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La riconciliazione

Lorenzo Musetti vince il suo primo torneo ATP ad Amburgo, mettendo tutti in pace.

Lorenzo Musetti vince il suo primo torneo ATP ad Amburgo, mettendo tutti in pace.

In questi anni si sono sprecati a sottolineare quello che dovrebbe e quello che non dovrebbe fare Lorenzo Musetti, 20 anni e 4 mesi, talento e mano così delicati da non poter lasciare dubbi a nessuno. “Deve potenziare il fisico”, “il dritto ha un’apertura troppo ampia”, “non ha la velocità di palla di Sinner”, “deve pensare a giocare e basta”. I commentatori sono arrivati su Musetti come avvoltoi, lo fanno non appena intravedono uno che sa giocare bene, anche perché nel disgraziato ventennio che ha aperto il secolo si è definitivamente imposta la contabilità. 

Slam, 1000, vittorie consecutive: e chi le guarda più le partite? Basta sfogliare gli almanacchi, aver imparato quattro statistiche, ed ecco che c’è la licenza di esaltazione. Altrimenti no, sei una delusione, un incompiuto e, quando si vuole esagerare, un fallito. Gli sportivi, gli esseri umani, vengono visti come una srl che deve far quadrare i conti. Passi pure per chi deve racimolare quattro spicci dalla federazione di turno, che poi può battere cassa al CONI e un giorno, perché no visti i chiari di luna, ambire a qualche ministero e più su senza limiti tanto ormai. 

Passi pure per loro si diceva, ma che il virus abbia infestato i guardoni è cosa di cui è difficile farsi una ragione. Si creano così sacche di resistenza che attendono l’uomo nuovo, che per fortuna non manca, almeno fino a quando non lo rovinano. E così mentre si vendono racchette, scarpe, calzettoni di “quello che ha vinto il Roland Garros”, se si ha la ventura per andare per campi o – che è lo stesso – dare un’occhiata al computer (mica guarderete ancora la tv voi?), ci si accorge rapidamente che se proprio biosgna guardare una partita di tennis è meglio andarsi a cercare gente che da queste parti è sempre stata definita talentuosa e che abbiamo seguito fino a quando non hanno vinto qualcosa di serio, per poi abbandonarla al suo destino. Gente come Kyrgios, Klizan, Haase, Bublik, Paire. Musetti. 

Già in passato il ragazzo toscano aveva mostrato lampi di bellezza che dovevano farsi strada nell’oscurità composta da tecnici, telecronisti, giornalisti “addetti ai lavori” se proprio si vogliono usare tre sole, orribili, parole. In mezzo alla cagnara, due set contro Djokovic, uno contro Tsitsipas, qualche game qui e lì. Tra lo stesso scambio ripetuto centinaia di volte (l’unico complimento che a Kyrgios è venuto in mente su Djokovic è stato “è così composto”), la forza bruta che si intravede come serva a scaricare la rabbia per una vita che non consiglieremmo a nessuno, la sofferenza per inseguire nell’ultimo centimetro di campo e oltre quella pallina che ci cambierà la vita, o almeno la partita, giocatori tormentati come i nostri hanno il pregio di farci ricordare che in genere si dice che stai “giocando”. Giocare. E come puoi giocare se soffri, se fai sempre la stessa cosa, se usi la violenza giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno? 

Quindi ogni tanto vince chi gioca e anche contro una specie di nemesi, è arrivato così il primo successo nel Tour per Lorenzo Musetti contro Carlitos Alcaraz, uno che giocherebbe anche se non fosse così violento. Musetti ha accompagnato per un giorno, una settimana, quello che i tecnici definirebbero “la versione migliore di sé stesso”, quella che non disperde energie perché sa che per battere i migliori contano i dettagli, e imprecare contro la mala sorte non è roba da top 20 al suo voler giocare per giocare. 

Lo abbiamo visto perdere partite proprio perché la distrazione sopraggiungeva per disturbarlo nel singolo punto, dal dedicare totalmente, anima, mente e corpo su quel quindici che stava per partire, perché pensando ad altro, parlando con se stesso, col box, prendendosela con dio, non avrebbe aiutato di certo a vincere quel quindici. Noi lo abbiamo seguito per questo. 

Lorenzo aveva iniziato il torneo di Amburgo salvando due match point contro Lajovic, che qualche giorno prima gli aveva prestato una racchetta per farlo allenare, visto che la valigia di Musetti tardava ad arrivare. Alla domenica, contro Carlitos, Lorenzo si è presentato in campo in modalità zen, concentratissimo nel non voler disperdere energie di qualsiasi tipo. Aver dovuto affrontare Alcaraz infatti deve averlo aiutato in questo, perché magari contro un giocatore di caratura inferiore Musetti avrebbe potuto approcciarsi alla partita in maniera diversa. Ma contro lo spagnolo no, contro uno che aveva vinto le sei finali precedentemente disputate c’era da essere perfetti, e Musetti lo è stato. 

Si è visto proprio il cambio di passo rispetto alle classiche partite di Lorenzo contro gente tipo Djere, quando da fondo campo palleggiava senza mettere pressione all’avversario. Contro Alcaraz, Musetti ha evitato di farsi trasportare dalla corrente della pressione da fondo campo dello spagnolo, che quando è in giornata è una piena travolgente, inarrestabile. Carlos non è parso quello dei giorni migliori, deve ancora imparare a domare la furia che pervade il suo gioco nelle giornate in cui non tutto rimane dentro le righe. Il rovescio non è stato incisivo come al solito, specie sul lungolinea, e quindi Lorenzo ha avuto gioco facile nel reggere sulla sua diagonale preferita. Quello che ha fatto la differenza in favore dell’azzurro fino ai primi matchpoint è stato il dritto ad uscire, inside-out, un colpo che Musetti ha giocato con fallibilità pari a zero. 

Questa insolita e perdurante aggressività di Lorenzo da fondo campo, unità alla giornata perfetta in ogni altra zona del campo, ha permesso di fare partita pari con il numero cinque del mondo, il più forte giocatore su terra battuta in prospettiva. 

Però quello che rende la vittoria di Lorenzo ancora più straordinaria è che ad Alcaraz il braccio non trema mai, neanche sui matchpoint. Quello che ha combinato Carlitos in occasione del secondo match point – nel contestatissimo decimo game del secondo set – arriva direttamente dagli dei del tennis e dai suoi profeti che lo divulgarono in terra. 

Il servizio da sinistra di Musetti, esterno manco fosse un mancino, Alcaraz che correva verso l’ultimo angolo di campo per colpire il rovescio a due mani da lontanissimo, la palla che ci metteva un po’ per arrivare dall’altra parte del campo dove l’aspettava Musetti, che nel frattempo si era avvicinato a rete per gocare la volée in sicurezza, senza angolarla troppo perché Alcaraz era lontano, doveva essere lontano, manco lo vedeva più. Ma Alcaraz era prodigioso nel percorrere quei 15 metri nemmeno fosse Flash, arrivando perfettamente ad impattare col dritto incrociato in corsa, violentissimo, all’incrocio delle righe. Stavamo forse vedendo Lendl contro McEnroe? Alcaraz si inventava un dropshot subito dopo, per pareggiare il conto e arrivare al tiebreak; ma Musetti era calmo, approfittava di un paio di errori dello spagnolo ed eccolo arrivare di nuovo a matchpoint, 6-3 per lui. 

Due di questi matchpoint sono sul servizio di Lorenzo, la prima palla non lo aiuta. Alcaraz, che fin lì aveva giocato un brutto tiebreak, riesce ad arrivare a setpoint, e qui Lorenzo commette un doppio fallo. C’era solo una persona che pensava di poter vincere questa partita dopo aver fallito matchpoint in due occasioni diverse contro un giocatore spietato nelle finali dei tornei, questo era Lorenzo Musetti. Ed è stato lui a mostrare a chi ha creduto in lui perché ha fatto bene a farlo. 

Come si inizia un terzo set dopo aver sprecato cinque match point in due differenti occasioni? Senza pause bagno, senza bestemmiare, senza iniziare inutili soliloqui. Si inizia cercando subito di muovere il punteggio, di fare subito il primo game per far capire all’avversario che non ha abbandonato la partita. E così è partito un bellissimo terzo set, di qualità altissima.

E ci siamo rinfrancati nel vedere Lorenzo essere presente in ogni game ed essere lui, quello che avrebbe dovuto subire un contraccolpo psicologico devastante, il primo a impensierire l’avversario con palle break. Era il tre pari, arrivata la prima, ma Alcaraz era ancora una volta eccezionale nel prendere l’iniziativa quando il punto contava di più, in queste occasioni lo spagnolo vuole che il quindici si decida sulla propria racchetta, proprio come Rafa Nadal.

Ma quando Alcaraz è andato a servire sul 4 a 5, quando un po’ tutti prefiguravano un tiebreak finale, sul 30 a 15 per lo spagnolo c’è stata una nuova ondata, questa volta di Musetti. Ha fatto un qualcosa in più l’azzurro, non si è limitato a galleggiare, ha prima pareggiato sul 30 pari e poi è arrivato a matchpoint, era il terzo momento diverso del match nel quale un solo punto avrebbe posto fine ad un’attesa infinita, quella con la vittoria. 

Un rovescio lungo di Alcaraz faceva sorridere Lorenzo, il suo angolo e tutti quelli che stavano guardando la partita, avvoltoi compresi. L’happy ending era arrivato, Alcaraz era gentilissimo nel discorso durante la premiazione, sembrava felice di aver perso contro Lorenzo, che ricambiava la gentilezza dicendo allo spagnolo che si era ispirato a lui per migliorare, “perché sei un gran lavoratore”, uno che si allena duramente e sempre di più dopo ogni sconfitta. 

La scena era bellissima, perché per una volta non c’erano quelle frasi stucchevoli sentite tante volte in quell’inglese impeccabile di chi è abituato a vincere. Qui c’erano i tempi dei verbi sbagliati, le pronunce incomprensibili, si sorrideva pensando a quanto miglioreranno anche in questo i due giocatori. Musetti sembrava non voler più smettere di parlare, Tartarini nel suo box piangeva, Lorenzo chiudeva dedicando la vittoria alla nonna, per un giorno tutti quelli che si sono interessati di lui sono stati in pace. 


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