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Non doveva andare così

Non sappiamo se alle 14.15 (ora di Greenwich) del 21 novembre 2010 Andy Murray e Robert Söderling, giocando il primo scambio delle Finals, pensassero che non si sarebbero certo incontrati cinque anni dopo per la stessa occasione.  Ma è impensabile che se lo immaginassero Roger Federer e David Ferrer, protagonisti del secondo incontro della giornata. Già allora Federer era il più anziano degli otto qualificati e solo Roddick era nato prima del valenciano. Ritrovarseli cinque anni dopo, come se niente fosse, insieme ai compari dell’epoca – oltre a Roddick manca solo proprio quel Söderling che aveva inaugurato il torneo – più che struggimento provoca una leggera noia. Di nuovo Djokovic, di nuovo Murray, di nuovo Berdych. E Wawrinka è più vecchio di quanto non lo fosse Roddick. L’unica novità è rappresentata dal solito Nishikori, autore di una stagione che, tra walk over, infortuni, giri sorridenti per i club europei, non può che essere definita inconcludente.

Sul giapponese cadono alcuni tra i più desolanti dei luoghi comuni: alcuni stupidamente razzisti – ci sono quelli acutamente razzisti? – come giapponesino o cose simili; altri forse ancora più sciocchi, perché davvero alcuni sono convinti che si possa da un lato conoscere il “carattere di un popolo” e dall’altro addirittura incarnarlo. Così il samurai, l’onore indefesso, il morire sulle lance del nemico, nascondo una realtà ben diversa. Nishikori è un ragazzo di 25 anni del tutto globalizzato che ha molto voglia di divertirsi e che non vede certo il giocare a tennis come una missione per tenere alto il nome del proprio paese.  Ed essendo un furbastro ogni tanto ci marcia, sul giocare per la “sua gente”.

Ma non è Nishikori, che comunque dovrebbe essere più avanti della sua classifica e magari aver vinto se non proprio un paio di Slam un paio di Master 1000, il problema. Piuttosto sono quelli che dovevano essere qui e non ci sono. A Londra, cinque anni fa, oltre ai vecchietti Federer, Roddick e Ferrer, che comunque non arrivavano a 30 anni, c’erano un paio di ragazzi che ne avevano 23 (Murray e Djokovic); uno che ne aveva 24 (Nadal); uno 25 (Berdych) e uno 26 (Söderling). Oggi quelli che non arrivano a 30 anni ci sono ancora ma si chiamano Djokovic, Murray e Nadal; quello di 26 pure e si chiama Nishikori. Dove sono finiti tutti gli altri?

Il più forte dei giocatori che oggi ha 25 anni (è nato cioè nel 1990) è Milos Raonic. L’anno scorso il canadese di Podgorica c’era e sembrava che dovesse davvero rimanere nel gruppo. Invece un infortunio al piede destro gli ha fatto saltare l’intera stagione sul rosso e ha compromesso quella sull’erba. Al ritorno in campo, in casa, a Montréal, Raonic è incappato nei tiebreak di Karlovic e poi Feliciano lo ha eliminato prima a Cincinnati e poi a New York. Ora, Feliciano sarà anche in un buon momento ma non è mai stato imbattibile e uno che è stato a lungo tra i primi dieci non può perderci cinque set di fila. Che non fosse un problema fisico in qualche modo lo ha dimostrato il torneo vinto a San Pietroburgo, seguito da una sconfitta addirittura contro Troicki e poi contro Nadal. A questo punto Raonic ha pensato bene di non andare a Bercy, sostenendo di aver giocato con dolore per tutta la seconda parte della stagione. Mai malanno è stato più opportuno. Il risultato è comunque che nessun venticinquenne sarà a Londra.

E purtroppo mancherà anche il 24enne, quello che forse era il campione annunciato, e che invece è precipitato in una terribile fase involutiva. Sembrava che il tennis dovesse mettersi in mano a Grigor Dimitrov ma il bulgaro quest’anno non solo non è andato troppo avanti nei tornei ma per la prima volta, da quando si era insediato nei quartieri alti del ranking, non è riuscito a migliorarsi rispetto all’anno precedente. Il povero Grigor ha pure avuto delle disavventure sentimentali ma anche prima non è che facesse faville. Non si capisce se è motivo di speranza o di ulteriore rammarico il fatto che il bulgaro però non sembra uno che stia mollando. Ha cambiato allenatore, in campo corre come un disperato e insomma non è certo la volontà che gli manca. Un po’ di acume tattico forse sì, ma Rasheed che lo aveva condotto ai risultati migliori della carriera non è poi riuscito a convincerlo che è impossibile giocare come Nadal e Federer contemporaneamente soprattutto se giochi come Federer in difesa e come Nadal in attacco. Dimitrov ha cambiato allenatore e racchetta, cosa che neanche Federer ha potuto fare senza dover passare un periodo di adattamento. Mentre vedremo se Davin, orfano di del Potro, riuscirà quanto meno a dargli la testa del campione. In ogni caso, tutti si sarebbero aspettati di vederlo a Londra a fine anno e il fatto che non ci sia è una sorpresa.

I due 23enni mancanti sembrano destinati a carriere molto diverse. Il primo è Jack Sock, un altro che dovrà convivere con inutili ironie sul suo cognome e che quest’anno ha trovato forse la sua giusta dimensione. Il connazionale di Roddick – nel senso del Nebraska – è entrato nei primi trenta, potrebbe, forse dovrebbe, salire un altro po’ ma non è da lui che il tennis si aspetta la reincarnazione di Laver, tanto per non fare sempre lo stesso nome. Diverse, completamente diverse, le aspettative sull’altro ragazzo di 23 anni, Bernard Tomic. L’australiano ne ha fatte di cotte e di crude, è in giro da cinque anni e sembra un veterano ma è ancora giovanissimo. La sensazione è che sia vicino al famigerato “clic”, quello che ti fa vedere la pallina sempre più grande e più lenta ed è un peccato che debba giocarsi il primo Slam proprio in Australia, col conseguente carico di pressioni. Ma un buon calendario potrebbe dargli fiducia, in attesa del colpo grosso. È arrivato per vie molto più tortuose al punto in cui era l’anno scorso di questi tempi Dimitrov. Sperando di non essere delle cassandre e di non ripetere gli errori del passato, sarebbe sorprendente non trovarlo dalle parti di Greenwich l’anno prossimo, di questi tempi.

Coraggio dunque, quelli di quest’anno in fondo hanno teso dei tranelli al tempo che passa. Ma si sa che non possono sconfiggerlo davvero.

ATP Finals 2015


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