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La partita che non c'è stata

La notte calata su Melbourne ha chiuso una serata che il tennis non dimenticherà. Era stato un torneo magari non deludente ma certo non appassionante come quello dello scorso anno, con due semifinali disastrose e con il solo Federer a tenere desta l’attenzione, via via che si eliminavano i protagonisti più attesi, da Kyrgios a Djokovic, da Dimitrov a Nadal. Ma quello che abbiamo visto stasera ci ripaga ampiamente di due settimane sonnecchianti; e se Federer ci costringe a inventarci nuove parole per evitare di ripetere sempre gli stessi stanchi entusiasmi ovviamente la sorpresa è stato Marin Cilic, giocatore che sembrava aver ballato per una sola settimana e che anche la finale di Wimbledon – un po’ casuale, come casuale era in fondo stata questa –  non aveva convinto a inserire tra i grandi di questa epoca. Chissà se dopo questa sera si faranno discorsi diversi o si invocherà l’eccezionalità di un’altra serata di grazia – oh quanta – magari al primo intoppo in un qualsiasi 1000. Certo è che il croato di Medjugore – e di dove sennò? –  ha mostrato un tennis appassionante, costringendo il re dei re a fare appello a tutto il suo infinito repertorio. È venuta fuori una partita di rarissima bellezza, mai messa in ombra dalla terribile violenza di certi scambi, che anzi finivano con l’apparire funzionali all’andamento del match, messi lì per mostrare la delicatezza dei due. E, di nuovo, se per Federer non c’era nessuna novità, è difficile descrivere il piacere seguito alla sorpresa nel constatare che Marin Cilic era altro che un picchiatore tutto servizio e dritto. Beati coloro che c’erano e beati coloro che videro, perché chissà quando ci ricapiterà.

Che fosse una serata particolare si è capito abbastanza presto, perché tutti si aspettavano una partita dominata dai servizi, decisa da piccoli passaggi a vuoto e invece i primi quattro game sono stati un festival di dropshot e dritti strettissimi che costringevano ora uno ora l’altro a giocare in zone di campo insolite. Per ben tre volte, addirittura, i due cercavano – e trovavano – il colpo ad aggirare il paletto, unica soluzione per chiudere il punto. Al termine di questo inizio scoppiettante era il croato a trovarsi avanti per 3-1 con Federer sovranamente indispettito per cotanto oltraggio. E infatti lo svizzero cambiava addirittura marcia proprio quando Cilic andava a servire per il primo set. Marin riusciva nell’impresa di giocare solo prime, cambiando sempre angolo ma Federer sembrava un rappresentante nell’atto di mostrare i suoi gioielli: prima una risposta bloccata di rovescio, poi un terribile dritto tra i piedi del croato, quindi ancora un dritto e per finire un clamoroso rovescio in top dopo uno scambio in cui non gli erano bastati né un dropshot né un lob per costringere alla resa Cilic. Sfiancati dalle corse i due si avviavano al tiebreak, ma di nuovo Federer non era d’accordo: un chip-and-charge, parente stretto della famigerata SABR, chiudeva così il primo set con il croato che non credeva ai suoi occhi: aveva giocato un tennis perfetto per un’ora e si trovava sotto di un set dopo aver perso quattro game di fila.

Per Federer è la trentesima finale in uno Slam. Ovviamente è record

In apertura tutti dicevano che se volevamo vedere partita Cilic avrebbe almeno dovuto vincere il primo set e quindi, quando i game vinti da Federer diventavano addirittura sette e con lo svizzero avanti 3-0 la partita sembrava finita. Ma qualcosa nello sguardo di Cilic avrebbe dovuto allertare chi stava intonando il de profundis. Il livello di gioco dei due sembrava insostenibile e non ci si poteva certo aspettare che Federer lo abbassasse. Ma ancora meno era prevedibile che, semplicemente, Cilic smettesse di sbagliare. Qualsiasi cosa decidesse di far uscire dalla racchetta era semplicemente perfetta, e addirittura – non vogliatene al cronista – un paio di volée sembravano quelle dell’angelo biondo, Edberg per i non credenti. Federer sembrava solo lievemente sorpreso, ma non certo travolto. Si aggrappava come poteva al servizio, alzava ulteriormente la percentuale di prime e in qualche modo riusciva ad arginare il croato, che continuava a farlo muovere. Le rasoiate di rovescio aumentavano di intensità, ma Cilic riusciva perfettamente ad aggirare la palla per tirare il dritto, quando non le addomesticava con dei colpettini leggeri che sorprendevano un po’ Federer. Di nuovo sul 5 pari serpeggiava un po’ l’idea dell’ineluttabile, non più il tiebreak stavolta ma il colpo del Re, come nel primo set. Invece era Cilic a trovare ancora un incredibile passante dalla tribuna che lasciava di sasso Federer e mandava il croato a servire per pareggiare i conti. Ma, ancora, a Cilic non bastava mettere 4 prime su 6 per chiuderla lì. Federer approdava al tiebreak con una palla corta che sarà sembrata irreale solo a chi non gliene ha viste fare tante e tante in carriera.  Era tiebreak, il sesto tra i due, con Cilic che ne aveva vinti tre dei precedenti cinque. Sull’onda dell’entusiasmo però, Federer volava addirittura sul 4-0 e qui forse pensava di aver chiuso i conti. Bastava semplicemente non mettere la prima per ritrovarsi rapidamente sul 4 pari. Il primo ad arrivare a set point era Cilic che con due ace andava 6-5, ma doveva aspettare il cambio di campo – e una risposta peretta su un serve and volley azzardato da Federer per poi chiudere dopo un altro scambio di rara bellezza. Erano passate due ore di tennis incredibile e i due erano sul set pari.

Se qualcuno si aspettava che i due tirassero il fiato si sbagliava di grosso. Federer aumentava i giri del motore, sulla diagonale di dritto non mollava niente e su quella di rovescio faceva sfracelli. Cilic si salvava spesso in modo miracoloso, con quel dritto inside-out che finiva sempre, sempre, nell’ultimo centimetro di campo. In modo abbastanza fortunoso si arrivava al 4 pari senza break e ancora Federer andava 0-40 sul servizio del croato. Cilic metteva due ace e nella terza palla break azzardava un serve-and-volley. Federer riusciva ad agganciare la volèe con un lob che finiva ovviamente sulla riga ma neanche questo bastava perché Cilic trovava modo di rimetterla di lì e chiudere ancora con dritto terribile. Stavolta Federer sembrava subire il contraccolpo perché dopo l’occasione mancata cedeva il servizio – ancora un assurdo recupero di Cilic, dopo una stop volley dello svizzero – e si ritrovava sotto per 2 set a 1.

Per Cilic un decimo delle finali di Federer: questa è la terza.

Chiaramente la Rod Laver Arena era una bolgia, e ogni punto di Federer veniva accolto con un boato, mentre superando le tre ore ci si chiedeva se alla fine sarebbero contati di più i sette anni in più di Federer o le sette ore in più passate in campo da Cilic durante il torneo. Certo è che i due non ci pensavano neanche a rifiatare, ma quando Cilic trovava il break al quarto game e volava 4-1, sembrava (finalmente?) finita. Ma come già nella finale di Wimbledon del 2014 contro Djokovic, Federer semplicemente trovava uno di quei momenti in cui “va in un posto dove solo lui può andare e allora non ti resta che aspettare che torni”. Lo svizzero colto forse anche da un certo lucido furore colpiva solo linee, tirava solo vincenti, faceva solo passanti. Dall’1-4 andava 6-4 con un parziale di 20 punti a 3, ad uno che stava giocando la partita della vita e che serviva, credeteci, con l’82% di prime in campo.

Il quinto set cominciava quando mancavano solo dieci minuti alle quattro ore di gioco. Cilic riusciva a tamponare l’emorragia tenendo il primo servizio, ma stavolta l’inerzia del match sembrava tutta dalla parte di Federer, ovviamente rinfrancato dall’epilogo del set precedente. La prima palla break arrivava al terzo game, la seconda al quinto ma era solo al settimo game che finalmente a Federer riusciva il break. Cilic pareva ingobbito, ma con orgoglio non cedeva al primo match point sul 3-5, grazie ad una stop volley che non sapevamo fosse nel suo repertorio. Il decimo game del quinto set probabilmente passerà alla storia del nostro gioco. Federer andava 30-0 e poi sul 40-15 al secondo match point subiva una risposta simile a quella di Djokovic nella semifinale dello US Open 2011. I due ridevano, chissà se ricordandosi l’evento, ma Cilic riusciva ad annullare anche la seconda, con una perfetta risposta di rovescio. Federer però si procurava ancora un match point col servizio e ancora Cilic lo annullava accelerando di rovescio. Il quinto match point arrivava con un serve-and-volley, il sesto con una terribile frustata liquida, il settimo con un ace. Ma ancora, ancora e ancora Cilic non cedeva e quando si procurava la prima palla break del parziale nessuno riusciva veramente a crederci. Neanche Federer, che scuotendo la testa piazzava un ace e pareggiava ancora i conti. Ma lo svizzero sembrava perplesso, da destra tirava ancora un servizio esterno ma la strettissima risposta di Cilic lo coglieva leggermente impreparato e nel punto successivo la palla gli finiva tra i piedi ancora prima che riuscisse a completare il movimento di uscita dal servizio. 5 pari! In qualche modo Cilic teneva il servizio e stavolta toccava a Federer servire per evitare la sconfitta. Lo svizzero andava subito 40-0 ma di nuovo Cilic tornava a rispondere come Agassi in buona giornata, fino ad avvicinarsi a soli due punti dal match. Era un meraviglioso dropshot seguito da un serve-and-volley a risolvere le cose per lo svizzero. E tra varie emozioni si arrivava finalmente al 10-9 e al dritto vincente che chiudeva un match, lo abbiamo già detto, di cui si parlerà negli anni.

Rimane soltanto da ribadire il ringraziamento a due atleti fantastici, e se uno era già nella storia all’altro c’è da augurargli di finirci presto, o almeno di giocare sempre così. Oggi, i mendicanti di bellezza hanno avuto la loro elemosina.

Australian Open 2018


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