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Otto domande a Wimbledon

1) Federer è davvero il favorito?
Per i bookmaker il favorito è lui. Lo pagano a 3.50, davanti a Murray quotato a 4, Nadal a 5.50 e Djokovic a 6. E se le quote cambiano a seconda di dove si preferisce scommettere, la griglia dei favoriti non può che essere questa. Il cammino di preparazione a Wimbledon da parte di Roger Federer è stato perfetto: ha perso al primo turno a Stoccarda contro Haas, facendo preoccupare i suoi fan, e poi ha vinto facilmente il torneo di Halle, rassicurandoli. Avesse vinto fatto la doppietta in Germania forse sarebbe arrivato a Wimbledon con l’aurea dell’imbattibilità. Stoccarda gli ricorderà che le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Ma sono comunque tornei di preparazione, e cioè tappe in cui si tasta la condizione fisica ma soprattutto quella tecnica, perché l’erba rimane l’unica superficie in cui i campioni devo necessariamente cambiare qualcosina del proprio gioco. Federer riesce meglio di tutti a gestire i rimbalzi bassi dell’erba: li legge alla perfezione, capisce perfettamente quando la palla schizzerà via o quando arriverà pesante, e di conseguenza aggiusta l’esecuzione dei suoi colpi manovrando con il polso. Ma se sul lato tecnico non è una novità che il divino eccella a Londra, le conferme sono attese sul lato fisico. Federer dovrà dimostrare di reggere la condizione mostrata ad Halle sulla lunga distanza e nel breve periodo. Un anno fa, a Londra, si salvò contro Cilic e pagò forse le fatiche dei cinque set contro il croato due giorni dopo, quando perse contro Raonic. Gli Australian Open hanno risposto a questa domanda, e quindi: chi può battere Roger Federer a Wimbledon? Considerato come stanno messi gli altri la risposta non può che essere: praticamente nessuno.

2) Ci sono dei veri candidati alla vittoria finale oltre ai primi 4?
Fuori dai soliti noti, Fab o come volete chiamarli, come al solito non c’è granché. Del resto se dalla prima vittoria di Nadal a Parigi, un’era geologica fa, solo in due occasioni non ha vinto uno dei primi 5 del ranking ATP diventa difficile sperare che le cose cambino proprio a Wimbledon, il torneo più conservatore di tutti, quello meno predisposto alle novità. Tutto questo per dire che non spenderemmo il classico fiorino bucato sul finalista dell’anno scorso, Milos Raonic, che ha appena perso contro un, speriamo, ritrovato Kokkinakis al Queen’s, e che tra infortuni vari sembra proprio non riesca a fare l’ultimo ma enorme salto di qualità. Thiem sembra ancora non essersi ripreso dalla batosta di Parigi e ha vagato sull’erba tedesca e turca prendendo una scoppola nientemeno che da Ramkumar Ramanathan, figuriamoci. Il giovane Zverev ha anche lui appena saggiato cosa è capace di combinare Federer se appena appena trova la giornata che ha voglia. Insomma, inutile girarci attorno: come sempre siamo nelle mani di Nick Kyrgios, l’unico che ha il gioco, la personalità, la sfrontatezza di poter mettere in fila tutti quanti. Avrà anche la voglia?

Da quest'anno anche il Court 1 sarà coperto.
Da quest’anno anche il Court 1 sarà coperto.

 

3) Murray ci tradirà di nuovo?
Doveva essere il suo anno. La lunga rincorsa coronata dalla vittoria alle Finals, pur sempre un titolo mai raggiunto da Nadal, contro un Djokovic ancora tutto sommato decente; Federer e Rafa lontani da mesi e in classifica; Next Generation in perenne attesa; Wawrinka che è al massimo si prende uno Slam e poi basta. E invece è arrivato il calo di Murray, chissà perché ancora più imprevisto di quello di Djokovic. In fondo i due sono coetanei e se il serbo può accampare il senso di appagamento come giustificazione lo scozzese a cosa mai può appellarsi? Eppure è la solita storia, si guardano soltanto i vincitori e non ci si accorge che mentre a loro spettano i flash i perdenti, che nel tennis altro che così perdenti non sono mai, fanno la stessa fatica, coltivano le stesse ambizioni, tornano a casa con la stessa stanchezza e con infinite frustrazioni in più. Se poi non sei uno tutto tennis e casa come quei tre fenomeni, ma hai più di un occhio sul mondo che ti circonda, dall’indipendentismo alle prese di posizione contro le idiozie omofobe – no, Andy non è un opportunista che dice “parliamo di tennis” – è facile che a trent’anni succeda quello che succede a tutti i trentenni normali: ma davvero devo continuare a fare sta roba qui? Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi: un solo torneo vinto – e salvando vari match point – la semifinale di Parigi e praticamente nient’altro. Si credeva che l’erba potesse dare qualche segnale e invece al Queen’s è riuscito a perdere da un lucky loser, cosa che era riuscita solo a due numeri 1 prima di lui. È ancora primo perché Nadal partiva da lontanissimo e Federer si è messo a fare come Serena Williams, ma adesso sta per suonare l’ultima campana. L’anno scorso a Wimbledon non vinse, dominò il torneo, quest’anno chissà. A differenza di Federer, che perde solo con gente fuori dai primi 115 ATP, Murray ha perso con tutti, forti e deboli. Non con i fortissimi a dire il vero, ma perché non è mai arrivato ad incontrarli. Nonostante tutto Andy rimane il vero ostacolo di Federer verso l’ottavo titolo. Pensate come stanno messi gli altri.

4) Quali sono i primi turni più difficili per i favoriti?
Il ritiro di Cuevas ha fatto entrare tra le teste di serie Fernando Verdasco, ormai confinato a ruolo di mina vagante del primo turno – chiedere a Nadal e Zverev.  Ma ci sono un bel po’ di nomi interessanti che possono dare fastidio ai favoriti già dal primo turno, più o meno quelli di ogni anno: c’è Bernard Tomic, che a dire il vero non azzecca una partita buona da parecchi mesi, i tedeschi Philipp Kohlschreiber e Florian Mayer, il sempreverde Nicolas Mahut e poi altri buoni tennisti come Jiri Vesely, Kevin Anderson, Dustin Brown, Thanasi Kokkinakis e Alexander Dolgopolov. Dalle qualificazioni, poi, potrebbero arrivare altri pericoli, anche perché si tratterà di buoni tennisti che avranno già tre partite sulle gambe, di cui una al meglio dei cinque set. Al terzo turno cominceranno a incrociarsi (in via teorica) le teste di serie. Per i primi 8, che verranno accoppiati alle teste di serie comprese tra la venticinquesima e trentaduesima posizione, i nomi da evitare sono tre: Karen Khachanov, semifinalista ad Halle, Juan Martín del Potro (vero, Stan?) e Mischa Zverev.

Nelle ultime 14 edizioni Federer è arrivato in semifinale 11 volte.
Nelle ultime 14 edizioni Federer è arrivato in semifinale 11 volte.

5) Cosa dobbiamo aspettarci da Kyrgios?
Croce e delizia, ma più spesso croce. Nick è chiaramente il più forte del mazzo che verrà e anche oggi sembra sempre che la partita dipenda da lui e non dall’avversario. Il problema è che lui sembra essere più come Murray che come quegli altri tre e quindi è perso dietro i suoi dubbi che a volte devono sembrargli irrisolvibili. Chissà se lo tranquillizzerebbe sapere che in effetti lo sono, irrisolvibili. Tutti facciamo quello che ci è capitato di fare e seppure passare il tempo in mutande con un racchetta in mano e a replicare a chi chissà cosa vuole da te non deve essere il massimo della vita, ci sentiamo di garantirgli che c’è certamente di meglio ma anche molto, molto di peggio. Nick sulla terra non si è allenato perché altrimenti sporcava i tappetini dell’auto e sull’erba si è ritirato dopo un set in cui aveva perso solo 5 punti alla battuta perché “non ne valeva la pena, magari mi facevo male”. Non sappiamo se augurargli che l’aria di Wimbledon, che per lui potrebbe essere insopportabile, lo induca a qualche sforzo in più o che rimanga se stesso, più interessato ai fatti suoi che a vincere un inutile torneo. Abbiamo già detto che se sorpresa ci sarà, sarà lui a provocarla e se il torneo si giocasse su tre partite forse non ci sarebbe storia. Alla quarta c’è sempre il rischio che sia già stufo. Ma se c’è uno che può far saltare il banco ed evitare l’annunciatissima Federer-Murray (tabellone permettendo) non può essere che lui.

6) Quali sono le tenniste che rivedremo dopo tanto tempo in uno Slam?
Wimbledon è quello Slam dove è più difficile improvvisarsi campioni: non puoi fingere di saper giocare sull’erba. È giusto allora tenere d’occhio quelle giocatrici che a Wimbledon fanno il loro rientro e che sanno dove stanno giocando. Torna Victoria Azarenka, che ha scelto l’erba per rientrare alle competizioni dopo lo stop-maternità che l’ha tenuta fuori dal circuito proprio quando sembrava poter dominarlo, dopo la doppietta Indian Wells-Miami dell’anno scorso. Azarenka è un ex semifinalista di Wimbledon, risultato che ha raggiunto nel 2011 e nel 2012. Torna anche Sloane Stephens, reduce da un infortunio che non le permette di giocare da quasi un anno, quando proprio a Wimbledon in epico match contro Kuznetsova avvertì un fastidio al piede, che poi la costrinse ad operarsi. L’americana, quartofinalista nell’edizione del 2013, nel frattempo ha trascorso il tempo commentando qualche evento per Tennis Channel, aspettando il momento adatto per il rientro. Un altro dei ritorni più attesi è quello di Sabine Lisicki, anche conosciuta come colei-che-elimina-la-vincitrice-del-Roland-Garros. La tedesca, per ben quattro volte consecutive dal 2009 al 2013 (saltando il 2010 per infortunio), ha sconfitto la campionessa in carica del torneo di Parigi (in ordine Kuznetsova, Li Na, Sharapova, Williams). Lisicki ha anche collezionato nel palmarés tre quarti di finale dei Championships, una semifinale ed una finale, occasionissima persa peraltro contro Marion Bartoli. Ultima giocatrice a tornare usufruendo del ranking protetto è Magdalena Rybarikova che, sì, ha soltanto una volta passato il primo turno a Wimbledon, ma è un’esperta conoscitrice dei campi in erba. La slovacca è tornata a pieno regime a febbraio. In questo 2017 sull’erba ha vinto due titoli ITF e raggiunto la semifinale di Nottingham. Anche lei può essere una mina vagante.

L'ultimo Slam giocato da Victoria Azarenka è stato il Roland Garros 2016.
L’ultimo Slam giocato da Victoria Azarenka è stato il Roland Garros 2016.

7) Chi sarà la numero 1 alla fine del torneo femminile?
Con i punti della finale dell’anno scorso che stanno per scadere, con tutta probabilità Angelique Kerber perderà lo scettro della prima posizione del ranking mondiale. Poteva accadere a Parigi, ma Karolina Pliskova ha perso ad un passo dal riuscirci, in semifinale contro Simona Halep, che anche lei poteva conquistare la vetta se solo non si fosse fatta spaventare dall’essere la favorita di una finale che la vedeva contrapposta ad una giovane lettone che sparava vincenti come se non si giocasse su terra ma a Wimbledon, per l’appunto. Ed è proprio questo terzetto di giocatrici, Kerber-Pliskova-Halep, tutte impegnate ad Eastbourne, che si giocherà lo scettro. Molto probabile che alla fine delle due settimane a Church Road sia la ceca a conquistare la prima posizione, visto che difende soltanto i punti di un secondo turno dell’anno passato. Pliskova ha il servizio più forte del circuito al momento, detiene infatti il record di ace messi a segno in questo 2017, ed è anche la favorita del torneo. Halep deve ancora smaltire la delusione di aver perso la seconda finale del Roland Garros: la romena ha accettato una wildcard nel torneo di Eastbourne per giocare almeno un torneo di preparazione, ma è improbabile che riesca a superare la frustrazione e ripresentarsi come la più forte. Kerber può soltanto godersi le ultime settimane in vetta che le mancano perché è sotto gli occhi di tutti che il suo gioco non è lontanamente vicino a quello che appena un anno fa le ha fatto raggiungere la vetta del ranking. A Wimbledon probabilmente uscirà anticipatamente, resta solo da capire quando.

8) È arrivata l’ora di Petra Kvitova?
A tutti piacciono le coincidenze e alle coincidenze piace occorrere. 2011 e 2014 sono i due anni in cui Petra Kvitova ha dimostrato al mondo di poter essere ingiocabile sui campi in erba, conquistando così due “Venus Rosewater dish”, com’è chiamato il trofeo del torneo femminile. Nel 2017, come amano dire i cronisti sentimentali, la mancina ceca ha già vinto la partita più grande: a sorpresa è tornata a giocare (e vincere!) al Roland Garros dopo l’orribile aggressione in casa di sei mesi fa che è le è costato un infortunio che poteva essere irrecuperabile alla mano sinistra. Nessuno dovrebbe aspettarsi da una giocatrice che fino a qualche mese fa non sapeva nemmeno se sarebbe mai potuta tornare a giocare, o se avrebbe mai riacquisito sensibilità alla mano con cui tiene la racchetta, che vinca Wimbledon dopo nemmeno aver giocato tre tornei; ma se Petra torna sull’erba di Birmingham e vince il torneo come se non fosse mai stata assente allora qualche speranza è obbligatoria. In più, assieme a Venus Williams è l’unica tra le 128 partecipanti ad aver già vinto Wimbledon. Senza Serena Williams e Maria Sharapova, non è così insensato pensare che Petra possa stupire tutti ancora una volta.

 

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