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Cronache dal feltro: Melbourne e una finale troppo breve

Dicono che nel tennis non sai mai come andrà, che “la pallina è rotonda”. Figuratevi se non lo so io, che sulle palline ci vivo da sempre. Non è che siano delle sfere vere e proprio, eh, sono abbastanza imperfette, ma è grazie a queste imperfezioni che io (e gli altri, si capisce) mi ci trovo così bene. Tutti quegli arbusti che vi si trovano, se magari a qualcuno possono infastidire per via di questioni estetiche su cui non voglio mettere il becco, sono infatti fondamentali. Ma su questo tornerò più tardi.

Dicevo: queste palline non sono mica delle sfere vere e proprie. Sono piene di irregolarità, e anche se per voi queste imperfezioni non sono visibili, vi assicuro che quando uno ci campa una vita intera si accorge che la loro superficie è tutta un saliscendi. E queste imperfezioni, lo vedremo, diventano sempre più profonde, tanto che quel mondo a cui uno si era abituato dopo un po’ di tempo diventa tutt’altro e allora occorre abituarsi e rivedere i propri punti di riferimento. Si tratta di normale routine, per noi, però riconoscerete che non è proprio il massimo della comodità. Uno magari si appisola un attimo – perché alla fine non è che ci siano chissà quali attrazioni su queste palline – e quando si sveglia trova il mondo sottosopra. A quel punto o ti abitui oppure cambi pallina, ma come potrete immaginare non è che puoi cambiare schioccando le dita. C’è tutta una serie di elementi da valutare.

Detto ciò, vorrei tornare su quello che avevo detto in precedenza sul divertimento. È vero: il grosso del tempo su queste palline non è molto divertente, anzi. Direi piuttosto che è molto noioso, con qualche punta estemporanea di divertimento. Che ne so, magari la pallina viene dimenticata da qualche parte fuori dal campo e allora si può fare amicizia con qualcuno di nuovo; oppure il tubo dove viene messa si rompe o si apre in qualche modo; o magari la pallina finisce in qualche fiume e quindi si ha l’occasione di farsi un bel bagno. Ma poi dipende anche dal tipo di pallina. Alcune, quelle più importanti, sono forse le più noiose perché raramente càpita loro qualcosa di diverso dall’essere colpite ripetutamente per poi essere gettate via. Alcune volte capita che queste palline facciano percorsi diversi: mi diceva un mio cugino di sesto o settimo grado che una volta è finito ad un’asta di beneficienza e si è divertito come mai gli era capitato. Ma capirete che queste sono eccezioni. Con le palline meno importanti, invece, il divertimento è quasi assicurato. Ti può capitare di tutto: di finire su un tetto, in un campo di pannocchie, dietro a un armadio, in bocca a un cane, in un mercatino dell’usato eccetera eccetera.

Vi dico tutte queste cose perché magari uno s’immagina chissà che, ma in realtà la vita su una pallina da tennis non è proprio il massimo e dopo tanto tempo posso assicurarvi che uno vorrebbe anche cambiare. Però noialtri siamo tipi piuttosto abitudinari e se c’è una cosa che mi hanno insegnato le generazioni precedenti è quella storia della via vecchia e della via nuova. Non è che siamo conservatori, figuriamoci, però siamo tutti abbastanza affezionati l’uno all’altro e quando uno decide di andarsene ci rimaniamo male. Perché cambiare pallina è un conto, però se decidi di trasferirti in altri mondi allora le possibilità che ci si ritrovi diventano bassissime. Le palline, vuoi o non vuoi, sono sempre quelle. Per dire, qualche tempo fa mi è capitato di ritrovare una per cui mi ero preso una cotta quando ero giovanissimo. Poi lei aveva deciso di cambiare aria («Su questa pallina si annoierebbero anche i sassi», usava dire con quel lieve accento piemontese che mi mandava in brodo di giuggiole) e io non la rividi per molto tempo finché, mi pare a Montpellier o forse era ad Agadir, la ritrovai. Aveva perso la sua bellezza, purtroppo, ma l’accento piemontese era rimasto. «Non è che mi sia divertita granché sulle altre palline, ma quella era proprio uno strazio», mi disse, ostentando forse in maniera eccessiva il suo cosmopolitismo.

Non che voglia vantarmi, ma qualcosina l’ho visitata anch’io e vi posso assicurare che a Melbourne non si sta per niente male. Non so se ci siete mai stati, ma tira proprio un’aria diversa. Innanzitutto, sulle palline si sta benissimo, perché c’è il sole che picchia, sì, ma basta stare un po’ attenti e non ci scotta mai. E poi con tutti quegli arbusti che crescono sulle palline basta mettersi un po’ all’ombra per evitare guai. La sera, poi, è il mio momento preferito, quando il sole cala e la superficie della pallina diventa più dura ma rilascia quel po’ di calore che ha accumulato durante la giornata. Come ho detto, la superficie, specie dopo un po’ che la pallina viene colpita, diventa molto irregolare e questo ha dei vantaggi ma anche dei svantaggi. Una cosa che mi piace fare, per esempio, è adagiarmi di sera su queste piccole vallate che si creano e godermi la brezza mentre mi crogiolo e penso al programma del giorno successivo.

Mi pare di averlo già detto, ma le palline più importanti sono molto noiose. Un altro dei guai che riguarda queste palline è che nei tornei più importanti sono particolarmente affollate. Come se non bastasse, i cicli di vita di queste palline sono incredibilmente brevi. Per questo motivo occorre sapersi spostare bene da una pallina all’altra se non si vuole rischiare di finire in qualche cesto della spazzatura e rischiare di perdersi tutto il torneo. Io ormai ho la mia tecnica e potrei anche rivelarvela ma non vorrei avvantaggiare gli altri. Inoltre non credo che vi intesserebbe. Fatto sta che sono ben pochi i tornei nei quali non riesco ad arrivare in finale. Solitamente riesco anche a ricavarmi una delle posizioni migliori, ma come ho detto le palline cambiano di continuo per cui non si può mai sapere.

La finale degli Australian Open, per esempio, me la sono goduta quasi tutta. Un po’ cortina, eh, però tutto sommato ci siamo divertiti là sopra. Certo, il tennis di oggi non è mica come quello di una volta. Una volta ti mettevi tranquillo sopra al feltro e sapevi che bene o male arrivavi integro a fine partita. Potevi pure distrarti, leggerti qualcosa, oppure anche giocare a carte e berti qualche bicchierino mentre commenti le notizie della settimana. Oggi invece le palline vengono colpite talmente forte che bisogna stare ben attenti e occorre aggrapparsi forte agli arbusti se non si vuole essere sbalzati via. Quando tagliano la palla, però, che goduria! Sarà che ormai non ci siamo più abituati, ma quando quelli là inclinano la racchetta quel tanto che basta, staccano la mano e poi danno il taglio giusto, mi corre un brivido lungo la schiena. O meglio, mi correrrebbe un brivido sulla schiena, se avessi una schiena.

Purtroppo, nonostante tutto l’impegno che c’ho messo a saltare da una pallina all’altra, il divertimento non è stato quello che mi aspettavo. Ogni finale, ve lo dice uno che ne ha viste tante, merita di essere vista, ma è anche vero che troppe volte la tensione di uno dei due rovina tutto. Noi più anziani ce ne accorgiamo sùbito: sentiamo l’impatto delle corde con la pallina e capiamo se chi ha colpito è convinto o no di quello che sta facendo, se ha altri pensieri, se ieri ha riposato poco, se l’altro giorno ha avuto mal di testa e così via. Domenica non ci ho messo molto a capire come sarebbe andata. Da una parte venivamo colpiti in maniera perfetta, sempre al posto giusto, al momento giusto, con la tensione giusta. Di là il colpo era una volta pulito, una volta sporco; una volta cattivo, una volta molle. E insomma la partita è durata due ore ma è come se non si fosse giocata. Purtroppo noi che abbiamo saltato migliaia di palline queste cose le cogliamo al volo e quindi tante volte ci dobbiamo accontentare delle scommesse e tentiamo di indovinare quale colpo verrà giocato, dove arriverà la pallina, dopo quanti colpi arriverà l’errore non forzato, quanti anni ha quel raccatapalle e altre cose di questo tipo. Però lo sapete meglio di me: il tennis è un’altra cosa.

La cosa positiva è che vediamo un mucchio di posti diversi, noialtri, e dunque anche se il torneo non è stato così come ce lo aspettavamo, possiamo consolarci con la vista. Io, per fare un esempio, ho deciso di fermarmi un altro paio di settimane qui a Melbourne, poi se avrò un po’ di fortuna dovrei finire a Indian Wells. Il mio prozio era solito raccontarci che lì aveva conosciuto la sua futura moglie e quindi ogni volta che ci torno spero di trovarci l’anima gemella. Ma se poi non le piace viaggiare?

Australian Open 2016


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