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Atomico

Sembra talco ma non è, serve a dare l’allegria: è la vita di Bernard Tomic.

Sembra talco ma non è, serve a dare l’allegria: è la vita di Bernard Tomic.

A me m’ha sempre colpito questa faccenda di Tomic. Sta lì per un paio di set fermo, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, dritto vincente. Sta lì attaccato alla riga, nessuno gli fa niente, ma lui a un certo punto, fran, rovescio lungolinea. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e lui, fran. Non c’è una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Fran. Cos’è che succede a Tomic per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni?

Noi abbiamo Fognini, la Slovacchia Klizan, la Francia ha Paire. L’Australia, invece, ha Tomic. Il problema, dal nostro punto di vista, è che gli australiani hanno anche Kyrgios, per non parlare di Hewitt e Rafter, ma questa è altra storia. E se sosteniamo che quello di Fognini sia un bluff, un equivoco mascherato dalle sue intemperanze, dal suo far notizia in un mondo così ingessato e politicamente corretto come quello del tennis, allora forse è il caso di esaminare il caso Bernard Tomic più a fondo.

Al primo turno del torneo di Indian Wells 2017 Bjorn Fratangelo, americano di Pittsburgh ma con qualche lontano parente in Abruzzo o Molise, serve in vantaggio 6-2 5-2 contro Bernard Tomic. I due scambiano da fondo, Tomic tira un dritto incrociato a tutto braccio. Sarebbe un vincente, ma la palla viene chiamata fuori. Tomic chiama Hawk-Eye. Perché l’australiano cerca di prolungare la sua partita sperando nel falco quando, fin lì, aveva fatto praticamente tutto per uscire il prima possibile dal campo? Tomic è tutto qui, in questo punto. Il suo dritto aveva toccato la riga, si rigioca. Perderà qualche punto dopo.

«Oggi non è stata la mia partita migliore, ho iniziato giocando male e quand’è così è difficile invertire la rotta. Farò tutto quello che posso per migliorare il mio rendimento nelle prossime settimane e nei prossimi mesi». Queste le sue parole a fine gara. Per lui, che vanta un best ranking di numero 17 al mondo e che oggi è numero 42, si prospetta un ulteriore calo in classifica. Difficile che questo Tomic possa tornare testa di serie nei tornei dello Slam, più probabile che rimanga uno di quei giocatori da evitare nei primi turni dei tornei maggiori, non sia mai becchi la giornata buona.


Tomic è un giocatore completo: hot shot ✔️, sbagliare il colpo più facile della storia del tennis ✔️, match tanking✔️; richiesta all’arbitro di cacciare il padre dal campo dopo averlo insultato ✔️

Quella di Indian Wells è la quinta sconfitta consecutiva di Tomic, che ha perso al terzo turno degli Australian Open contro Daniel Evans (n. 51 ATP), al primo a Memphis contro Darian King (140), al primo a Delray Beach contro Steve Darcis (57) e contro Fratangelo (112) in California. Nell’altro torneo che ha disputato nel 2017, a Brisbane, ha rimediato un’altra sconfitta contro David Ferrer, in due set.

Ma non sono di certo una novità queste strisce di sconfitte consecutive. Ci sono dei periodi in cui Tomic proprio non ha voglia. Un anno fa, a Madrid, perse contro Fognini rispondendo al servizio del ligure con il manico della racchetta. La settimana seguente, a Roma, si ritirò dopo solo 8 minuti contro Benoit Paire. «Faceva troppo caldo», disse. Tomic, del resto, è anche quello che è stato indagato per un coca-party e quello che, al rientro dopo un infortunio che l’aveva tenuto lontano dai campi per sei mesi, perse contro Nieminen in soli 28 minuti.

Nel curriculum figura anche un arresto da parte della polizia a Miami per un party notturno troppo rumoroso, la solita auto fuoriserie sfasciata in qualche strada e anche un tentativo di trolling ambizioso, ai limiti del sacrilego, addirittura ai danni di Roger Federer (“Se Federer pensa che io sia lontano dalla top 10, be’, anche lui è molto lontano dal tennis di Djokovic”). Buon sangue non mente d’altronde, se il padre è capace di picchiare lo sparring partner del figlio che prima difende il malcapitato ma poi passa dalla parte del padre, praticamente un plot twist di un qualsiasi american drama.

Il personaggio è quindi uno dei villain del circuito, quelli che guadagnano i titoli della cronaca più per le loro intemperanze che per il loro tennis. Ma se di Fognini abbiamo detto che c’è del metodo in quella follia, quali sono invece le prospettive di questo giocatore? Tomic ha 24 anni, anche se sembra un veterano, e fin qui ha vinto 3 titoli in carriera, tutti tornei minori, accumulando quasi 5 milioni di dollari in montepremi.

Un ideale manuale del grande tennista insegna che, per diventare dei top player, bisogna lavorare ogni giorno, dentro e fuori dal campo. Allenarsi duramente, ed essere forte soprattutto dal punto di vista mentale. Novak Djokovic, nell’intervista pre torneo di Indian Wells, lo ha nuovamente ribadito: «Ho ancora bisogno di lavorare per migliorare il mio tennis, giorno dopo giorno. Questo sport ha tante variabili, ti costringe ad impegnarti nel lavoro quotidiano. Certo, puoi affidarti anche al solo talento e comunque ottenere buoni piazzamenti, ma se vuoi arrivare al top non c’è altra strada che la dedizione quotidiana». Oppure, ci sono le strade di Miami: «Go to Miami drive your Ferrari you don’t need to be here this fucking place». Quito 2016.

Parole che non si sa quale effetto producano nella mente di giocatori come Tomic, chiaramente dotati di talento – e nel caso di Bernard più di moltissimi altri – ma che non hanno il sacro fuoco dentro, la motivazione che ti fa allenare duramente tutti i giorni perché nella tua testa hai l’obiettivo con la O maiuscola, che sia un grande torneo da vincere oppure l’ingresso fra i migliori 10. E dire che Tomic, dato il suo ingombro fisico (è alto 1,96 metri e pesa circa 90 Kg), avrebbe bisogno di allenarsi a dovere più molti altri. Ma se pensa che giocare sia solo una maniera per guadagnare soldi, un modo spettacolarmente redditizio di timbrare il cartellino in ufficio, dove e come dovrebbe trovare la voglia di farlo?

«Gioco a tennis per guadagnare quanti più soldi sia possibile prima di ritirarmi e vivere una vita tranquilla. Questa è la mia priorità ora. Da ragazzo il tennis era un divertimento, ora è una questione di affari. Ora è vincere titoli, fare soldi».

Queste le parole alla vigilia degli Australian Open 2017. Eppure, giusto un mese prima, dichiarava:

«I top 5 o i top 10 sono migliori di me per via della mentalità. So che devo impegnarmi, che dipende solo da me la risalita e la conquista della top 10».
Quando si dice avere le idee chiare.

Certamente, vincere uno Slam è un’impresa storica, ma ormai abbiamo imparato a non credere più alle favole sui tennisti della nuova generazione, quelle storie ammantate di retorica e misticismo che narravano le gesta future dei nuovi vincitori, capaci finalmente di spodestare i padroni del vapore. Il nome di Tomic faceva parte di queste narrazioni, di tanto in tanto. Ma questo tennista che fa arrabbiare tifosi e scommettitori, perché neanche loro sono in grado di sapere se quel giorno contro quell’avversario a Tomic andrà di impegnarsi, potrebbe avere intrapreso il cammino opposto a quello tracciato dal Nuovo testamento del Tennis, quello che porta diritto all’oblio.


Tomic che blasta delPo di dritto: impensabile, eh?

Ed è un peccato, perché Tomic potrebbe giocarsela sicuramente con tutti, viste le sue qualità. Non è un giocatore che ha particolarmente bisogno del fisico per il suo gioco. Il dritto vincente contro del Potro è esemplificativo di come Tomic riesca a generare velocità di palla senza praticamente chiedere forza alle gambe, al suo fisico. Sul lato del rovescio è uguale. L’australiano colpisce praticamente di piatto, sempre in maniera composta, ordinata. È anche elegante quando colpisce, e nel tennis tutto top spin e traiettore arcuate di oggi lui cerca di dimostrare che si può giocare anche in maniera diversa. Tutti hanno talento, ma Tomic ne ha di più e a volte sembra che giochi solo per farvelo sapere, oltre che per rimpinguare il suo conto in banca.

In passato ha dato prova delle sue possibilità. Anche se solo a tratti, per qualche set ogni tanto. A differenza di Fognini, Tomic ha spesso dato la dimostrazione che molto dipendesse da lui, anche se dall’altra parte c’erano Djokovic o addirittura Federer, e che la distanza tra lui e loro fosse legata proprio all’incapacità dell’australiano di averne voglia o, più semplicemente, di comprendere – in fondo che differenza c’è? – che giocare a tennis non è soltanto tirare colpi con una racchetta.

Tomic contro i top 10: 43 incontri giocati, solo 8 vittorie.
Tomic contro i top 10: 43 incontri giocati, solo 8 vittorie.

Ma appena Bernard appare pronto a mettere la testa vagamente a posto, sembra che sia il destino a cospirare contro di lui. A fine 2015 Tomic fece tutto per bene, mise paura persino al miglior Djokovic degli ultimi anni, non certo la copia sbiadita che di questi tempi si aggira per i campi di mezzo mondo. L’ingresso nella top 20, la sconfitta solo contro Andy Murray agli Australian Open 2016 sembravano preludere ad una specie di svolta. Ma un po’ il cupio dissolvi – chissà cosa diavolo è andato a fare a Quito a febbraio per perdere contro Lorenzi – un po’ la spalla che lo costringe al ritiro ad Indian Wells e gli fa saltare Miami non lo aiutano.

Quando torna in campo le sue scelte sono ancora cervellotiche, perché Istanbul sarà anche una città bellissima, ma andarci dopo Bucarest, nel periodo in cui si gioca a Montecarlo, Barcellona, Madrid pare più un dispetto – chissà a chi – che una scelta sensata. O forse è solo una dichiarazione d’intenti sulla rinuncia a giocare seriamente sulla terra rossa. Ci prova persino Hewitt – e non poteva esserci modello più diverso – a scuoterlo. Chissà quanta rabbia avrà provato Lleyton nel vedere un giocatore dotato di un talento infinitamente superiore al suo, ma con la tendenza a lavorare un quarto di quanto lavorava lui.

Se si vuole la chiara dimostrazione di quanto parli sul serio Tomic bisogna guardare a Wimbledon, sempre nel 2016. L’australiano ci arriva con una condizione fisica ridicola per questi livelli, iniziando a trascinarsi per il campo già dal terzo set. Eppure viene a capo di Verdasco, ridicolizza Bautista Agut e arriva agli ottavi di finale. Contro Pouille, uno che potrà giocare anni e anni e arrivare magari dove Bernard non arriverà mai, ma che non possiede una lacrima del talento dell’australiano, va a servire sul 4 a 2 nel quinto. I colpi del francese cadono sempre più lontano da Tomic, che aveva provato a regalare il quarto set per riprendersi. Finisce 10-8 perchè alla fine dei conti l’asino vivo vale sempre più del dottore morto. L’ultima fiammata è a Cincinnati, dove di nuovo si trova davanti il Murray vero. In mezzo, prima e dopo, le solite scelte cervellotiche. La classifica ne risente, finisce fuori dai primi 40.

È così Tomic, e questo saliscendi degli ultimi due anni è il paradigma della sua carriera, almeno fin qui. Non c’è da biasimarlo, da spronarlo, da fargli sentire l’amore che deriva dalla speranza di vederlo dove il suo talento meriterebbe di stare, forse. Tomic è elementare nei suoi comportamenti, e quindi basta solo accettarlo. Meglio sorprendersi che sperare se c’è di mezzo lui, almeno fino alla prossima volta. Chissà se farà caldo a Miami.


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