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3 finali per Wimbledon

Inizia Wimbledon e soprattutto fra i maschi non sappiamo cosa augurarci per il bene tennis. Il 2017 ci ha riportati indietro nel tempo, all’epoca della diarchia Nadal-Federer: Roger è tornato dopo sei mesi di pausa e ha vinto gli Australian Open battendo Nadal in finale; lo spagnolo ha vinto per la decima (!) volta il Roland Garros con estrema facilità qualche mese dopo. Il tutto come una volta e sotto gli occhi di Murray, numero uno del mondo, e di Djokovic, uno che pure ha vinto 12 Slam e sembrava determinato a scavalcare se non Federer (18) almeno Nadal (15) nella classifica dei titoli maggiori.

E allora, quando il primo lunedì di Wimbledon scenderà in campo proprio il campione in carica, quel Murray capace non solo di vincere il torneo 2016 ma di dominarlo, bisognerà chiedersi: qual è il finale migliore che dobbiamo augurarci per rendere storica questa edizione di Wimbledon? Abbiamo poche opzioni.

Prolungare la sospensione della realtà
Questo significa sperare che Roger Federer riesca a vincere ancora una volta questo torneo – sarebbe l’ottava – per fare in modo che la favola vissuta in Australia trovi il sequel a Londra, nel torneo che più ama e che più esalta le sue caratteristiche tecniche. Il sorteggio, che ha posizionato la testa di serie numero 3 dalla parte di Djokovic e nel quarto di finale di Raonic (che lo batté in semifinale nel 2016), ha tracciato la rotta per la finale che tutti vorrebbero: Federer contro Nadal. Ma arrivare a vedere questa partita sarà molto difficile.

«Io amo questo torneo e mi piace molto giocarlo. Però Wimbledon è lo slam più pericoloso durante i primi turni, si può perdere molto facilmente e molto velocemente»

Sono parole di Rafael Nadal, che negli ultimi anni a Wimbledon è riuscito a perdere contro Rosol, Kyrgios e Brown, gente classificata fuori dalla centesima posizione mondiale. Nel 2016 non giocò per un problema al polso che lo costrinse al forfait dopo che si ritirò anche alla vigilia del terzo turno del Roland Garros, quest’anno Rafael torna a giocare a Londra senza neanche aver giocato in precedenza un torneo su erba. Nadal, dopo aver vinto il torneo di Parigi, ha scelto di ritirarsi da quello del Queen’s. «Devo far riposare il fisico» ha detto, scegliendo di emulare Federer che ha scelto di saltare tutta la stagione su terra battuta per arrivare tirato a lucido proprio a Wimbledon. Almeno Rafa giocherà a Londra, torneo che ha vinto ogni volta che a Parigi ha vinto senza perdere set (come quest’anno…), e chissà che non trovi ispirazione e motivazione per arrivare in fondo se riuscirà, come lui stesso ha sottolineato, a superare i primi turni, quelli a lui più ostici perché l’erba è ancora verde e i rimbalzi ancora bassi e veloci.

Rafa che si allena
Rafa che si allena sotto lo sguardo di zio Toni per l’ultimo anno nel circuito: i due si separeranno a fine 2017

La restaurazione (o la fine della?) 
Federer e Nadal si sono ripresi il tennis: Roger ha vinto tre tornei su quattro disputati sul cemento, Nadal quattro su cinque giocati sulla terra. Dominio assoluto, mentre Murray e Djokovic hanno fallito tutti gli appuntamenti della prima parte della stagione. Dovranno necessariamente riprendersi, dicevano gli addetti ai lavori alla vigilia del Roland Garros. Che infatti li ha visto raggiungere i loro picchi stagionali: semifinale per Murray, battuto da Wawrinka, quarti di finale per Djokovic, sconfitto contro Thiem. Entrambi frenati da infortunio al gomito destro nei primi mesi del 2017, i due arrivano a Wimbledon chissà con quali aspettative. Murray lamenta un problema all’anca ma l’erba lo esalta. Nessuno risponde come lui a quei rimbalzi bassi, sotto rete la sua mano sa farsi valere e poi è un torneo che ha vinto già due volte. L’unico Slam che ha vinto due volte.

Djokovic, invece, ha dovuto addirittura chiedere una wildcard al torneo 250 di Eastbourne, tornando a giocare una gara di preparazione a Wimbledon dopo molti anni. E meno male che ha vinto il torneo, battendo Monfils in finale. Arriverà a Wimbledon con chissà quali figuri nel suo box, visto che licenzia e assume con frequenza settimanale. Licenziato tutto lo staff storico, coach Vajda, quello del passato recente, Boris Becker, Novak ora sta provando a collaborare con Andre Agassi e ha annunciato che a Wimbledon lavorerà con il croato Mario Ancic, anche lui ex professionista. Definirlo confuso sarebbe dire poco, probabile che quando uscirà battuto dal torneo prima della semifinale l’unico a sorridere sarà Pepe Imaz, l’ex tennista professionista diventato guru e che sorride fisso nel box di Novak quando il suo assistito perde in campo.

Augurarsi che uno di questi due vinca il torneo significherebbe riportare il tennis dov’era, ai tempi della diarchia Murray-Djokovic, che comunque è la successione naturale al Fedal, l’emblema del power tennis tutto basato sul contrattacco, sull’unificazione degli stili di gioco e che, necessariamente, troverà nuovi alfieri con il calo fisico dei migliori, tutti diventati trentenni nel frattempo, e con la paziente attesa dei nuovi talenti.

All England Lawn Tennis Club
All England Lawn Tennis Club

Il colpo di stato
E cioè che a vincere il torneo sia un nome nuovo. Ma prestiamo attenzione alle parole che Federer ha pronunciato nella conferenza stampa pre-torneo:

«Thiem, Nishikori, Raonic e Dimitrov sono giocatori che si sono comunque affermati anche se capisco che non hanno vinto come noi. È vero che Wimbledon ha praticamente gli stessi vincitori da anni e sì, non li vedo favoriti per questo torneo anche se le cose possono cambiare in fretta»

In pratica Federer non concede speranza a questi quattro giocatori, i più forti dopo il quartetto dei Fab Four, accomunati dal fatto di aver fallito sempre la prova del nove. Thiem, il nuovo King of clay quando smetterà Nadal, si è arreso in semifinale al Roland Garros di fronte allo spagnolo senza neanche dare l’idea di poter fare partita; Nishikori ha perso l’occasione della vita agli US Open 2014 e da lì la sua carriera è stata un’alternanza di infortuni e quarti di finale, semifinali quando è andata bene; Raonic, che pure ha raggiunto una semifinale in Australia e la finale proprio a Wimbledon 2016, è di nuovo in balia del suo fisico, inadeguato allo stress dei livelli di vertice; Dimitrov, l’emblema della lost generation, colui che pure a gennaio aveva perso al quinto set la semifinale degli Australian Open contro Nadal illudendo tutti che fosse l’anno buono, si è perso di nuovo. Questi giocatori, cui includiamo Kyrgios che si annoia dopo tre, quattro giorni di fila di buon tennis, non hanno la tempra per arrivare in fondo con le proprie forze. Servirà necessariamente l’aiuto esterno, la sorpresa, per fare in modo che ci ricorderemo di uno di questi nomi a fine torneo.

E allora, come finirà?

Rispondiamo prendendo in prestito le parole di Roger Federer alla vigilia del torneo:

«Murray? Dipende da quanto sta bene, se sta bene è uno di quelli che fatica meno qui la prima settimana e io credo che insieme a Rafa e a Novak siano i giocatori più difficili da battere»

Il tennis del 2017 non riesce a fare a meno dei Fab Four, e se questo è un bene per lo spettacolo, per gli spettatori e per l’allargamento della platea di questo sport, non è un bene per il tennis. Non sono pochi gli spettatori maschili che iniziano a seguire con maggior attenzione il tennis femminile, perché la vittoria di uno Slam è alla portata di almeno una decina di giocatrici e perché il ranking varia di continuo, anche per quanto riguarda la posizione numero uno. Invece, fra i maschi, abbiamo numeri uno per anni, soliti vincitori per decenni. A Wimbledon chiediamo, se non di portarci nel futuro, almeno di riportarci nel presente. Archiviamo il passato, per buona pace di Federer e dei suoi tifosi.

Wimbledon 2017


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