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Il torneo sociale

C’è solo un solo campo dove nessuno vuole veramente perdere: quello del proprio circolo.

C’è solo un solo campo dove nessuno vuole veramente perdere: quello del proprio circolo.

Fine dell’anno, tempo di bilanci della stagione tennistica, di verificare se abbiamo fatto i conti giusti per la nuova classifica, di provare nuove racchette ma soprattutto è l’ora di giocare il torneo sociale di doppio.

Sono da tre anni al circolo e non c’è mai stata una competizione interna; allo stesso tempo, però, riecheggiano nella club house e negli spogliatoi storie su competizioni passate, aneddoti e sfottò che anno dopo anno invecchiano e diventano più ingombranti per chi li subisce. In una giornata qualunque al club incontro il maestro Gianni, l’organizzatore del torneo.

“Ah Clà guarda che facciamo il torneo di doppio sociale. Ci saranno due tabelloni: uno per quelli bravi e un altro per quelli un po’ meno bravi, diciamo; tu con chi giochi? Guarda che non puoi scegliere uno troppo forte, se non hai un compagno ci penso io in base al livello così il torneo è equilibrato”.
“Gianni, fai te. Daje”.

Il mio compagno di allenamenti Eddy tenta di iscriversi con Manzo, uno che è stato anche seconda categoria e con il quale mi allenavo spesso prima che si desse alla macchia causa convivenza, mascherata da un fantomatico infortunio al ginocchio. Eddy e Manzo sono stati la coppia di punta del torneo di doppio Coppa dei Castelli per i terza categoria, un campionato al quale ho partecipato senza finirlo, una cosa che mi capita spesso e non sempre per colpa mia.

Inciso: la Coppa Castelli è andata esattamente come l’anno scorso: ho giocato all’inizio ma non alla fine, quando nessuno mi ha cercato più per giocare; il nostro circolo ha vinto facilmente; c’è stata una cena di festeggiamento a invito, che non mi è arrivato; foto di gruppo della squadra vincitrice e messaggio di congratulazioni in bacheca senza il mio nome, magari era finito il toner.

Gianni, ovviamente, rimbalza il tentativo di Eddy, che vuole gareggiare ma, conoscendo l’ambiente, sa che DEVE vincere. Non può permettersi di perdere, neanche in doppio, pena l’onta dello sfottò che si tramanderà nei secoli dei secoli. Gli suggerisco di farsi trovare un compagno da Gianni, il maestro, “così ci mischiamo un po’ e viene fuori un torneo divertente”. “Sì, come no”. Alla fine lui viene accoppiato con Paolo, un buon giocatore super allenato, mentre a me viene assegnato Francesco, uno che conosco e ho visto giocare (bene). Sono soddisfatto dell’accoppiata, anche perché giocherò con uno che mi sta pure simpatico.

Si formano altre coppie, alcune delle quali molto competitive. Lo sfottò parte ancora prima che Gianni pubblichi il tabellone. Che, quando viene reso noto, crea un hype ingiustificato rispetto alla qualità dei tennisti ma ampiamente condivisibile considerate le dinamiche di un circolo tennis, dove tutti si fanno i complimenti a vicenda (è una malattia, ne siamo consapevoli) e dove si tifa sempre per il compagno di club, ma se poi perde va bene uguale. Anzi. Ad ogni modo Gianni elenca quattro teste di serie, io e Eddy siamo fra queste. Per molti c’è già la finale: la coppia formata da me e Francesco si troverà di fronte, nell’ultimo giorno del torneo, Eddy e Paolo. Non mi fido.

Ci sono molte buone coppie, formate dai giocatori di quarta categoria del circolo, tutta gente che gioca il doppio settimanale e i tornei a squadre. Poi ce ne sono due che, sulla carta, sembrano le migliori di questo gruppo, di fatto sono le altre due teste di serie. La prima è formata da Dado e Paolo, due cinquantenni dal braccio buono che incroceranno Eddy e Paolo nell’ipotetica semifinale; l’altra è formata da Stefano e Andrea, due over 40 che giocano bene, i classici quarta categoria che non vorresti mai affrontare e che sono dalla nostra parte di tabellone.

Io e Francesco partiamo dai quarti di finale, un turno nel quale affronteremo Arnaldo e Vittorio, due soci storici del circolo. Arnaldo ha fatto il capitano delle squadre che mi hanno visto coinvolto quest’anno, la Castelli di doppio e la D2. Vittorio ha qualche anno in più di Arnaldo, gioca più piano e mi sta simpatico. I due sono fra i migliori affabulatori del circolo, le loro storie (che qualche socio categorizza nel genere “fantasy”) sono avvincenti e vecchie di anni. Io e Francesco li conosciamo bene e siamo molto determinati affinché la storia di questa partita non diventi una di quelle.

La chat WhatsApp ufficiale del torneo comincia a macinare messaggi. Parallelamente, se ne formano altre per aumentare il fomento. Io arrivo alla partita carico, la sento molto di più dell’ultima giocata al torneo FIT qualche settimana prima, quando ho perso 7-6 al terzo set un match praticamente vinto e che mi è costato la classifica di 3.2 per il 2019 (inoltre avrei superato Eddy nel ranking e questo sarebbe stato difficile da spiegare al circolo, meglio così da una parte).

Quando giochiamo è un sabato ventoso, il giorno prima ha piovuto e il campo è pesante. Rallenterà la mia palla, pazienza. Con Francesco ci siamo allenati qualche giorno prima, lui è mancino, si piazza a sinistra e io dall’altra parte. Andiamo in vantaggio di un break, ma loro ci raggiungono. Arnaldo gioca la solita palla liftata, è solido al servizio mentre Vittorio gioca in maniera “pulita”, colpisce di piatto ma ha una velocità di palla inferiore a quella del suo compagno e alla nostra. Se fosse una partita di torneo normale, non esiteremmo a giocare addosso al più debole dei due; al torneo sociale, contro gente che rivedrai fin dal giorno dopo, questa cosa non la puoi fare. Tutto è più difficile. Torniamo avanti di un break, sul 5-4 serve Francesco e una volée sbagliata di Arnaldo ci consegna il primo set.

La partita non è bellissima, c’è un po’ di tensione, anche perché diversi soci la seguono dalle tribune. Siamo di nuovo avanti di un break, falliamo due matchpoint sul 5-3 per noi e vado io a servire sul 5-4. Ci portiamo sul 30-15, servo una prima ben dentro la riga e Arnaldo risponde con un pallonetto a metà campo, io carico il dritto e sono pronto a schiacciare quando lui interrompe il gioco dicendo che la palla non è buona. Non riesce però a individuare il segno fuori, semplicemente perché è dentro. A norma di regolamento è punto nostro, più che altro passano un paio di secondi tra il rimbalzo e la chiamata, e nel tennis due secondi sono un’eternità. Nasce una discussione. Io sono rigido, mi sto affidando al regolamento dall’inizio della partita proprio perché sono consapevole che potrebbe nascere qualche situazione non gestibile in amicizia. Loro pretendono due palle, per me è 40-15. Si ritirano.

Se ne parla nei giorni a seguire al club, per quanto se ne possa parlare in un circolo dove ci si informa anche dei risultati dei set di allenamento. Ci scriviamo qualche messaggio distensivo nella chat di gruppo, io scrivo solo che, a prescindere dal regolamento, non mi sarei mai ritirato. Ma vabbè, oramai è andata.

Passano i giorni, a Roma fa sempre freddo e qualche temerario gioca la sua partita di torneo anche alle otto di sera. Finalmente il tabellone va avanti per allinearsi ai quarti di finale nella parte alta, mentre io e Francesco siamo già in semifinale nella parte inferiore. I nostri prossimi avversari sono Stefano e Andrea. Gianni programma il doppio turno per la parte alta del tabellone, quindi nell’ultimo sabato prima di Natale si giocheranno i quarti di finale e poi le due semifinali.

Il Super Saturday è umido e freddo. Il cielo è coperto, la sera prima ha piovuto piano e a lungo, la terra rossa è pregna d’acqua ma si riesce a giocare all’aperto nonostante il circolo abbia due campi coperti. Eddy e Paolo vincono la loro prima partita facilmente, sono in semifinale come da pronostico. Sull’altro campo, la coppia testa di serie formata da Dado e Paolo soffre contro la rivelazione del torneo: Alessandro e Ivo.

Alessandro lo conosco da anni, oltre a giocare bene a tennis è famoso per due cose: cambia lavoro ogni 6 mesi e dà buca agli appuntamenti praticamente sempre. Scomparso da mesi, ha scelto di tornare al circolo per giocare il doppio insieme a Ivo, un leggendario settantaseienne che ha voluto giocare nel tabellone di quelli forti. A sorpresa, i due hanno superato il primo turno e ora lottano contro Dado e Paolo nel primo set. Alessandro gioca bene mentre Ivo si difende con la specialità della casa, i pallonetti che sembrano non voler scendere mai tanto salgono in cielo. Un doppio fallo sul killer point da parte dell’uomo forte della coppia, che sarebbe Alessandro, consegna il primo set e praticamente la partita ai due. Sono comunque i più applauditi. In questo, il torneo sociale assurge veramente alla sua funzione aggregativa.

Quando tocca alle semifinali, e quindi anche a noi, inizia a pioviccicare. Incredibilmente, la nostra partita si gioca con palle usate, dei batuffoli di pelo marrone con striature gialle pesanti un paio d’etti ognuna. Protesto, ma i potenti mezzi dell’organizzazione sedano ogni tumulto dal campo. Poi mi giro sul campo di fianco e vedo che Eddy gioca con palle nuove la sua partita. “Eddy scusami, ma voi le cambiate ogni 9 game?”, sdrammatizzo così questa disparità di trattamento.

I nostri due avversari, Stefano e Andrea, sono bravi. Si vede che giocano spesso insieme, sono affiatati. Io so bene che non devo sbagliare nulla: il giocatore forte della coppia non se lo può permettere. Andiamo avanti di un break, loro ci recuperano, ma riusciamo a servire sul 6-5 per noi. Sbaglio una volée facile perché mi addormento a rete, finiamo al tiebreak e lo perdiamo in maniera sciatta. Le palle non camminano più già da un po’, sono ingiocabili per chi come me gioca con spin ogni colpo. Inizia il secondo set e andiamo subito sotto 3-0, col doppio break. Siamo incazzati. Sento Eddy imprecare, anche a lui non sta andando bene. Io mi tolgo il pensiero delle palline pesanti dalla testa, convinco Francesco che possiamo ancora farcela e iniziamo la rimonta.

La mia racchetta ha la terra attaccata sul telaio e anche sulle corde, la mano sinistra inizia a scivolare sul fusto bagnato dalla pioggerellina incessante. Recuperiamo rapidamente, loro giocano bene ma noi meglio. Per quattro volte, quando servono loro, ci troviamo sul 40 pari, situazione nella quale si gioca il killer point: chi fa il punto vince il gioco. La coppia che risponde può scegliere dove farlo, e quindi a chi a affidare la sorte del game. Me li gioco sempre io, faccio tutti e quattro i punti. Ci portiamo sul 5-3, servo io. Mi inceppo al servizio, ostinandomi a forzare la prima palla quando oramai è impossibile fare punto direttamente. Non ci sono più i rimbalzi, la palla si affloscia appena tocca terra, il campo è una “marana” come dice Eddy lì vicino mentre interrompe la sua partita. Effettivamente, stiamo giocando dentro una marrana, ci fermiamo sul 5-4 per noi con loro al servizio quando Andrea cade nel tentativo di colpire una volée facendosi male al polso. Decidiamo di riprendere a gennaio, finendo le semifinali prima e giocare poi la finale. Per chi ci arriva. Eddy è sotto di un set come me e la finale annunciata non è più tanto certa. Al circolo, i soci non aspettano altro.


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