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Niente calcoli

Tra i vecchi cliché che riempiono le pagine dei giornali sportivi c’è quello del genio accompagnato alla sregolatezza. Nel tennis, naturalmente, non mancano i suoi rappresentanti: il più celebre è probabilmente John McEnroe, poi venne Roger Federer, che però decise di dare un dispiacere a tutti e per circa un decennio diventò “genio e regolatezza”. Ai giorni nostri, per vincere, non basta più il genio (ammesso che fosse così anche nel passato), per cui i geni sregolati sono anche tennisti che non vincono granché: a questa etichetta sono stati assegnati Aleksandr Dolgopolov, Benoit Paire, Fabio Fognini, Ernests Gulbis e anche Martin Klizan. Sono tutti tennisti molto diversi tra loro, ma che hanno in comune un elevatissimo livello di talento e qualche falla tecnica di non poco conto – e la concentrazione o l’agonismo non c’entrano.

Un aspetto curioso che riguarda Martin Klizan, questo tennista slovacco dalle esultanze bizzarre, è il suo record nelle finali ATP: 4-0 nel singolare, 3-0 nel doppio. L’ultimo a farne le spese è stato Gaël Monfils, altro iscritto al partito “genio e sregolatezza”, che però si trova all’estremo opposto per quanto riguarda i risultati in finale: cinque vittorie e diciotto sconfitte. Il record di Klizan è molto simile a quello di Ernests Gulbis, anche lui mai sconfitto nelle sei finali ATP che ha giocato. Vero, per entrambi si tratta di tornei di livello minore – Gulbis ha vinto solo 250, Klizan tre 250 e un 500 – ma questo dato suggerisce che quando questi due azzeccano la settimana giusta, gli altri di solito devono farsi da parte. Il problema, per Klizan come per Gulbis, sono le restanti quaranta settimane. La settimana scorsa Klizan ha concluso nel modo migliore un torneo esaltante, nel quale ha annullato otto match point tra quarti di finale e semifinale, ha tirato vincenti che superavano abbondantemente i 150 chilometri orari e ha divertito il pubblico con le sue reazioni che fanno felici i viner di mezzo mondo. La prossima settimana chissà cosa accadrà.

Per dire.

Il quarto titolo di Klizan in carriera è anche il più prestigioso. Gli assenti hanno sempre torto, però non si può non sottolineare il fatto che a Rotterdam non si sono presentati né Roger Federer né Richard Gasquet. Il direttore del torneo ha provato a convincere Novak Djokovic e Stan Wawrinka, ma entrambi hanno rifiutato. E così Rotterdam, pur essendo l’unico torneo della settimana che assegnava 500 punti, è stato anche l’unico torneo senza top-10: quelli che hanno giocato erano infatti a Memphis (Nishikori) o a Buenos Aires (Nadal, Ferrer e Tsonga). Ma gli assenti non contano nell’aritmetica dell’ATP ed è meglio così: Klizan aggiunge così 500 punti al proprio ranking e sale al nono posto della Race. A gennaio aveva perso tre partite su tre; a febbraio, tra Sofia e Rotterdam ne ha vinte otto e ne ha persa solo una. Di queste otto partite ha rischiato di perderne almeno due, dato che sia contro Roberto Bautista-Agut che contro Nicolas Mahut è stato ad un punto dalla sconfitta. Ma il bello di Klizan è che lui gioca davvero ogni punto come se fosse l’ultimo. E così, sotto di un set e ormai vicino alla sconfitta, non gli è stato troppo difficile annullare otto match point e vincere entrambe le partite.

Tutta la sua carriera, in effetti, è fatta di queste vittorie sul filo di lana. Quando vinse il Roland Garros junior perse il primo set all’esordio e dovette faticare fino al 7-5 del terzo per superare Guillaume Rufin. A San Pietroburgo, dove ha vinto il suo primo titolo ATP, giocò una semifinale di quasi quattro ore contro Mikhail Youzhny e due anni più tardi, a Monaco di Baviera, superò ancora Youzhny con un 7-6 al terzo. In tutti i casi, finì per vincere il titolo. Klizan è un tennista che si sente a suo agio quando i punti contano di più e lo si è visto anche in finale con Monfils. Dopo aver perso il primo set per via di un brutto tie-break e anche per via di sei palle break non sfruttate, ha saputo stringere i denti nel secondo. Sull’1-1 Monfils ha avuto due palle break, ma Klizan le ha annullate utilizzando tutto il repertorio: una delicata smorzata per annullare la prima, un dritto sulla riga seguito da schiaffo al volo e smash per annullare la seconda. Non è certo il coraggio a mancargli, dato che pure in semifinale ha annullato un match point con un dritto che ha centrato in pieno la riga.

Semplice, no?

Come il suo tennis, anche i comportamenti di Klizan non sono esattamente ortodossi. Contro Mahut ha dato il meglio di sé: prima con una capriola a festeggiare il contro break, poi colpendo a gioco fermo il suo avversario (ma era un buffetto, tutto sommato), poi lanciando la racchetta fin sul tetto dell’Ahoy Rotterdam. Del resto, il match fino ad allora non gli stava piacendo granché dato che a fine partita ha dichiarato: «È stato un match piuttosto noioso fino a metà del secondo set. Se fossi stato tra il pubblico, probabilmente avrei lasciato lo stadio». Chi non si è divertito è stato certamente Nicolas Mahut, che ha preso piuttosto male quella pallina che gli è arrivata addosso e ha provato in tutti i modi a farlo notare all’arbitro. Klizan però non si è scomposto: ha ricevuto uno warning nel punto successivo ma ha vinto il tie-break e ha poi breakkato a inizio del terzo set, esattamente come era successo il giorno prima con Bautista-Agut e come succederà quello dopo con Monfils.

Pronto per il Cirque du Soleil.

Klizan ha cambiato di nuovo allenatore e dopo essersi separato frettolosamente da Martin Damm (annunciò la separazione dopo la sconfitta, l’ottava negli ultimi undici incontri, contro Andreas Seppi ad Amburgo e Damm dichiarò: «È stata una decisione sua e non ne conosco il motivo») ha cominciato a lavorare a fine 2015 con un ex tennista slovacco, Martin Hromec, che ha allenato anche Shahar Peer e Magdalena Rybarikova. Ma soprattutto ha provato a cambiare racchetta (da Head a Babolat) a inizio 2016 e dopo tre sconfitte di fila si è deciso a tornare alla Head. La vecchia racchetta gli ha fatto tornare le buone sensazioni di un tempo e questa irrequietezza è sintomo del fatto che lo slovacco sta cercando nuove strade per incanalare il suo rabbioso talento. Per ora, sembra che Klizan abbia trovato il binario giusto per aggiustare un po’ di quella sregolatezza che gli ha impedito di entrare tra i primi venti del mondo.

La settimana prossima andrà a Dubai, dove sarà tra le prime otto teste di serie. Il destino non è stato molto clemente, dato che Klizan ha pescato al primo turno forse il peggiore tennista che gli poteva capitare: Nick Kyrgios. A parte l’indifferenza piuttosto ostentata con cui entrambi colpiscono vincenti che superano di parecchi chilometri orari quelli di buona parte del circuito, questi due tennisti hanno in comune un atteggiamento piuttosto bizzoso. Kyrgios non ha ancora vinto un titolo, non ha ancora giocato un quarto di finale nei Master 1000, eppure tutti stanno aspettando la sua definitiva esplosione da almeno un anno e mezzo, da quando batté Rafael Nadal negli ottavi di finale a Wimbledon. Nei successivi mesi, tra alti e bassi, la miccia di Kyrgios è rimasta mezza spenta e quindi, inevitabilmente, anche il nome dell’australiano è stato aggiunto alla lista dei geni sregolati. Per fortuna che a quelli come lui e come Klizan a queste cose non badano molto. Per Klizan, il torneo degli Emirati Arabi Uniti sarà un bel banco di prova dato che dopo dei buoni momenti di forma ha sempre faticato: l’anno scorso, dopo aver vinto Casablanca e aver raggiunto la semifinale a Barcellona, perse tredici partite su diciotto e solo a Metz, a fine stagione, riuscì a vincere più di due partite di fila; nel 2014, dopo aver vinto a Monaco di Baviera fallì un’ottima occasione per giocare gli ottavi al Roland Garros, perdendo contro Marcel Granollers al terzo turno. Ora lo aspetta Dubai, che assegna gli stessi punti di Rotterdam, ma è un torneo di ben altro livello. Ma tanto Klizan giocherà come se fosse un torneo identico a quello vinto la settimana scorsa: i calcoli non gli sono mai piaciuti.

Martin Klizan


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