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Il ritorno delle belle gioie

Sara Errani viene squalificata di nuovo e forse chiude così la sua carriera.

Sara Errani viene squalificata di nuovo e forse chiude così la sua carriera.

Ci eravamo lasciati nello scorso agosto con le preoccupazioni sulla salute di Sara Errani, ben più importanti di un ingresso nella top 10 o dei quarti di finale di Wimbledon. Sara Errani era stata squalificata per due mesi dall’ITF, la Federazione Internazionale del Tennis, perché il tribunale aveva creduto ad una versione abbastanza bizzarra, tant’è che tutta la vicenda è passata alla piccola storia del doping come “il doping del tortellino”. Riassumendo per sommi capi, lo staff di Sara Errani sostiene che l’atleta avrebbe inavvertitamente ingerito un farmaco che prende la madre, attraverso dei tortellini. Nei tortellini il farmaco c’era finito perché una pillola, contenuta in un blister che si trovava in un piano di lavoro in cucina, era caduta o nel brodo oppure nell’impasto per preparare il ripieno dei tortellini. Il tribunale ha detto che la versione era credibile, beato lui, ma che la squalifica andava comminata in quanto tra i doveri degli atleti c’è quello di prendere tutte le precauzioni possibili per evitare di assumere prodotti proibiti anche involontariamente. In buona sostanza, secondo il tribunale, la colpa di Sara è stata quella di non controllare cosa mettevano nei tortellini.

Questa storia, che rimane stiracchiata se vista in una commedia – ma sia pure, in fondo Pirandello diceva che certe storie non hanno bisogno di apparire verosimili, visto che sono vere – non si è conclusa qui. L’Agenzia Nazionale Anti-Doping (NADO) ha ritenuto che la catena delle coincidenze era forse un po’ esagerata e che la sanzione comminata all’atleta sia stata troppo lieve. La NADO ha messo in discussione sia il “racconto” della vicenda, sia il giudizio sul tipo di negligenza. Avevamo ricordato nell’articolo citato i tre casi di “negligenza”: quella grave, con squalifica dai 16 ai 24 mesi; quella media, squalifica dagli 8 ai 16 mesi; e quella leggera, che in genere provoca 4 mesi di squalifica ma può arrivare a 8. Secondo la NADO, che è un’organizzazione italiana, val la pena di ripeterlo, la negligenza non andava considerata “leggera” ma media (normale) e quindi la squalifica andava aumentata. La NADO si è quindi rivolta al TAS (Tribunal Arbitral du Sport) per chiedere se la pena comminata fosse congrua ai fatti accertati.

A Losanna, nel novembre scorso, sono state sentite le parti e l’11 giugno il TAS (o CAS, Court of Arbitration for Sport) ha stabilito che la squalifica comminata dall’ITF fosse troppo lieve e l’ha aumentata, portandola a dieci mesi.

Sara Errani aveva anche lei presentato un ricorso al TAS, perché sostanzialmente lei ritiene di aver fatto tutto quanto umanamente concepibile per evitare di assumere quel farmaco, ma questo non è stato il convincimento della corte.

Sfrondata da tutti gli orpelli il nocciolo della vicenda rimane questo, non altro. Quello che davvero fa molta impressione è la reazione sia dell’atleta che di alcuni organi di informazione, naturalmente italiani. Sara Errani ha scritto una lunga lettera  usando termini non troppo distanti da quelli usati da Buffon dopo l’incontro con il Real Madrid. Ha usato termini come “nauseata” e “vergogna”, si è appellata alla sua carriera, ha chiuso minacciando il ritiro. En passant ha aggiunto che “il TAS di Losanna ha confermato che si è trattato di un’assunzione involontaria, e per di più di una sostanza che non migliora le prestazioni atletico-sportive”. Quest’ultima affermazione è stata ribadita dalla FIT (Federazione Italiana Tennis) e da altri organi di stampa, guardandosi bene, tutti quanti, dall’evidenziare che il TAS non ha affatto escluso che le cose siano andate diversamente, ma che ha ritenuto “più probabile che no” che sia andata come ha raccontato l’atleta, concordemente all’idea che la colpevolezza – e la relativa menzogna – va provata inequivocabilmente. Detto altrimenti, manca la pistola (il tortellino?) fumante e quindi su questo punto si crede all’imputato.

Alla comprensibile stizzita reazione dell’atleta hanno fatto eco quasi tutti gli organi di stampa nazionale con argomentazioni stupefacenti, se è consentito un pizzico di sarcasmo. Si è criticata la NADO perché secondo questi un’agenzia italiana doveva difendere un’atleta italiana per esempio. O che se proprio devi “prendertela” (sic) con un’atleta meglio una di seconda schiera invece che qualcuno che “ha dato lustro allo sport italiano”. Si è accusato il TAS di scarsa sensibilità verso una ragazza che ne ha passate tante. Viene da chiedersi che idea abbiano della giustizia questi commentatori, magari che i reati vadano perquisiti a convenienza o che vadano considerati gli occhioni blu dell’imputato. E per carità di patria evitiamo di sottolineare che cosa avrebbero capito dell’insediamento di un’agenzia nazionale contro il doping, se gli si chiede di non intervenire.

Una volta di più questa vicenda legata al tennis sta mostrando non tanto il bad mistake – (cfr. ITF)  – involontario o meno dell’atleta ma l’incredibile immaturità dell’ambiente. Piacerebbe concludere con una nota di ottimismo riguardante la NADO, che in modo ammirevole ha mostrato ancora una volta quanto l’Italia magari è indietro in tante cose ma la lotta al doping l’ha presa sul serio. Ma visti i chiari di luna, non è impossibile che si decida di farla pagare a chi si è mostrato così anti-patriottico ed è meglio che i giudici della NADO ricordino ancora a lungo la discrepanza tra la squalifica al canottiere Niccolò Mornati, che evidentemente non aveva dato lustro a nessuno e così si è potuto squalificare per 24 mesi per lo stesso reato, e quella della Errani.  Chissà quanto dureranno.

Sara Errani


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