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L'ottobrata romana sa di doppio

Al mattino presto, quando incrocio la gente che porta il cane fuori di casa, serve il piumino; tre ore dopo sono in maglietta a godermi il sole: è l’ottobrata romana e per celebrarla non c’è niente di meglio di un sabato al tennis. L’occasione è la Coppa dei Castelli Romani, un torneo di doppio che si gioca al pomeriggio, sùbito dopo pranzo.

Con il risultato della prima partita ancora in sospeso, perché fra la febbre di un nostro giocatore e la pioggia del fine settimana la partita ancora non è terminata, questa volta si gioca contro l’Eur Tevere, una squadra che pare sia molto forte. L’appuntamento è alle due e mezza, ma io e Arny ci vediamo prima per scaldarci quando i campi sono deserti, ché i soci sono tutti a pranzo al ristorante, ancora all’aperto, a mangiare le loro cacio e pepe guardando un doppio che si gioca sui campi prospicienti i tavoli, ancora sprovvisti del pallone anti pioggia che verrà montato a giorni.

Palleggiamo una mezz’ora, scaldiamo le volée, proviamo le racchette. Io cerco di attivare le gambe, sempre più lente in questo periodo, e poi vado a sedermi sui gradoni della tribuna per godermi il tepore del sole. Vicino a me c’è Ivo, vecchia guardia del circolo, che come me si gode il sole nascosto dietro le lenti degli immancabili Ray-Ban a goccia.

Ivo: «De che circolo so’ questi?».
Io: «Eur Tevere».
Ivo: «Ammazza oh, questi stanno sotto a un ponte».
Io: «Eh?».
Ivo: «No no, stanno proprio sotto a un ponte: er circolo loro sta sull’Ostiense, ma proprio sotto ar viadotto della Magliana, brutto brutto brutto».
Io: «Vabbè, mai avuto il piacere. Però sono forti, dicono, dice che hanno due ex campioni italiani di doppio o non so cosa».
Interviene Franceschiello, arrivato poco prima: «Se vabbè, quei due che stava dicendo Arny? Mi padre e n’altro l’hanno battuti tipo dodici volte de fila».

Anche oggi siamo quattro contati, al posto dei dieci che dovremmo essere. Paro ha trovato un convegno a Riccione, una roba molto anni ‘80, e seguirà il match dalla chat WhatsApp. Eddy è partito con la famiglia per un weekend di lavoro, e anche per lui non c’è altro che la chat. A giocare c’è Arny, che dopo le chiacchiere dell’andata è chiamato ai fatti, poi ci sono io e infine c’è Enzo.

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Il nostro Guillermo Vilas, Franceschiello.

Ventiduenne, calabrese, già seconda categoria: Enzo è un tennista forte. Non gioca più tornei da un pezzo e si guadagna da vivere insegnando tennis al circolo, non disdegnando qualche competizione quando càpita, come quando ci ha aiutato a raggiungere la D1 quest’anno. Lo stato d’animo che contraddistingue Enzo meglio di tutti gli altri è quello della calma. Ha sempre l’aria assonnata, parla muovendo le labbra giusto il minimo, forse proprio perché non conosce altra maniera per produrre suoni, è perennemente abbronzato e cammina sempre con un passo molto lento, dinoccolato, dovuto probabilmente alla sua altezza che supera il metro e novanta. Non gli riesce di fare le cose di fretta. Anche in campo, non si lascia mai andare a gesti di rabbia, di frustrazione o di esultanza. Quando si muove, è per correre dietro la pallina, altrimenti sta fermo.

Della formazione si occupa Arny, che confabula con Franceschiello, ventenne ma esperto, a quanto pare. I due scelgono di fare due coppie miste, ovvero non schierano Enzo e Franceschiello assieme, che batterebbero chiunque, ma preferiscono mischiare le carte. Quindi Enzo gioca con me e Arny gioca con Franceschiello.

Ci tocca il campo 2, quello più lontano dalle tribune, dove si radunano i soci del circolo che hanno appena finito di pranzare per guardare il match di cartello (!), quello con in campo Arny e Franceschiello. Io, Enzo e i nostri avversari, cerchiamo di scaldarci con le tre Tretorn che ci ha dato il circolo, passando dieci minuti più a raccogliere che a colpire. Io mi sento in palla, e poi gioco con Enzo, posso soltanto star tranquillo.

Enzo ha una palla molto potente, sia di dritto che di rovescio, che gioca a due mani, ma soprattutto ha un servizio che è ai livelli dei professionisti: se entra la prima palla serve almeno un seconda categoria buono per rispondere, figuriamoci se riusciranno a farlo i nostri avversari, due terza categoria che sembrano toccare bene la palla da fondo rete, uno, e regolari da fondo campo, l’altro, molto muscoloso.

Iniziamo e andiamo sùbito 3-0. Quando Enzo serve io devo fare solo due cose: tenere il punteggio a mente e schiacciare qualche ribattuta alle sue prime o seconde palle che vagano nei paraggi della rete. Rispondiamo entrambi molto bene e non abbiamo problemi a salire 5-0. Nonostante il mio compagno sia il più forte dei quattro in campo, è palesemente fuori palla. «Servo alto sul rovescio», mi dice. E poi gli esce una prima piatta al centro. Riesce a perdere il servizio, ma chiudiamo poco dopo per 6-1 il primo set. Ci fermiamo un attimo a vedere l’altra partita, che sembra molto combattuta, almeno a “sentirla”. Franceschiello urla, si dispera perché non riesce a essere onnipresente in campo, visto che si è auto proclamato padrone della sua metà campo, compresa la striminzita porzione che concede ad Arny. Guardiamo degli scambi in cui Franceschiello corre a destra e a sinistra, volleando da una parte e correndo dall’altra per intercettare la ribattuta. Ad un certo punto, addirittura, i piedi di Arny sono fuori dal corridoio mentre Franceschiello gioca.

Arny è un over 50, è bravo a giocarsi le sue partite di singolare grazie alla sua incorruttibile regolarità da dietro, con cui addormenta le partite alternando i rovesci in back al dritto in top. Ha una palla un po’ leggera per la terza categoria, almeno in doppio, una specialità in cui occorre rispondere con forza perché a rete le volée le giocano quasi tutti bene. Senza rovescio coperto è dura fin dalla risposta. E infatti perdono il primo set per 6-4.

Noi torniamo a giocare questa partita che non è mai cominciata. Quando il loro giocatore muscoloso serve da destra una prima indirizzata al centro, alla “T”, io blocco il polso con il rovescio e muovo solo l’avambraccio: ne esce una risposta di rovescio ad uscire imprendibile, con traiettoria dritta che lascia la palla a metri dal giocatore che aveva seguito la prima a rete. Anche Enzo, che è tipo di poche parole, si gira sorridendo e mi fa i complimenti.

Oramai siamo col pilota automatico, quando servo io Enzo allunga le braccia tipo airone e chiude volée con una facilità che viene voglia di imitarlo. Io mi limito a essere solido da dietro, mi riesce praticamente tutto e non mi meraviglio quando da sinistra, su un attacco in backspin profondo indirizzato sul mio rovescio, mi posiziono bene con i piedi e lascio partire un rovescio lungolinea passante che finisce pochi centimetri dentro la riga. «Eh be’», dico io. «Allora lo sai fare veramente», dice Enzo, sorridendo ancora. Saliamo sul 5-0. Enzo perde il game al servizio e loro riescono a vincerne un altro. Siamo sul 5-2 e tocca a me battere.

«Occhio che se perdiamo questo game abbiamo perso il set», mi dice Enzo con aria seriosa.
«Non dire cazzate», replico io.

Giochiamo un game ordinario e fra risposte sbagliate, prime vincenti e volée chiuse in maniera agevole sotto rete da Enzo, chiudiamo la partita. Prendiamo i complimenti e ci precipitiamo a vedere l’altro match, quello che potrebbe darci la vittoria. Arny e Franceschiello hanno appena vinto il secondo set per 6-0, sarà il super tiebreak del terzo set, giocato sulla distanza dei dieci punti, a decidere la partita.

Dopo qualche punto giocato mi rendo conto che questo non sembra un match di doppio: Franceschiello si è praticamente preso la scena e vuole vincere da solo. Ha relegato Arny al minimo sindacale, gioca le volée ovunque, e va a rete fin dalla risposta. Gli avversari sono fomentati, sono riusciti a far scendere Francesco di livello e ne risulta un tiebreak molto equilibrato e divertente. L’Eur Tevere sta sempre avanti e riesce a salire sull’8-5, con due servizi a disposizione.

«Daje, recuperamo ‘sti due punti in battuta, poi battiamo noi ed è fatta», riassume Franceschiello ad Arny, che invece si lamenta del suo rovescio. Si dice che a volta basti dire qualcosa a voce alta per renderla reale, e in effetti i nostri recuperano i due minibreak: 8-7 per l’Eur Tevere. Battiamo noi, 9 a 8, è matchpoint. Tutto sembra andare come da profezia, ma poi succede questo:

Matchpoint fallito, perché Arny era rimasto probabilmente bloccato sul GRA, nonostante Franceschiello lo chiamasse a sé vicino la rete. In doppio è sempre meglio stare con i piedi dentro il campo durante la fase di gioco, perché se l’avversario mette la volée negli ultimi dieci centimetri di campo è bravo lui, altroché. Il match point fallito non demoralizza Franceschiello e Arny e alla fine i due punti seguenti sono nostri, abbiamo vinto. Mi defilo volentieri dal terzo doppio, chiedendo a Enzo di sacrificarsi in onore della famiglia, la mia. Lui si presta volentieri, almeno fino alle 17 e 50, «ché poi ho lezione». Gioca Arny con lui, io mi sistemo in tribuna vicino a Ivo.

«Sembrano bboni ‘sti due», fa Ivo. «Se erano bboni li mettevano prima, no? Almeno così diceva il mio allenatore quando giocavo a calcio e gli avversari facevano le sostituzioni nel secondo tempo». Guardo due game, li vinciamo noi. Lascio il circolo e a casa apprendo che l’ultimo doppio l’ha vinto l’Eur Tevere per ritiro, anche se erano in vantaggio sul 7-5 1-3. Enzo è andato a fare lezione di tennis.

Mercoledì si recupera la partita interrotta per pioggia all’esordio contro il Forum, sabato si va in trasferta al Fioranello, fuori dal GRA e quindi proprio ai Castelli. Basta una vittoria per accedere al tabellone finale.

Coppa Castelli


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