rafa con cui mi hai sempre intimorito. Quel pezzettino di Rafa che mi spingeva a sbagliare. Che mi costringeva a scambiare all’infinito. Devo ritrovare me stesso, prima che tu ritrovi quel pezzettino. Allora trovo qualche punto buono, ti trascino ai vantaggi. È il tuo terreno, ma so anche che tu non sei più lo stesso. E allora ti costringo a prenderti qualche rischio: arrivano i doppi falli, i dritti in rete e poi il rovescio in corridoio. Ho la partita in mano, ma ora sta a me chiuderla. 30-15. Attacco: mi infili. E allora match point. Palla buona, viene chiamata fuori. Mo la corregge ma non è punto. Si rigioca, e naturalmente mi infili per pochi centrimetri. Sembra un copione già scritto. Mi serve un altro match point, ovviamente. Ma stavolta è quello buono: urlo di felicità, di sollievo e di rabbia, perché so che avrei potuto perderla di un soffio, ancora una volta. Penso di capire come stai.

ATP Basilea 2015 Fedal Rafael Nadal Roger Federer


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