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La partita più brutta dell'anno

In un assolato pomeriggio romano Sascha Zverev gioca nella sua Nextgen Arena contro Kevin Anderson, uno che la sua gen è già molto past se non gone. Va molto di moda dire che questo stadio smontabile è molto brutto, di certo neanche il posizionamento di una delle statue storiche del luogo, un figuro con l’arpa, riesce a dare un’anima al campo più importante dopo il centrale. Ma a noi importa del tennis, in campo c’è un futuro campione e noi vogliamo sederci a pochi metri da lui per ammirarne i colpi e raccontare un giorno, quando dominerà il circuito, che noi c’eravamo, ah se c’eravamo a Roma a vederlo!

Intanto, mentre si concludono i primi game, la partita non decolla – diciamo così. Sascha ha molte difficoltà a condurre un match che il pronostico lo individua come facile vincitore. D’altronde, se Zverev non vuole diventare il nuovo Dimitrov è ora che inizi a raggiungere qualche piazzamento importante senza perdere tempo contro tennisti sul viale del tramonto. Faticare sul rosso contro Kevin Anderson, questo Kevin Anderson, non è cosa da giocatori che si faranno.

Il futuro campione infatti risponde alla prima palla del servizio del sudafricano giusto in braccio al giudice di linea, ad almeno quattro metri dalla linea di fondo campo. Sulla seconda palla guadagna un metro. Il match è spezzettato, i due non riescono a imbastire nessuna trama di gioco, e noi siamo confusi: chi sta giocando meglio? Chi sta conducendo il gioco? Non troviamo risposte. Si gioca sui servizi, pochi aces ma molti vincenti, e sulle risposte, spesso fuori di metri.

Generatore automatico di game con Anderson al servizio:
Punto con risposta di Sascha sbagliata. Ace. Gratuito di Anderson su risposta di Zverev. Servizio vincente di Anderson. Scambio di tre colpi con palla del tedesco fuori di due metri in lunghezza: gioco Anderson.

Generatore automatico di game con Zverev al servizio:
Risposta sbagliata di Anderson su seconda palla aggressiva. Scambio di 6 colpi, Anderson effettua una smorzata incrociata di dritto che rimbalza un metro prima della rete. Servizio in campo, Anderson risponde lungo di due metri. Scambio: Sascha prova il vincente ma il dritto finisce sui teloni. Prima di servizio vincente: gioco Zverev.

La partita si svolge grossomodo così, con i break che arrivano casualmente, senza che nessuno dei due provi a correlare il punteggio a un reale dominio di gioco espresso. Un primo break dà il primo set a Zverev, che va in vantaggio 6-4, e un altro break consente al sudafricano di pareggiare, sempre per 6-4. Il biondo africano quando vince il set urla di rabbia verso una zona insignificante del campo anche se ce l’ha con Layhani, l’arbitro, che gli ha mal giudicato – sostiene Anderson – un punto che lo avrebbe mandato a setpoint sul 5 a 3.

Il tifo è tutto per Sascha, d’altronde questo qui è che quello che vincerà gli slam diventerà numero 1 e chissà cos’altro. Qualcuno tifa Kevin Anderson, e sebbene la legge Basaglia sia stata colpevolmente abolita, viene da chiedersi se non sia più odio per l’altro, che in molti già hanno bollato come pallettaro – non che lui faccia qualcosa per non rafforzare questa idea. Forse, da Zverev, si aspettano tocchi pregiati e delle volée, anticipi piatti e genialità diffuse, ma la manina non sembra proprio avvezza ai tocchi morbidi e la testa è molto tedesca.

dida
La vedremo mai piena un giorno?

L’alienazione di chi assiste al match aumenta man mano che il tempo scorre, almeno così dice il cronometro, perché noi della tribuna ci sentiamo ostaggi. Guardiamo l’orologio ma non troviamo conforto. Vorremmo che il match scorresse davanti ai nostri occhi in timelapse, e mentre guardiamo i loro errori copiosi animare il tabellone elettronico del punteggio ci chiediamo perché siamo venuti a vederli, in questa Arena sempre mezza vuota e dove anche la statua posticcia, gliel’avessero chiesto, non sarebbe mai venuta.

Per quanto possibile il match diventa ancora più brutto. Il vento sposta le nuvole e dà sollievo in questo maggio che è più luglio che altro, ma sposta pure la pallina a due che già faticano a metterla in campo cinque volte di fila. Non tifiamo per nessuno, non diamo credito ad Anderson quando ha la palla per andare in vantaggio 3-1 al terzo, magari lo strazio finisce. Macché, continua. Palla break Zverev questa volta: dritto fuori di metri. «Non ci credo, non ci credo», dice un suo tifoso seduto vicino a noi. Altra palla break: dritto lungolinea di manovra largo di mezzo metro. Il tifoso si arrabbia: «Mortacci tua Sascha, mortacci tua» Altra palla break. Sempre il tifoso: «Nau sascia, nau», ma poi vira subito sull’italiano, ché non vuole farsi sentire che un po’ è arrabbiato con lui: «Entra in campo però, giochi a 40 metri dalla rete!». Ha ragione il tifoso, nella zona di campo in cui gioca Sascha non sarà mai in grado di prendersi tanti punti. Fortuna che c’è Anderson. Break.

Gli animi si sopiscono man mano che il punteggio scorre. Applausi fiacchi, mosci, di chi pensava di vedere chissà cosa e invece si è ritrovato spettatore della partita più brutta dell’anno. Il match diventa talmente grottesco che si tifa per l’errore grossolano. Se Anderson sotterra una volée di livello circolo la gente ride e si rianima. Ma la reazione dura un attimo, è un evidente gesto premeditato, non c’è spontaneità. Alla fine, nella sua Arena, vince il giovane Zverev, il nome che farà vendere qualche biglietto in più e che oggi ci ha fregato, convincendoci a vederlo dal vivo. Accettiamo la sua vittoria, se non altro perché ci riconsegna alla libertà. Sarà per questo che il pubblico ora applaude con convinzione.

ATP Roma 2017


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