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Presunto violento

Il caso Zverev ricorda, caso mai ce lo scordassimo, che la giustizia non è insensibile al denaro.

Il caso Zverev ricorda, caso mai ce lo scordassimo, che la giustizia non è insensibile al denaro.

Prima di tutto i fatti, così i legulei del “è innocente fino a prova contraria” sono contenti e non ci rompono i coglioni. 

A ottobre del 2023, Alexander Zverev ha ricevuto una multa di 450.000 euro da un tribunale di Berlino per aver tentato di strangolare la sua partner di allora. I fatti risalgono al 2020 e il tribunale ha comminato la multa ricorrendo allo Strafbefehl, un procedimento giuridico per il quale il processo non avviene se il giudice ritiene che le prove a carico dell’accusato siano sufficientemente evidenti. Ovviamente, se la persona accusata si ritiene innocente, può contestare la decisione e richiedere un processo, cosa che Zverev ha fatto. Ma ripetiamolo, perché siamo tra sordi: la multa non viene comminata perché uno si alza e dice “intanto multiamo, poi si vedrà”, ma perché una parte terza, il giudice appunto, ritiene che le prove a carico siano evidenti. Tutti siamo innocenti, ma Zverev, da questo momento in poi, un po’ meno. Lui dice che il giudice sbaglia? Perfetto, si prosegua, ma si ricordi che un giudice intanto ha detto che secondo le prove a sua disposizione, Zverev ha tentato di strangolare la sua fidanzata. Insistiamo, perché si è duri a comprendere: non l’ha scritto l’editorialista di grido sul giornalino di quartiere; non è uno status su Facebook; non è una discussione al bar. Secondo un giudice che ha raccolto le prove, Zverev è colpevole.  

Se non fossimo nel mondo in cui siamo, questo sarebbe più che sufficiente per procedere ad una sospensione, tanto più che nel regolamento dell’ATP è scritto a chiare lettere che i componenti non devono recare danni all’associazione. Nel mondo in cui ci è dato vivere, invece, ci sono calciatori che corrono e segnano dopo che un tribunale ha emesso il primo verdetto di colpevolezza per stupro, figuriamoci un tennista che ancora ha sulle spalle una semplice multa. 

Zverev quindi dà mandato ai suoi avvocati, i quali preparano scrupolosamente le carte e la corte fissa come data d’inizio della procedura che dovrà stabilire se effettuare un processo o meno: il 31 maggio, in pieno Roland Garros. Qualcuno obietta che forse non dovrebbe andarci, che figura ci fa il mondo del tennis? Macché, lui gioca, vince e convince e praticamente nessuno di quelli che ci raccontano il mondo del tennis da bordo campo, sempre siano lodati perché sennò come faremmo a fare le domande scomode ai giocatori, ha nulla da dire a riguardo. Che bel rovescio, però, hai sentito come schiocca? Ah no, voi la guardate dalla tv, miserevoli che non siete altro.

Il processo (o quello che è) comincia inizialmente a porte aperte in un tribunale di Berlino e gli avvocati di Zverev cominciano con la nota strategia di screditare la ragazza. Tra il team di esperti, c’è anche un esperto di linguistica (poi dice che le lauree umanistiche non servono a nulla eh?) secondo il quale sarebbe anomalo che la ragazza usi le stesse parole usate da un’altra ex di Zverev qualche anno prima che lo aveva sostanzialmente accusato delle stesse cose (in quel caso non s’era andati a processo e l’investigazione dell’ATP aveva concluso che non c’erano sufficienti prove a carico).

Cioè: se vieni rapinato in un bar e il tuo racconto è lo stesso di un altro rapinato in un bar, secondo gli avvocati di Zverev questo ti mette in cattiva luce. Poi il grande classico: la ragazza usava la carta di credito perché pensa solo ai soldi, si faceva foto sugli yacht e pensava solo ad aumentare i follower su Instagram. Una sciacquetta, insomma. Quello che molti fanno finta di non vedere è che la strategia di difesa è sempre quella: ok, magari le ha pure fatto qualcosa, ma avete visto che razza di puttana è quella?

Ad ogni modo, dopo cinque giorni di dibattimento, oggi Zverev e la sua ex partner hanno raggiunto un accordo monetario, la cui cifra naturalmente non verrà divulgata. Zverev, ad ogni modo, continua a ritenersi innocente. Una postilla: avendo prima richiesto il processo e poi chiesto di interromperlo, Zverev dovrà pagare 200.000 euro, di cui 150.000 andranno nelle casse dello stato e il restante a delle organizzazioni di beneficenza.

(Da qui in poi è meglio se i legulei interrompono la lettura.)

Insomma, comunque la si guardi, è evidente che Zverev e il suo team di avvocati si siano fatti due conti e abbiano deciso che non era il caso di andare troppo a fondo della questione. Qui non siamo in un’aula di tribunale perciò risparmiamoci le tiritere sulla presunzione di innocenza, perché chiunque conosca un minimo la questione della violenza sulle donne sa anche benissimo quanto sia difficile portare un caso come questo in tribunale e dimostrare la verità.

Ovviamente, non mancheranno quelli che ci ricorderanno che non essendoci né una condanna né un’ammissione di colpevolezza, Zverev non può essere considerato colpevole. Quando si presenterà la questione se la sua presenza in un torneo di tennis sia appropriata o meno, i difensori dello status quo ci daranno la solita lezioncina che hanno sentito al primo anno di giurisprudenza. Lezioncine che a un primo sguardo potrebbero far sorridere per l’ingenuità, ma che in realtà nascondono un atteggiamento terribile e vergognoso.

Quando la WTA ha annunciato la partnership con PIF, il fondo sovrano dell’Arabia Saudita, ci sono stati cori di disapprovazione da ogni angolo del pianeta. Ma come, voi donne vi mettete in affari con gente che se potesse vi toglierebbe la patente? Gli arabi, si sa, è gente poco civilizzata: massacrano i giornalisti, non sanno manco come si fa lo spelling di democrazia, pensano solo ai soldi. Mica come i nostri illuminati governi occidentali, che però appoggiano i sauditi senza se e senza ma.

Che l’ATP non prenda alcuna decisione contro un suo rappresentante che in un caso di violenza domestica ha risolto tutto con una multa non sembra interessare granché a nessuno. C’è qualcuno, a dire il vero, che timidamente sta facendo qualche domanda e sta facendo notare che, mah, forse non dovremmo permettergli di giocare. Ma è, come spesso accade, una sparuta minoranza. Almeno tra coloro che fanno le domande alle conferenze stampa e hanno l’opportunità, anche solo per 5 minuti, di mettere Zverev con le spalle al muro (senza strangolarlo, eh). 

Chissà quale sarà il motivo di questa disparità? Come ogni soggetto discriminato, a una donna non si perdona nulla. Del resto si possono rivendicare i diritti ma senza che ci vengano a pestare i piedi, anzi, no, ci correggiamo: prima ci devono spiegare come funziona la questione dell’uguaglianza perché chi cazzo ha voglia di leggersi un libro? Poi, se la questione non è esattamente come ce la aspettavamo noi, devono sedersi e ascoltare il nostro parere e seguire i nostri consigli. E se non protestate come diciamo noi, beh, “fate un danno alla vostra causa”. Contente voi.

Del resto, si sa: l’uomo o è innocente fino a prova contraria oppure il mostro che massacra la fidanzata e ne nasconde il cadavere in un bosco. La violenza deve essere plateale, mostruosa, inconcepibile: altrimenti va a finire che ci viene il dubbio che forse quel mostro potrebbe essere un nostro conoscente, un nostro amico, un nostro parente, o forse noi stessi.

Ammettere che dire “è innocente fino a prova contraria” è parte del problema è uno sforzo che pochi maschi, quasi nessuno, sono disposti a fare. Continuare a insistere pervicacemente sull’idea che la giustizia sia un’entità super partes che vive e celebra in un lontano empireo, distante dalle miserie umane e impermeabile agli umori della società, è solo un altro modo per nascondersi, per evitare di affrontare un tema che le donne da anni, da secoli, da millenni, continuano a sbatterci in faccia e che noi continuiamo vergognosamente a ignorare.

Per quanto possiamo inorridire della brutale violenza giustificata dal denaro, tra qualche ora Zverev scenderà in campo nella semifinale del Roland Garros, come se niente fosse,  da uomo senza macchia. Magari vincerà pure perché come non c’è giustizia in tribunale non c’è giustizia sul campo da tennis. C’è quasi da sperare che vinca, per vedere gli account social del torneo celebrarlo per la sua prima finale a Parigi, evitando accuratamente di menzionare la questione scottante, quella che sui vituperatissimi social in tanti non stanno ignorando. 

Quello che è successo oggi dovrebbe teoricamente essere una vittoria per chi pensa che la violenza sulle donne sia sistemica e capillare: bastano qualche centinaio di migliaia d’euro sul conto e un modo per uscirne puliti lo si trova. La verità è che succederà il contrario: siccome dimostrare questi reati è particolarmente complesso, spesso occorre ricorrere a dei compromessi. E se sei scesa a compromessi, e quindi non eri tanto sicura di vincere, non è che ti sei inventata tutto? La presunzione innocenza teniamola per gli uomini, le donne portino pazienza: per loro vale sempre e comunque la presunzione di malizia.

(Ha collaborato Salvatore Termini.)

Alexander Zverev


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