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L'ultimo esame di Djokovic

Gli US Open 2021 sono per Novak Djokovic il momento decisivo della sua carriera. In ogni caso saranno uno slam che non dimenticheremo mai.

Gli US Open 2021 sono per Novak Djokovic il momento decisivo della sua carriera. In ogni caso saranno uno slam che non dimenticheremo mai.

Hic rhodus hic salta. Novak Djokovic ha passato la carriera, e quindi la vita, a spiegare a sé stesso prima che agli altri che no, quei due lì non erano più forti di lui. Li ha battuti ripetutamente, ovunque e comunque; aiutato dal COVID ha stracciato il record di dominio nel regno dell’ATP; si è distinto in mille modi, brutali e ruffiani ma è a New York, che tutto troverà un senso. 

Se Novak Djokovic dovesse vincere il suo 21° slam non si tratterebbe soltanto di un record contabile, ma otterrebbe quello che da sempre è il sacro graal del mondo tennistico, che solo Rod Laver ha saputo raggiungere tra i professionisti, ma aiutato dal fatto che sostanzialmente si giocava solo sull’erba. Certo, si fosse giocato con le condizioni del ‘68 Djokovic non sarebbe probabilmente arrivato nemmeno a tre quarti di slam, ma vale la pena ricordare che non è detto che l’australiano sarebbe riuscito nell’impresa se le condizioni fossero state quelle di oggi. 

Comunque la si voglia guardare, l’impresa sarebbe leggendaria, e via via negli anni qualsiasi ombra si dissiperebbe, coperta dalla luce del serbo, deo fra gli dei dell’Olimpo. Certo, questa generazione che ha vissuto gli scontri di questi anni potrà avanzare mille dubbi, da un certo aiuto della dea bendata alla resa all’usura del tempo dei suoi più grandi rivali fino ad arrivare ad un momento del tennis non particolarmente felice se ormai ogni “1000” è diventato una scommessa. 

Si potrà considerare Djokovic fortunato finché si vuole, di certo è stato un ottimo calcolatore nel lasciar perdere sostanzialmente tutto il resto della stagione per concentrarsi sugli Slam, come aveva detto a inizio anno. Dopo Parigi ha giocato solo a Wimbledon e Tokyo, conservando le energie per arrivare carico all’appuntamento con la storia. Il serbo negli altri tornei aveva forse ancora meno da dimostrare di Federer e Nadal per correre il rischio di una partita troppo lunga o, dio non voglia, un infortunio più reale di quello di Melbourne. 

Ora ci siamo, il tabellone non è stato particolarmente generoso, anzi. Dopo l’esordio con Rune, il serbo avrebbe sul suo percorso Berrettini, Zverev e Medvedev. L’azzurro su terra e erba lo ha costretto al quarto set e sul cemento ha già raggiunto la semifinale proprio a New York; Zverev, che a Tokyo ha dominato Nole sulla distanza infliggendogli un parziale di 10 game a 1, ha appena vinto il torneo di Cincinnati; e poi c’è Daniil Medvedev, che prima della lezione subita a Melbourne sembrava avesse trovato la chiave per non rischiare troppo contro Djokovic. Il russo ha vinto il 1000 canadese e poi è sembrato stanco a Cincinnati, dove, a differenza del Canada, è stato messo in campo spesso di giorno, e là faceva molto più caldo rispetto a Toronto. Dovesse superare questi ostacoli, decisamente più complicati di quelli incontrati nei primi tre slam dell’anno, davvero tutti dovrebbero arrendersi: Novak Djokovic è il più forte di sempre. 

L’altro torneo

Non c’è solo Djokovic contro tutti, perché lo US Open di quest’anno è un torneo di svolta proprio per i tre che gli sono dietro, non solo Medvedev e Zverev ma anche – forse soprattutto – Stefanos Tsitsipas. Il greco nell’ultimo anno ha perso dei tornei in un modo davvero incredibile, ed è riuscito a ripetersi a Cincinnati quando, avanti nel terzo set per 4-1 e servizio, si è una volta di più bloccato lasciando via libera a Zverev. Ma appunto, Tsitsipas non è certo nuovo a queste prodezze.

Lo scorso anno a New York, avanti due set a uno e 5-1 nel quarto contro Borna Coric, il greco riuscì a fallire sei match point per poi farsi recuperare un break di vantaggio anche nel quinto set e finire per perdere al tiebreak. Quest’anno, dopo aver perso nettamente la semifinale di Melbourne contro Medvedev, è uscito da Miami nonostante un set e break di vantaggio contro Hurkacz; ha perso contro Nadal a Barcellona fallendo un match point; a Roma contro Djokovic ha sostanzialmente dominato una partita fino a quando è arrivato a servire per il match nel terzo set dopo aver molto sprecato ne secondo; poi c’è stata la finale di Parigi, la sua prima Slam, persa perdendo completamente di vista il campo al cospetto di un avversario scaltro e che pure gli aveva concesso due set di vantaggio. Roba da far impallidire i match point di Federer.

Infatti, il greco ci ha messo un po’ per riprendersi, perdendo malissimo a Wimbledon e male ad Amburgo, ma è sul cemento che è cominciato di nuovo quello che sembra essere un incubo. In Canada era avanti sia con Humbert che con Opelka, con il francese si è salvato ma contro l’americano ha perso al terzo set. E con Zverev a Cincinnati, dopo aver perso il secondo set, è addirittura andato negli spogliatoi a cercare conforto (o qualche consulto familiare via telefono, parrebbe). Non è bastato per non perdere. I due 1000 nordamericani sono stati due tornei che sembrano avergli fatto superare l’incubo parigino. A New York, Tsitsipas può mettersi alle spalle questa specie di “sindrome di Novotna” oppure continuare ad alimentare le certezze di chi lo vede come un grande incompiuto, un altro dopo quelli della generazione precedente.

Il caso Zverev

Ma New York è un crocevia anche per Alexander Zverev, che sembrava aver finalmente trovato il ritmo giusto per diventare uno slammer. La vittoria secca alle Olimpiadi, con Djokovic quasi ridicolizzato, e il successo di Cincinnati con la graziosa collaborazione di Tsitsipas, sembravano poter offrire al mondo del tennis un giocatore ormai risolto. Ma le nubi delle sue brutte, bruttissime, vicende extratennistiche si sono di nuovo riaddensate sul tedesco. Un nuovo articolo, questa volta su Slate dopo il primo pubblicato su Racquet, sempre a firma Ben Rothenberg, racconta nuovi dettagli delle vicissitudini del tedesco con la sua ex fidanzata. Sono storie molto circostanziate, ci sono un paio di foto di Zverev con graffi sul collo, screenshot di Whatsapp nei quali Zverev scriveva ad un’amica di lei di averle chiesto di sposarla via Facetime, in ginocchio addirittura, dopo che Olga Sharypova lo aveva allontanato, stanca degli abusi. In tutto ciò l’ATP, che come ha scritto Rothenberg non ha voluto commentare il pezzo ma si è tenuta costantemente informata sulla data di pubblicazione, ha pubblicato l’ennesimo scialbo comunicato stampa nel quale dice che è allo studio l’adozione di una policy anti abusi, in generale. 

L’ATP poteva o doveva fare qualcosa?

Forse c’erano gli estremi per avviare una indagine interna, come fatto nel caso Querrey quando scappò da San Pietroburgo poiché positivo al Covid, sempre meglio (ma soprattutto comodo) che aspettare che la giustizia ordinaria (di quale Paese poi?) muova i primi passi, cosa che non avverrà perché Sharypova ha detto di non desiderare giustizia in tal senso, lei vuole solo che Sascha ammetta i suoi sbagli. Ad ogni modo Zverev ha comunicato di aver dato mandato ai suoi avvocati di querelare la testata e il giornalista. Ha detto inoltre che non commenterà ulteriormente la vicenda. New York per lui potrebbe contare molto, magari per assumersi qualche responsabilità diversa da quella di dover annullare qualche match point. Di sicuro avrà qualche pensiero in più e questo potrebbe essere determinante. 

Altre notti magiche? 

Sinner si è ripreso, Lorenzi ha dato l’addio al tennis perdendo al secondo turno delle qualificazioni; sono comunque  ben 10 gli italiani maschi in main draw, come nel 2020. Al netto dei Mager, Cecchinato e Caruso, praticamente sorprendenti ogni qual volta vincono match sul cemento, Sinner ha un buon tabellone: Monfils è l’avversario più forte e potrebbe incontrarlo al terzo turno. Fognini potrebbe/dovrebbe uscire al primo turno contro Pospisil ma tiferemo convintamente per lui perché vogliamo vederlo al match seguente contro Tennys Sandgren; in quell’ottavo ci sono anche Travaglia (esordio con Moutet) e Berrettini, la testa di serie numero sei. 

Matteo non è al meglio fisicamente, lo abbiamo visto a Cincinnati, però ha un buon tabellone e potrebbe migliorare strada facendo. Ha già dimostrato di saper gestire bene i match al meglio dei cinque set nonostante sia protagonista negli slam proprio da due anni esatti, dalla semifinale di New York 2019; i cinque set però potrebbero logorare ancora di più la gamba sinistra. Bene ha fatto Matteo a non giocare dopo Cincinnati: potrà trovare “il tennis” match dopo match pregando che la gamba regga. Se così sarà, non sarebbe una sorpresa vederlo di fronte a Djokovic nei quarti di finale. 

E poi c’è Musetti, cinque sconfitte consecutive al primo turno da quella contro Djokovic a Parigi. Si è fatto intervistare e ha dichiarato che ha problemi personali, e quindi sta giocando “da schifo”, così ha detto. Per lui, sia che vi risulti simpatico o antipatico, vale il discorso Kyrgios/Paire. Sta praticamente affrontando il suo primo anno pieno di Tour, sono arrivati amori, sponsor, attenzioni di vario tipo: non è facile gestirle tutte queste situazioni. Ha tutto il tempo del mondo per fare bene, se gioca male per qualche mese non sarà un gran problema. Non vi deve niente Musetti, ricordatelo.

Alcaraz, Nick e altri feticismi

Carlos ha perso in semifinale a Winston Salem contro Ymer dopo aver disputato un buon torneo. Insomma, proprio come Nadal, il cemento all’aperto sembra essere la sua seconda superficie preferita. Dopo aver vinto il primo torneo in carriera in Croazia, Alcaraz si è messo a studiare il cemento, ha perso contro Sonego a Cincinnati e poi ha giocato Winston Salem. Il ragazzo cresce bene, non sembra ossessionato dai risultati, sta facendo le mosse giuste per crescere e arricchire il suo tennis, che già basta a fargli fare risultati, come visto. Dovrebbe superare un paio di turni e poi arrivare a giocare contro Tsitsipas, che esordirà contro Andy Murray. Non ci sarebbe da farsi tante illusioni, Stefanos dovrebbe batterlo facilmente, ma se allo scozzese dovesse reggere il fisico allora potrebbe esserci qualche set molto divertente. Non lo vediamo andare oltre una sconfitta in quattro set, parliamo di Andy ovviamente. 

Paire dovrebbe incrociare Humbert al secondo turno, potrebbe essere una bella partita visto che con il ritorno del pubblico sugli spalti è tornato anche Benoit in campo. L’aveva detto, non stava bene, ma purtroppo nel tennis per farsi prendere sul serio denunciando un disagio psicologico bisogna piangere, magari in conferenza stampa. Se uno non piange sta bene per forza, no? 

Nick Kyrgios ha un esordio duro: Bautista Agut. Lo spagnolo però non è stato protagonista di una grande annata, sembra distratto, galleggia nel Tour senza eccellere in questo 2021. Nick però non è sembrato in gran forma nei tornei americani, gli mancano le partite, parla di un eventuale ritiro, insomma: sembra scazzato. Però a lui basta poco per accendersi e diventare protagonista, vediamo. Chiudiamo con una brutta notizia: Ernests Gulbis non ha superato le qualificazioni. Anzi, chiudiamo con una buona: si è qualificato Ivo Karlovic, 42 anni. Che fenomeno.

Perché non abbiamo scritto del torneo femminile?

Perché lo vince Ashleigh Barty, la prima vera numero uno del tennis WTA dai tempi di Serena. Ogni risultato diverso da questo sarebbe una sorpresa. Compresa una vittoria di Naomi Osaka. 

US Open 2021


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