Abbiamo problemi con la gente.
Come ogni anno piomba su di me una tempesta di merda per una intera settimana, quella degli Internazionali di tennis, un torneo un po’ sfigato che si svolge a Roma. Un tempo il Foro Italico era sinonimo di bella vita, con sgallettate e tennisti che erano diventati un po’ dei divi. Oggi invece è un insieme un po’ sgangherato di elementi messi insieme un po’ a forza. C’è, chiaramente, il torneo, e tutto intorno si un muove una macchina organizzativa che fa cilecca, non parte ma arranca: ci sono feste di sera ma non se le fila nessuno, ci sono gli stand ma sono cari e hanno poco appeal, ci sono i tennisti famosi ma non gliene frega niente di stare lì. Questo torneo sembra un po’ il paradigma di Roma, anzi della decadenza di questa città, che era magica ma ora è forma senza sostanza, scippata da ogni mano lesta che gli si avvicina. Povera Roma ma soprattutto povera me. Io sono la moglie di un tennista giocatore che ha l’ardire di scriverne. L’ardito anche quest’anno si è regalato 6 giorni di presenza. Sei giorni da incubo per me.
Perché? Un po’ perché l’alone di sfiga aleggia sulla mia testa, e quindi in concomitanza con l’inizio del torneo sono stata vittima di una terrificante tonsillite. Questo purtroppo ha reso marito molto risentito e nervoso, perché non poteva dedicarsi anima e corpo al tennis ma doveva sforzarsi di evitare la mia morte. Chiedo pubblicamente scusa per questo virus che mi attanaglia. E poi perché marito vive nella assoluta convinzione che questa sua temporanea scomparsa dal mondo secolare per vivere all’interno di uno stadio del tennis, non abbia ripercussioni sulla vita delle semplici persone che vivono nel mondo reale. Sì, lui dall’alto della sua superficialità un po’ figlia del maschio e un po’ anche dello sportivo, con una sana spolverata di arroganza giornalistica, è convinto che nulla può l’umano di fronte alla potenza della sua presenza regale a un torneo di tennis. Sono gli altri, evidentemente considerati sudditi, a doversi adeguare ai bioritmi delle sfide tennistiche. Un po’ come si fa con un neonato, difficile non piegarsi alle sue necessità perché se non lo si fa, poi lui, il neonato, rompe il cazzo, frigna, strilla, si lamenta. E si perde il controllo. Bene, ora sostituite la parola “neonato” con la parola “marito” e avrete risolto il rebus che attanaglia la mia vita.
In questa settimana che oserei definire demoniaca, marito è poco presente e tutti noi familiari dobbiamo rendergli la vita agevole, evitargli incombenze perché, mi piace citarlo, lui è “molto impegnato mentalmente, non puoi chiedermi nulla”. Lo so, cari amici appassionati di tennis, vi sembra una esagerazione ma questa è la pura realtà che si dimostra dura, acerba, amara.
Succede una cosa oltremodo strana durante questo evento. Tutte le persone che ho incontrato hanno sviluppato una sorta di amore per questo sport. Il tennis, dico. Non mi spiego bene questo fatto, posso immaginare che marito, con quel suo fare amabile come un caterpillar, abbia instillato in tutti noi la paura di una sua reazione avversa e ora, tutte le persone che gli girano intorno si trovano costrette ad amare quello che ama lui. Un vero leader. Comunque, visto che queste persone si sono risvegliate appassionate di tennis ma al contempo impossibilitate a parlare con marito, hanno pensato bene di chiedere a me. Forse, hanno creduto ingenuamente che, per la proprietà transitiva, anche io ami il tennis. Ah ah ah, poveri. Tutti mi hanno chiesto informazioni su: partite giocate, giocatori, classifiche, eventi collaterali… A me.
Quando dico che lo schifo questo sport non è tanto per dire. Se mi metto a vedere una partita in tv dopo un po’ il mio sguardo diventa vitreo e non seguo. Mi perdo, mi annoio terribilmente e comincio a pensare alle cose veramente belle della vita: scarpe da comprare, cibi da mangiare, viaggi da organizzare. Il tennis no, personalmente è il mio girone del purgatorio, la punizione per essermi innamorata di uno così: giornalista, metallaro, tennista. Colpa mia che ho sottovalutato gli effetti del tennis nella mia vita. Pensavo semplicemente si trattasse di “uomo maturo che pratica uno sport” invece la realtà è che è lo sport che si è impossessato delle nostre vite. Sono vittima di un poltergeist tennistico.