menu Menu

Animal foro

Come qualcuno sa, sono iniziati gli Internazionali di tennis. Quelli a Roma che, guarda caso, è la città dove viviamo io, marito, figlio e altri 3 milioni di persone. Inizia questa brutta brutta avventura per la mia vita privata. Marito perde definitivamente il contatto con la realtà lasciando spazio alla follia schizofrenica di chi si ossessiona per la partecipazione attiva a questo torneo, da giornalista of course.

La colpa è mia perché ho sposato un tennista che è anche metallaro e pure con quel quid di saccenteria che solo un giornalista può emanare. Come un’aura di fastidio epidermico per chi gli vive vicino. Questo è un giornalista. Tennista.

Dunque inizia. Pronti, partenza, boom. Sabato, giorno di inizio. Marito ha le fregole (per chi non fosse romano o comunque non a conoscenza di questo termine tecnico significa Non stare più nella pelle). Ha perso completamente la lucidità, impossibile organizzare la giornata, cambia idea ogni dieci minuti, sforzandosi di rimanere impassibile di fronte all’emozione.

Con calma e sangue freddo si riesce a organizzare qualcosa. Decide di recarsi nel pomeriggio (l’orario oscilla dalle 14.00 alle 17.00, in mezzo c’è la confusione di una mente delirante). Non pago della sudditanza al tennis che questa famiglia deve subire, marito, ingordo, si era organizzato una partita a tennis di mattina. Blocco la sua tracotanza con la sola forza del pensiero, con una serie di improperi e uno sguardo di Satana che, prontamente, induce marito a rimettersi in riga concedendomi una mattina di libertà.

A un certo punto del primo pomeriggio, FINALMENTE, sparisce da casa e si reca lì, dove tutto ha inizio e dove tutto ha una fine. Al centrale del tennis. Io, che come tutte le donne, sono saggia, gli prometto che lo raggiungo nel pomeriggio, con figlio al seguito ovviamente. In fondo, nelle segrete del mio cuore, mi fa anche piacere, giammai glielo dirò, ma tutto sommato mi incuriosisce questo luogo di idioti. Si, ho scritto idioti. La mia è una visita sociologica.

Una volta giunti nel tempio del giuoco del tennis, mi si palesa subito un’immagine distonica. Tutti, in tanti, passeggiano a cazzo di cane, da una parte all’altra. Senza una vera direzione. Sono tutti vestiti urban chic. Tutto è pieno, i bar, gli stand, le passeggiate, anche gli stadi dove chiaramente non me ne frega un cazzo di chi gioca. Ma nessuno sembra realmente interessato al gioco. Chiaro, stare qui è uno status symbol.

Ad un certo punto, marito mi presenta questo suo collega giornalista con il quale collabora. Lui da oggi sarà: amico che sapeva le cose. Si tratta di un grandissimo, anche in altezza, conoscitore delle cose magne, sa tutto, discerne di ogni scienza e tecnica ed è soprattutto un tuttologo politologo sociologo con uno spiccato scazzo proprio del sud Italia. Sia chiaro: è una persona brillante, piacevolissima, cui mi sono affezionata subito. Ma ha un approccio rilassato talmente elevato da sembrare in coma.

Insieme, marito e amico che sapeva le cose, formano un fastidioso duo di onniscienza molesta, insieme non ascoltano gli altri, insieme parlano solo loro, insieme fanno finta di non essere felicissimi a stare lì. La risposta è nello sport che amano. Il vero tennista non deve dimostrare felicità ma è tutt’uno con la sua racchetta, ligneo e impassibile, concentrato sulle righe, i quadrati del campo da tennis.

Sì, esatto, sono molto ridicoli. Sono convinti si tratti di uno sport maschio solo perché qualcuno mentre gioca, ogni tanto, avanza una bestemmia e, qualcun altro più audace, rompe una racchetta. È uno sport principalmente di immagine. Al centro si pone questo sportivo un po’ sbilenco che si idolatra, parla da solo, sfugge alla socializzazione. Chi ama questo sport ha chiaramente problemi a relazionarsi. Ve lo dico io che un cazzo di malato me lo sono sposato.

Dai mega campi del centrale al campetto di periferia, osservare una partita di tennis significa ascoltare un uomo, adulto, parlare da solo, urlare ed incitarsi oppure buttarsi giù, comunque vaneggiare. Tutto intorno persone che guardano. Praticamente come i panda negli zoo in Cina che provano a riprodursi in cattività con i veterinari che stanno lì ad incitare; in silenzio però, altrimenti disturbano…

Nota a margine. L’entrata nel tempio del vuoto è costata 13 euro. La birra, che mi è stata necessaria a perdere quella leggera frizione verso il luogo, ben 4 euro. Non pervenute patatine o snack. Coglioni.

ATP Roma


Previous Next

keyboard_arrow_up