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Nick il marziano

Nel 1954 Ennio Flaiano scrisse un racconto intitolato “Un marziano a Roma”. La storia descrive l’arrivo a Roma del marziano Kunt, un essere per tutto simile agli umani, i quali cominciano a interrogarsi sulle capacità messianiche dell’alieno. Improvvisamente, e comprensibilmente, i giornalisti partono alla caccia di notizie, le donne iniziano a scrivere lettere d’amore al marziano, e i filosofi iniziano a interrogarsi sul significato della sua discesa sulla Terra. Alla lunga, però, l’entusiasmo attorno a Kunt scema, a forza di apparizioni in TV ed interviste sui giornali il marziano diventa un’icona e comincia ad annoiare il pubblico dal quale, alla fine, viene addirittura deriso.

Quando Nick Kyrgios è diventato un nome noto nel circuito, il tennis viveva la bulimia di vittorie dei vari Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Una faccia nuova, un talento cristallino e una personalità tutt’altro che celata era quello che ci voleva per ravvivare un mondo che vivacchiava all’insegna del politically correct sia in campo, dove le vittorie erano appannaggio dei soliti, e sia fuori dal campo, dove le antipatie diventavano stime reciproche e tutto un rivolgersi complimenti, con i giornalisti sempre più in difficoltà a cercare qualcosa di entusiasmante di cui scrivere.

Come Kunt, quindi, tutti gli addetti ai lavori benedissero l’arrivo del predestinato, colui che avrebbe riportato l’Australia ai fasti di Laver prima, Hewitt e Rafter poi. Kyrgios cominciò ad essere una fonte inesauribile di notizie. Like su Instagram a milioni per il suo look, retweet copiosi per i suoi hot shot, condivisioni ripetute per le sue scenette in campo contro arbitro o pubblico, o avversari, a limite. Kyrgios diventò un personaggio eccezionale dal punto di vista mediatico. Un giorno, si diceva, inizierà a vincere e si prenderà la scena anche per via dei risultati, e pazienza se ora non è molto rispettoso delle tradizioni. Queste sceneggiate però, sono diventate sempre più copiose con il passare del tempo. Ma d’altronde, se seguite questo sport, non dobbiamo di certo rammentarle noi. Squalifiche, insulti, trollate con l’amico Kokkinakis su Twitter: Kyrgios trovava puntualmente un modo per conquistarsi le luci della ribalta.

Il punto di non ritorno si raggiunse a fine 2016 quando l’ATP, per non perdere uno che fa vendere con facilità i biglietti, lo costrinse a intraprendere un percorso con uno psicologo per non prolungare una squalifica in seguito “ai fatti di Shanghai”. L’australiano era stato squalificato per condotta antisportiva a seguito del match contro Misha Zverev, dove in pratica accelerò la fine della partita, perdendo punti volontariamente, semplicemente perché voleva andare a casa. Kyrgios accettò quella specie di TSO imposto dall’ATP.

E quindi ci siamo ritrovati in Australia, due mesi dopo, sperando di vedere un nuovo Kyrgios; invece c’è stata l’ennesima rappresentazione di una scena già vista, la sconfitta contro un giocatore più scarso e solo perché batterlo tre set a zero non avrebbe fatto notizia. E come se questo non bastasse, neanche l’aver preso i fischi dal suo pubblico dopo il primo fallimento del 2017 negli Slam che “dovrebbe vincere” è riuscito a scuoterlo un po’. In sala stampa, il troll più bravo del mondo a giocare a tennis cominciava a rispondere alle domande dicendo che non si ricordava neanche il punteggio finale. E poi rispondeva a diverse domande con un “ask Jhonny Mac”, McEnroe, e solo perché questo si era permesso di dire che, a fine partita, “Kyrgios non stava provando più a vincere la partita”.

“Se sentivo dolore al ginocchio oggi? Chiedete a Johnny Mac, lui sa tutto”.

“Se sto ancora consultando lo psicologo? Di sicuro Johnny Mac lo saprà, parlate con lui, lui sa tutto”.

Nick confessava di essersi preparato alla nuova stagione, quella in cui tutti sperano faccia il salto di qualità, giocando a basket. E prometteva, dopo diciotto giorni di gare nel 2017, che il prossimo anno giocherà meno a pallacanestro nell’off season. E che forse è il caso di prendere un coach, perché la sconfitta “è arrivata per cause mentali”, come ha ammesso senza problemi.

Il tennis di Kyrgios è stato abbacinante fin da subito: colpi assurdi come quella demi volée irrisoria contro Nadal a Wimbledon non potevano che predirre l’unica via: questo australiano dal look tamarro avrebbe vinto Slam e sarebbe stato il nuovo numero uno del mondo. E quindi tutti dietro lui, cercando di scoprirne vizi e virtù dentro e fuori dal campo. E man mano che tutti parlavano di quanto era forte Nick, del suo super servizio, del rovescio piatto e meraviglioso, di quel dritto che solo se hai un polso come il suo puoi eseguirlo, e quindi non puoi, tutti cominciavamo a conoscere anche il suo lato oscuro. Che poi altro non era che a lui non piace molto il tennis, “ma non so fare altro e quindi gioco”.

Il personaggio Kyrgios andava in scena puntualmente ad ogni partita, dove Nick doveva per forza assurgere a protagonista assoluto, comportandosi da smargiasso in caso di vittoria o da bullo in caso di sconfitta, con un’ampia gamma di ambiti e persone cui riversare le sue attenzioni: fra avversario, arbitro e spettatore, Nick trovava sempre qualcosa per far fare il titolo ai giornalisti. C’era da capirla la frustrazione, d’altronde era solamente un tennista professionista, pure bravo, quando lui voleva essere un cestista. Anche perché Nick, specie dopo una di queste scorribande, non è la persona più affabile del mondo. In sala stampa le sue dichiarazioni sono la sagra del “dunno”, il don’t know, il non lo so.

Dopo questo colpo, il suo amico Kokkinakis ha fatto l’editoriale sul match:

Intanto, i suoi tifosi impazziscono, polarizzati come sono. I suoi ultras lo amano perché lo considerano il “Mario Balotelli del tennis”, l’incorreggibile che infrange tutte le regole di un mondo dove tutto è preciso e dove ci si rispetta, perché si fa parte di una élite. I suoi detrattori lo odiano per lo stesso motivo, perché lui non li fa star tranquilli capace com’è di provocare discussioni con un semplice tweet, come un Donald Trump qualsiasi. L’ultima domanda in conferenza stampa post Seppi chiedeva a Kyrgios dei piani per l’immediato, ipotizzando una ripresa mentale dopo la sconfitta. “Mi prenderò qualche giorno di pausa, parlerò con il mio team e vedremo il da farsi. Adesso però ho fame, devo trovare del cibo e dormire, domani vedremo”.

Alla fine, dopo tanti sbeffeggiamenti, Kunt si convinse a ripartire verso il suo pianeta. La partenza di Kyrgios è ancora molto lontana. Chissà se, intanto, troverà la voglia di attirare nuovamente la nostra attenzione.

Australian Open 2017 Nick Kyrgios


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