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Poco Internazionali

Il primo giorno del torneo di Roma, quest’anno una roba per pochi intimi.

Il primo giorno del torneo di Roma, quest’anno una roba per pochi intimi.

I giri a vuoto per cercare uno spazio per la macchina sono sempre gli stessi. Del lungotevere non mi fido, piazza Mancini è affollata come al solito e dall’altra parte del Ponte della Musica, verso il quartiere Flaminio, non c’è proprio speranza: gli Internazionali d’Italia si giocano a porte chiuse ma i problemi dei frequentatori sono sempre gli stessi.

La passeggiata lungo i campi quest’anno è lo struscio degli addetti ai lavori, che non sono pochissimi, tanto è vero che ci si immagina come l’organizzazione avrebbe gestito il traffico di qualche migliaio di persone in uno spazio così stretto cercando di non farle avvicinare troppo. Sul Pietrangeli manca il tabellone del punteggio, quello che faceva l’ombra solo sulla parte centrale del campo nel tardo pomeriggio. Ci sono gli striscioni degli sponsor, c’è quello dell’acqua nuova del torneo, piccole bottigliette distribuite a chi lavora che hanno un impacchettamento che sembra quello dell’acquaragia. Il sole della mattinata rende piacevole e faticosa allo stesso tempo la passeggiata fra i campi, sfrecciano i monopattini, le nuove bighe di Roma.

Nadal si allena con Berrettini per un paio d’ore e trasmette a chi lo guarda quella voglia di chi non vede l’ora di tornare in campo per competere per i punti veri, non di fare qualche esibizione. Berrettini scherza con Santopadre, sembra rilassato, poi dirà che gli manca la sua famiglia visto che non la vede spesso e che ora è confinato nella bolla del’hotel, nella sua città.

Dietro i due campioni giocano le speranze del tennis del futuro futuro, non i Sinner e i Berrettini ma bensì Musetti e Zeppieri. Lorenzo è molto bello da vedere giocare, non c’è un colpo che non gli riesce bene stilisticamente, il rovescio lungolinea è il colpo che metterebbe in vetrina se solo li potesse vendere, è spesso colpito di piatto con grande manualità, specie quando è in ritardo con l’impatto. Zeppieri soffre più di lui la ribalta, alle 11 del mattino chi è dentro il Foro è a vedere questo match. Prende un 6-1, poi si scioglie, la sua palla diventa più pesante e penetrante di quella di Musetti, che è più bravo ma forse pensava che bastasse fare il compitino. Fognini e Sonego fanno un salto a vedere le nuove leve. C’è anche Nargiso, chissà se si rivede in loro. Zeppieri, che ricorda un po’ Quinzi nel gioco, vince il parziale per 7-5 rimontando da 3 a 5 però crolla nel terzo, visibilmente stanco. Addirittura prende un warning per rifiatare, un break poco dopo gli costa il match. Musetti scaglia la racchetta a terra, non sembra felice, secondo me voleva vincere con un punteggio più netto. Poi sorride, forse pensa ai soldi visto che giocherà il giorno dopo contro Wawrinka. Però al Foro, sul centrale e in prima serata in TV, niente male dai.

Un rovescio di Musetti

C’è Fognini che dopo aver parlato con la stampa, neanche tanto interessata a lui, si allena con Seppi. La palla viaggia velocissima come al solito. “Il tennis c’è, manca un po’ il fisico” ha detto ai giornalisti. Barazzutti ha il panama e i bermuda, gli passa le palline, ogni tanto parla, chissà che dice. Fanno tante pause, Fogna lancia la racchetta per terra, Seppi finge di voler colpire Barazza con uno smash, c’è relax nell’aria.

Nella Next Gen Arena gioca Evans contro il giovane Hurckacz, l’ennesimo Berdych del circuito. La partita si mette subito male per il britannico. Il polacco mena forte, non si fa ingarbugliare dal gioco entropico di Dan, che però non molla quando è un set e un break sotto nel punteggio. Dopo ogni punto si tocca o testicolo, un tic? Nella mia mente vuole ricordare all’avversario quanto lo odia. Tennisticamente of course. Evans recupera il break giocando alla Emilio Sanchez, ultimamente ha preso anche sicurezza sul rovescio coperto, ma il back è impeccabile, infallibile su qualsiasi altezza di rimbalzo.

Sventola il tricolore intanto sul centrale, vince Jasmine Paolini e poco vicino, sul Pietrangeli, Lorenzo Sonego batte Basilashvili. Giocare senza pubblico sul campo principale è peggio che sul Pietrangeli, dove qualcuno passa, si ferma, ti guarda in piedi vicino alle statue; i rumori poi non sono ovattati, arriva un po’ di brusio in sottofondo a rendere tutto più “reale”. Sul centrale c’è un enorme e altissimo muro grigio di seggiolini, non si riesce a distinguere quei pochi inservienti che fanno la guardia ai varchi. Evans intanto vince il secondo set, va avanti nel terzo, si fa recuperare, ha l’occasione di andare al tiebreak ma la fallisce. Si incazza. Butta tutta la roba rapidamente dentro la borsa e scompare nel tunnel che lo porta fuori dallo stadio qualche secondo dopo aver sbattuto la sua Wilson sulla Yonex dell’avversario. Pazienza Dan.

C’mon

A settembre il sole scende prima dietro Monte Mario, quando Benoit Paire esce dal tunnel del Pietrangeli seguito da Jannik Sinner le luci dei riflettori sono già accese. Ci saranno una cinquantina di persone sugli spalti, si sente distintamente il rumore del traffico. È la prima volta che ci faccio caso, le macchine sfrecciano sull’Olimpica e creano un po’ quell’atmosfera da circolo con i campi vicino la strada. Ma qui siamo sul Pietrangeli.

Sinner è vestito di nero ed è puro scuro in volto.  A luglio dominava nelle esibizioni, si parlava di lui più di quando giocava i tornei e da quando ha ripreso a giocare è uscito al primo turno degli US Open e ora ha Paire, che si è pure incazzato col sempiterno direttore del torneo di Roma che l’ha programmato di lunedì quando lui aveva chiesto un giorno di riposo per ambientarsi dopo le due settimane da rinchiuso in hotel trascorse a New York. Chissà se avrà voglia, mi chiedo, chissà se Benoit getterà il match alla prima cosa che gli farà rodere il culo o se si metterà a cercare di imbrigliare il tennis robotico e potente di Sinner. Mentre penso una sua smorzata muore sulla terra e poco dopo un rovescio ad uscire in anticipo lascia Sinner fermo.

Ma dopo un quarto d’ora Sinner è già 4 a 1, Paire si è sputato in faccia emettendo Covid-19 scaduto verso il cielo e la sua racchetta ha fatto un volo tipo il tappeto di Aladino, senza pilota. Quando tocca a lui servire picchia fortissimo con il dritto, poi fa un pallettone col dritto lentissimo, poi una smorzata, poi prova a superare Sinner con un pallonetto-volée ma la palla finisce sulla racchetta di Sinner che chiude facilmente. Tutto in un solo punto. Poi fa un vincente, poi va a rete su un attacco corto e centrale e Sinner lo passa, poi fa un ace e sul punto dopo un serve and volley di raro stile: Paire è così, quando vedete sulle tribune persone sorridere senza particolare motivo con lui vicino in campo, sono suoi tifosi. Amore incondizionato, per i risultati rivolgersi altrove. Il primo set se ne va così, per 6-2 dopo una serie di cazzate in libertà in una mezz’oretta. Sugli spalti si guarda l’orologio, “n’altro set così e ‘namo a casa per cena”. 

Paire parla, straparla, il suo francese è soave, elegante come il marmo del Pietrangeli. Penso che Benoit dovrebbe giocare sempre qui e sempre con pochi, intimi estimatori. Non se lo meritano gli altri Benoit, alla maggior parte dei tifosi piacciono i vincenti o i robot, quelli che non li tradiscono mai, perché loro non sanno amare senza pretendere qualcosa indietro, non sono cultori dell’estetica, non trovano giovamento anche da un gesto che è fine a se stesso e che non serve ad arrivare ad altro. Un’altra smorzata di Paire, quel lungagnone di Sinner inciampa per rimetterla, il punto è del francese.

Il Pietrangeli alle 8 di sera a settembre

L’arbitro, ad esempio, è tenuto a far rispettare le regole. Ma in realtà gli arbitri sono come quei tifosi che non concepiscono altro al di fuori dei loro schemi mentali. Esempio? Sinner colpisce tante righe, Paire dice una decina di volte “c est pas possible”, e poi farfuglia qualcosa sul fatto delle tante righe prese. L’arbitro gli dà il warning. A nulla vale la sua giustificazione: “Non ho detto niente di male, line is not a bad word”. Niente, non è come piace a me o non lo capisco? Warning. Sinner continua a randellare da fondo campo, non ha ancora proferito parola in 50 minuti di match. 

Paire smatta poco dopo, prende a racchettate una bottiglietta, tira fuori volontariamente una pallina in direzione dell’arbitro, poi fa un passante stretto incrociato imprendibile e arrivano le prime palle break. E si rimette a parlare con l’arbitro che lo ignora come se avesse incontrato un vecchio matto al mercato. Sinner sembra spazientirsi. Ma in realtà quello che perde la pazienza è Paire: in cinque minuti litiga con l’arbitro ancora una volta, batte da sotto, poi si chiama la palla fuori da solo dopo che aveva perso il punto, poi batte quando Sinner era di spalle. Poi quando vede che nessuno più gli dà retta né in campo né sulle tribune tira due palle fuori e manda tutti a casa. A Roma è ora di cena.

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