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Fantasmi cechi

Ci ha sperato fino all’ultimo, Radek Stepanek, ma alla fine è stata la volée, il suo colpo migliore, a chiudere il match, finendo in rete. Ha vinto Andy Murray, ovviamente, ma oggi è stato il suo avversario a far vedere il tennis più bello e divertente. È stata una partita giocata sul filo della tensione: quella di chi non poteva crederci di avere davvero un’opportunità di vincere e quella di chi non riusciva a pensare di perdere al primo turno proprio ora che la terra battuta sembrava essere diventa amica. Ad ogni punto che conquistavano, Murray e Stepanek alzavano il pugno in direzione dell’altro e urlavano. È stata una partita giocata alla pari, specie nel quinto set, con i game che seguivano la scia dei servizi. Alla fine, in questo martedì di Roland Garros finalmente graziato dalla pioggia, l’ultimo set è stato deciso da un game che Stepanek ha giocato davvero male, forse perché per un secondo ha smesso di crederci. O forse perché i due hanno nove anni di differenza.

Il giorno prima, nel tardo pomeriggio del primo lunedì del torneo, questi due tennisti che giocano in maniera completamente diversa erano scesi in campo e avevano giocato tre set e mezzo. Stepanek aveva vinto a sorpresa i primi due, costringendo Murray a rincorrere la palla a destra e a sinistra e giocando punti meravigliosi a rete; poi si era preso una pausa e un eloquente 6 a 0 in un terzo set durato meno di venti minuti. Poco prima dell’interruzione per oscurità, Murray era riuscito a breakkare di nuovo, facendo capire a Stepanek che quel match se lo sarebbe dovuto prendere al quinto set. I bookmaker, però, avevano già capito tutto e quando Andy era sotto due set a zero, continuavano a pagare meno la sua vittoria che quella di Stepanek. Ci hanno visto lungo.

Stepanek e Murray avevano giocato contro anche di recente, a Madrid, venti giorni prima di questo primo turno parigino. Aveva vinto Murray, certo, faticando anche in quell’occasione. Il punteggio finale è stato di 7-6 3-6 6-1 in favore del numero due del mondo contro il vecchio giocatore ceco proveniente dalle qualificazioni. La storia si è ripetuta oggi a Parigi, ma Murray ha rischiato parecchio di più: ha dovuto recuperare due set, non uno, e nell’ultimo set si è trovato a rincorrere l’avversario, andando pure a due punti dalla sconfitta. Niente di nuovo per Murray, a dire il vero, ma questa volta lo scozzese ha rischiato ancora più del solito.

C’è qualche similitudine fra il match di Murray e quello di Wawrinka, che pure ha dovuto far ricorso al quinto set per battere Lukas Rosol, un giocatore simile a Stepanek sotto alcuni aspetti. Entrambi sono interpreti di un tennis anomalo al giorno d’oggi, e quindi fastidioso: Stepanek e Rosol vengono dalla stessa scuola, la gloriosa scuola ceca, e giocano un tennis che oggi si vede sempre di meno, basato su colpi ad alto livello di rischio. Ogni scambio, ancora più nel caso di Radek, è una sequenza di dritti e rovesci piatti che passano con un margine di sicurezza inesistente (il topspin) sopra la rete. Guardare palleggiare da fondo campo Stepanek è trattenere il fiato di continuo, è mordersi le unghie sperando che quella palla, colpita con i piedi a ridosso della linea di fondo campo, passi ancora una volta sopra la rete e atterri dentro il campo avversario.

C’è poi un elemento, nel gioco di Stepanek, che manca nel tennis di buona parte della top 100: il gioco a rete. Il ceco va a rete non solo per concludere recuperi improbabili degli avversari, ma anche per giocare volée sotto il livello della rete o per chiudere punti con colpi al volo di rovescio ad uscire, così belli e difficile da suscitare nell’incredulo commentatore – Ocleppo su Eurosport, per l’occasione – un’espressione di meraviglia: «È incredibile, sembra che metta la palla vicino le righe con la mano». Se ne vedono talmente poche, di volée così difficili, che la racchetta sembra quasi un ostacolo a questi colpi. Le magie di Stepanek, così distanti dal tennis omologato a cui ci siamo abituati, hanno iniziato a insinuarsi nella complicata e fragile mente dello scozzese, che ha dovuto ricorrere a tutto il suo orgoglio per rimontare. Oggi è bastato, domani contro avversari più giovani chissà.

Punto dopo punto, con una partita che era finalmente bella e sì, questa volta sì, per il contrasto di stili, si tratteneva il fiato per ogni singolo colpo di Radek. Murray soffriva, urlava, puntava la mano contro l’ignoto vuoto della sua impotenza contro questo gioco che non era più abituato a contrattaccare, e cercava di portare il match sui binari, gli unici dei tanti possibili di una partita di tennis, che gli avrebbero permesso di vincere la partita, quelli della corsa e della resistenza. Non ne conosce altri Murray, sia che giochi contro Stepanek che contro Djokovic, e fin qui questo è stato uno dei suoi limiti più grandi. «È stata una giornata molto stressante», ha detto a fine partita. È una vecchia storia: Murray che perde energie preziose nei match ampiamente alla sua portata per poi presentarsi alle fasi finali dei tornei con troppe ore di campo sulla gambe rispetto ai suoi avversari.

Il tennis completamente piatto di Stepanek, con le aperture di una volta, brevi, i colpi di controbalzo, e la rapidità nel correre in avanti e fare il saltello prima di impattare la volée, ha riportato il pubblico dello Chatrier indietro nel tempo. La furia di Murray era lo specchio dell’incapacità di prendere contromisure a questo tennis così anacronistico, vecchio, quello dai rimbalzi normali e che ti costringe a fare i passanti. E poi, oltretutto, l’avversario era anche più vecchio di nove anni. Sono questi, più che il braccino di Stepanek nell’undicesimo game del quinto set, ad aver fatto la differenza. Più della forza mentale di Murray, che è un campione di questo sport a differenza dell’avversario, ma che pure ne ha persi di match importanti prima di vincere i suoi due Slam. Nove anni di differenza che hanno appesantito il tennis di Radek, che ha ancora più bisogno di Murray di arrivare bene sulla palla per prendere quei rischi assurdi. Il ceco non è mai stato un mostro di agonismo e spesso in carriera ha gettato dei match che avrebbe potuto vincere più agilmente. Del resto, uno con un talento così non è mai arrivato oltre l’ottava posizione mondiale e oltre i quarti di finale di uno Slam. Oggi, però, quei nove anni in più hanno avuto il loro peso in quel game che ha deciso la partita e che Stepanek non è riuscito a giocare con la freschezza necessaria.

Ad ogni modo, per un pomeriggio il fantasma del tennis, quello che a Parigi non si vedeva dai tempi di McEnroe o degli Edberg e dei Becker, è tornato a tormentare il presunto vincitore, Murray il palleggiatore. Ha vinto l’acchiappafantasmi, come in Ghostbuster, ma Radek il Gozeriano promette di tornare a tormentare la realtà di Andy Murray. O di qualche altro palleggiatore.

Radek Stepanek Roland Garros 2016


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