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C’è un sito web poco noto, Foot Soldiers of Tennis, che racconta la storia dei tennisti che di solito vengono ignorati dal grande pubblico. Sono storie di Challenger, a volte di Futures, altre volte di debutti negli Slam. Foot soldiers significa “soldati di fanteria” ma il termine viene utilizzato spesso in un’accezione più ampia e può indicare figurativamente anche un operaio. È un sito che racconta storie spesso interessanti e nel banner in cui il nome del sito si legge a malapena per via del font troppo sottile, c’è la foto di Paolo Lorenzi. È davvero difficile trovare un tennista che aderisca meglio di Paolo all’ideale di operaio del tennis, anche se poi di solito tutti provano a smontare la metafora proletaria ricordando che Paolo è iscritto a Medicina (è figlio di un professore universitario) e che prima o poi, sebbene abbia dato solo sei esami, completerà gli studi. Ma se c’è un soldato di fanteria nel tennis, che è costretto a guadagnarsi la pagnotta con un equipaggiamento scarso, quello è sicuramente Paolo Lorenzi.

Lorenzi ormai è il tennista numero 1 d’Italia, davanti addirittura a Fabio Fognini, quello di cui si parla sempre come possibile vincitore di grandi tornei, Olimpiadi e Slam compresi. Potenza del talento, del colpire con facilità la palla e di fare gli hot shot, e pazienza se la fila per entrare nel cimitero dei tennisti dotati di talento ma sprovvisti di titoli è sempre più lunga. Paolo Lorenzi, 35 anni a dicembre, gioca un altro sport, un tennis dove si ragiona e si pensa molto e dove il braccio fa esattamente quello che ordina la testa, senza prendere iniziative. E quindi, nella notte fra giovedì e venerdì, mentre Fognini perdeva con il fantasma di Ferrer, addirittura regalandogli il primo set perso senza vincere un game, Lorenzi si prendeva la soddisfazione di battere l’ex numero 6 del mondo, Gilles Simon. E se è vero che il francese non è al meglio in quest’ultimo periodo, è vero pure che per vincere ci sono voluti cinque lunghissimi set, di cui gli ultimi due al tie-break. Ben 11 volte Lorenzi ha vinto i game in cui era al servizio il francese, ma per 8 volte ha perso a sua volta la battuta. La maratona che Paolo si è risparmiato al primo turno contro Berlocq, è arrivata con due giorni di ritardo.

Questo è Lorenzi a fine partita:

«Sono soddisfatto di aver battuto il mio record negli Slam, è una delle cose su cui ho lavorato di più ma dove i risultati non arrivavano. Quest’anno poi a Parigi ho fatto un disastro e a Wimbledon non un granché».

A Parigi, infatti, Lorenzi aveva perduto in tre set proprio contro Carlos Berlocq, la sua fotocopia sudamericana, perdendo addirittura un set per 6-0. Per uno come lui, un lottatore del campo, uscire sconfitto contro uno che gioca praticamente come lui dev’essere stata un’onta difficile da dimenticare, una partita alla quale avrà pensato ciclicamente, anche perché si trattava dello Slam giocato sulla sua superficie preferita. Ma il fato gli ha concesso la rivincita, al primo turno degli US Open. Li hanno messi sul campo 15, praticamente fuori dal Grande Raccordo Anulare del torneo americano, tanto che il campo neanche è coperto dalle telecamere. Praticamente introvabili. Ha vinto Lorenzi, e ha vinto bene: 6-4 6-2 6-1. Giustizia è stata fatta.

Non ci sono molti tennisti in top-100 con un tennis più prevedibile e noioso di Paolo. Costruito per giocare sui campi più lenti, palleggia a ritmi piuttosto bassi da fondo campo, cercando di stancare il più possibile il suo avversario, per poi sorprenderlo con delle accelerazioni estemporanee o andando a rete di tanto in tanto. Fa tutto quello che deve fare un buon terraiolo e molto spesso basta per battere i suoi avversari, per lo meno quelli con cui ha chance di giocarsela. Proprio a New York, nell’edizione 2014 degli US Open, Lorenzi è riuscito a vincere la sua prima partita negli Slam. Al primo turno ha sconfitto Yoshihito Nishioka, approfittando di un ritiro per infortunio quando era in vantaggio per due set a zero. Al quattordicesimo tentativo ce l’ha fatta, merito anche della buona sorte che gli ha riservato un tennista inferiore e inesperto, e che ha pure finito per infortunarsi.

Pochi mesi dopo, agli Australian Open 2015, Lorenzi ha vinto la sua prima partita completa negli Slam, battendo Dolgopolov per tre set a zero. Si trattava dell’ultima vittoria negli Slam fino a questi US Open, dove è arrivato in un evidente momento di fiducia, costruito soprattutto grazie alla vittoria del primo titolo ATP in carriera, vinto a luglio nell’austriaca cittadina di Kitzbühel.

Primo titolo DIDA CAMBIARE
Il più vecchio vincitore del primo titolo ATP è italiano
«Non mi interessa se sono riuscito a vincere il titolo a 34 anni, non guardo all’età: è fantastico aver vinto il mio primo torneo». Era il traguardo di quest’anno, quello di vincere un titolo, mentre il suo sogno da bambino era quello «di diventare il numero 1 del mondo, ma in pochi ci riescono». Lorenzi aveva dovuto aspettare due anni, dalla finale di San Paolo nel 2014 persa al terzo set contro l’argentino Delbonis per avere un’altra chance, ma alla fine ce l’ha fatta.

Nel crepuscolo della sua carriera quindi, il senese è diventato il numero 1 d’Italia. Da lunedì 12 settembre, Paolo sarà – almeno – numero 35 ATP, migliorando il suo best ranking (39), conquistato qualche settimana fa. Fabio Fognini e Andreas Seppi, che si sono alternati nel corso degli ultimi anni in vetta al disastrato tennis italiano, stanno attraversando un periodo di scarsa fiducia. Seppi  sembra distratto dall’imminente matrimonio, e non ne fa mistero, e sembra aver già dato tutto quello che poteva dare; Fognini si barcamena fra le solite partite in cui si sente un eroe che vince “da solo contro tutti” lottando al quinto set contro quel fenomeno di Teymuraz Gabashvili, nientemeno. E quindi dopo l’austerity di Seppi e la fantasia di Fognini è il tempo del potere operaio al governo del tennis italiano. È il tempo di Lorenzi, e pazienza per l’età.

Dopo i campi periferici, a Lorenzi toccherà il centrale o il Louis Armstrong. Giocherà contro Murray infatti, e il pubblico statunitense potrà finalmente scoprire la faccia “nuova” del tennis italiano, il premier che dice sempre la verità. «Spero di arrivare al 100% contro Murray, di godermi la partita e di vedere se lui è in giornata no». Perderà, ma solo dopo che la partita sarà finita. Non sarebbe un soldato del tennis altrimenti.

Paolo Lorenzi TennisOperaio


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