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La ricetta Mladenovic

Chi pensa che nel circuito femminile manchino nuove giovani promesse con personalità, non ha ancora visto giocare Kristina Mladenovic. La francese classe 1993 è una tra le favorite alla vittoria del torneo, almeno così si dice tra le scrivanie della sala stampa, nonostante non sia mai andata oltre i quarti di finale di uno Slam. Con una finale nei tornei di Madrid e Stoccarda, Kristina ha dimostrato sulla terra rossa di valere la posizione che attualmente occupa nella classifica Race to Singapore, la settima. Mladenovic in questa stagione sta dimostrando, oltre al suo straripante carisma fuori dal campo, la sua concretezza in termini di risultati, frequenti e significativi. Se qui, tra i fiumi di folla che scorrono tra lo Chatrier e il Lenglen, serpeggia il suo nome come il primo delle outsiders (o forse anche qualcosa in più) è perché Mladenovic è la sintesi perfetta di una personalità vincente.

Fake ‘til you make it o, per dirla in maniera un po’ più colta, per essere virtuoso devi comportarti come un virtuoso farebbe, prendendo in prestito le idee di Aristotele. Per essere un vincente, comportati da vincente. Così fa Kristina, che non ha paura di comportarsi come tale, di essere al centro dell’attenzione, di essere il cavallo di punta del suo movimento tennistico. Dopo la sua vittoria di secondo turno contro Sara Errani, Kristina è andata a pagare l’hommage, saltellando verso la tribuna autorità del campo Suzanne Lenglen, per battere il cinque al presidente della Federazione Francese, Bernard Giudicelli.

Un binomio, quello tra Mladenovic e la FFT, proficuo. «Conosco il mio Presidente, è uno che ha carattere, non sono sorpresa dalla decisione» aveva detto Kristina in occasione della controversa vicenda della wildcard non concessa a Sharapova. Lei è stata ripagata dalla federazione diventando quella su cui puntare, la ragazza-manifesto che con Lucas Pouille campeggia nei cartelloni pubblicitari. Kristina è sempre in prima fila negli incontri di Fed Cup. Una volta, ex aequo nelle gerarchie, c’era anche Carolina Garcia, quella che Murray si scomodò a definire una futura numero 1. Ora Garcia è in rotta sia con la Federazione che con Mladenovic, con cui in passato ha vinto anche un trofeo Slam in doppio, proprio qui a Parigi.

«Molte persone stanno parlando di me come una delle favorite, e sapete cosa? Io sto guadagnando fiducia»

Mladenovic sa che quest’anno le aspettative sono su di lei. La pressione in questo caso è un’arma a doppio taglio. Per cercare di non farsi travolgere, ha saltato il torneo di Strasburgo per prepararsi al meglio. Ma non è bastato il duro lavoro e la programmazione, a volte è solo questione di sfortuna. Così a Mladenovic è successo che un movimento sbagliato in allenamento le ha bloccato la schiena proprio il giorno prima del suo esordio in pompa magna su campo Philippe Chatrier. Se non fosse stato il Roland Garros, probabilmente non sarebbe scesa in campo. Quella che doveva essere una comparsa qualsiasi, Jennifer Brady, si è trovata avanti di un set ed un break. Ma è qui che Mladenovic ha fatto capire perché ha le carte per essere la numero 1 di Francia. Senza poter servire né muoversi bene, in preda ai dolori e sull’orlo delle lacrime, ha trovato forza aizzando il pubblico dello Chatrier e cercando di impostare il match sul piano mentale. Così poi è riuscita a ribaltarne le sorti. «Non so come ho fatto a vincere quel match» – dirà, ma tutti gli altri, chi più chi meno, una idea se la sono fatta. La peculiarità del campione è che può vincere una partita scegliendo quali carte estrarre dal mazzo, jolly compresi.

Mladenovic ha tutto quello che serve per essere un personaggio di successo. L’atteggiamento grintoso, sfacciato, lo sguardo di sfida di quella che sa di essere brava. Il gioco dinamico, potente, che non è soltanto dritto e rovescio, ma anche fatto di colpi imprevedibili come palle corte e tweener che mandano le folle in delirio. L’immagine d’impatto, convenzionale ma allo stesso inimitabile: alta, bionda, occhi azzurri, accento francese e spazio tra i denti. Persino un soprannome, Kiki, che sembra essere fatto per essere cantato a ritmo dal pubblico. La ricetta Mladenovic è vincente.

Contro Sara Errani, nel suo match di secondo turno, ha giocato con la consapevolezza di essere la più forte, nonostante l’italiana sia stata una ex finalista di questo torneo. Un punteggio secco, 6-2 6-3, non basta a soddisfare l’ego di Mladenovic che dice di essere ancora al 70% della forma: «Chi mi ha guardato sa che non ero al massimo». L’avversaria di terzo turno sarà Shelby Rogers, che a suo dire «gioca bene ma non è molto famosa. Il pubblico qui non la conoscerà» cosa che, seppur vera, andrebbe omessa per provare ad essere politically correct.

Ma la forza di Mladenovic è anche questa, e cioè essere una persona che non riesce a frenarsi. Come fuori, così dentro al campo. Fuori dal campo, ad esempio, è stata una delle poche persone a parlare apertamente senza filtri della squalifica di Maria Sharapova. Dentro al campo, contro Errani, Mladenovic non è riuscita ad evitare di esultare con ripetuti «Forza!», l’equivalente italiano del c’mon, finendo con infastidire Sara. Quando le è stato fatto notare, la francese ha dichiarato che è abituata da sempre a utilizzare questa parola nelle sue partite, ma la verità è che se avesse voluto mantenere calmi gli animi, avrebbe potuto usare qualcos’altro, lei che di lingue ne parla cinque.

 

Ma forse è proprio questa la forza che porterà Kristina Mladenovic a vincere il Roland Garros. Trovare più strade per vincere un match, che sia con il suo tennis, con la grinta, giocando con la testa o con quella dell’avversaria. Mladenovic non ha paura di essere al centro dell’attenzione, perché sa sfruttare questo come un’alternativa in più per portare a casa la vittoria.
Mladenovic non teme la pressione della favorita, datele lo Chatrier e saprà sfruttare anche quest’arma a doppio taglio.

Kristina Mladenovic Roland Garros 2017


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