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#MasterRecap: la grande illusione

Wawrinka
Se voi chiedete a un qualsiasi giocatore di tennis, dal professionista all’amatore, che tipo di avversario vorrebbe trovarsi di fronte fra il regolarista dalla mente stabile e il talento che spesso si sveglia con la luna storta, vedrete che il tennista intelligente sceglierà sempre questa seconda categoria. Che annovera Wawrinka fra i suoi maggiorenti. Vero che uno che ha vinto due prove dello Slam, giocando peraltro due soli finali di questi tornei, è un cliente di quelli poco raccomandabili, e quindi come non aver paura di uno così durante i tornei maggiori? È che Wawrinka si prende tante pause mentali, ma non solamente durante la partita, ma durante la stagione. L’annata di Stan The Man, fin qui, non è stata di quelle memorabili. Ha giocato buone partite, e altre ha letteralmente scelto di giocarle giusto per presentarsi in campo. Ha perso a Madrid contro un ottimo Kyrgios, e dio solo sa quanto ci è rimasto male. Perché alla fine, per tennisti come lui, tutto quello che gira fuori dal campo influenza il rendimento in campo. E poi Stan ha passato i trenta, magari vuole solamente godersi sempre di più il piacere del sentirsi appagato per aver vinto due tornei così importanti, roba che chiunque l’avesse predetto qualche  anno fa sarebbe stato da consegnare alla ASL per un TSO. Però occhio: può sempre trovare la fame di vittoria, e allora sarebbero problemi. Ma anche noi sceglieremmo sempre uno come lui da affrontare rispetto agli altri big.

Djokovic
Nadal, vincendo il torneo di Montecarlo, aveva raggiunto Djokovic nel computo totale dei Master 1000 vinti in carriera, 29. Il serbo non l’ha presa bene e ha vinto il torneo che l’ha visto ritornare in campo dopo quel pomeriggio di Montecarlo in cui si è consegnato a Jiri Vesely, eroe per un giorno. Che Djokovic abbiamo visto a Madrid? Un buon Djokovic, decisamente. La pausa forzata di Montecarlo è arrivata sùbito, e se il serbo doveva perdere, meglio farlo al primo turno, per avere molti più giorni a disposizione per riposarsi e ricaricarsi. Giornate da passare in famiglia fra un allenamento e un altro, staccare dal tennis dei punti ATP e guardare distrattamente i risultati alla sera, prima di dormire, giusto per sentire crescere di nuovo la fame di vittorie che è innata dentro di lui, facendogli desiderare sempre di più il ritorno alle gare. A Madrid ha spezzato le reni di due che hanno provato ad affrontarlo a petto in fuori. Il miglior Nishikori della stagione è stato gestito con perdite minime mentre un Murray che sembra molto intenzionato a fare sul serio sui campi in terra battuta è stato battuto al terzo set con qualche difficoltà in più. Ma è stato battuto, e solo col brivido di qualche palla break concessa nel momento di chiudere la partita. Qualcosa doveva pur concedere al numero due del mondo, no? E insomma, come arriva Djokovic al Roland Garros? Ci arriva bene, e forse affamato. Fossimo in lui, cercheremo di non andare troppo in fondo al torneo di Roma. Solo che se Novak scende in campo, poi è difficile che perda.

È inutile che vi aspettiate un colpo facile se state servendo contro Djokovic.

 

Murray
Il bicchiere pieno di Andy Murray è una buona semifinale contro un avversario che sul rosso gli ha quasi sempre lasciato le briciole e un ottimo secondo set contro il numero 1 del mondo. Ma il bicchiere mezzo vuoto è anche una semifinale durata oltre due ore e che Murray poteva tranquillamente chiudere prima, risparmiandosi spiacevoli pensieri relativi a quanto successo un paio di settimane fa a Montecarlo e l’ennesima, bruciante sconfitta per via di quello che oramai sembra diventato una specie di complesso psicologico nei confronti di Djokovic. Le condizioni di Madrid, si sa, sono le più lontane da quelle di Parigi, e Murray sembra trovarcisi a suo agio. Contro Nadal si è trovato avanti 5-2 sia nel primo che nel secondo set, mentre contro Djokovic ha giocato un’ora di altissimo livello. C’è da ben sperare per Parigi? Lo scozzese sembra in risalita e dopo la brutta scoppola di Montecarlo ha trovato la reazione giusta (magari aiutato dall’allenamento a Manacor con il suo avversario?): paradossalmente, però, ha perso la seconda posizione mondiale proprio quando ha riaffermato di essere il rivale più credibile di Djokovic, almeno sulla terra. A Roma si giocherà la seconda testa di serie con Federer, che difende la finale e ha poche speranze di essere numero 2 a Parigi.

Una delle chiavi della vittoria in semifinale: Nadal ha convertito appena due palle break su tredici.

Federer
È difficile dire come sta Federer. Le statistiche non sono incoraggianti: su sette tornei che avrebbe dovuto giocare, è sceso in campo solo in tre di questi raggiungendo tra l’altro risultati poco esaltanti. Ma l’estrema cautela dello svizzero non dovrebbe essere così preoccupante. A fine 2015 aveva addirittura annunciato che non avrebbe giocato nessun torneo sul rosso prima del Roland Garros. Poi è successo un po’ di tutto: un infortunio imprevisto, il programma che cambia, i ritiri in extremis da Miami e da Madrid e tanti dubbi in vista di Roma e Parigi. Al pubblico romano, comunque, poco importa: non vincerà nemmeno quest’anno, il loro idolo, ma almeno potranno gustarsi qualche facile turno da raccontare agli amici davanti ad una birra a Trastevere (in piazza Trilussa, ça va sans dire.)

Solo Totti può ambire ad una venerazione maggiore, a Roma.

Nadal
A Montecarlo Nadal aveva battuto Murray vincendo di fatto il torneo il sabato, perché poi difficilmente avrebbe perso con Monfils il giorno dopo. Così è stato, anche se con qualche problemino di troppo contro il francese, ma il giorno dopo della vittoria si ricorda solo il nome di chi ha alzato la coppa. Murray aveva vinto il primo set contro Rafa a Montecarlo, che si gioca sul livello del mare a differenza di Madrid. La versione di Nadal vista nella capitale spagnola era una di quelle chiaramente battibili. Lo spagnolo è sembrato un po’ stanco fisicamente, e il suo dritto ne ha risentito in termini di profondità. Sia chiaro: non si tratta di un vero e proprio passo indietro, anche perché perdere contro un ottimo Murray ci può stare, ma l’impressione è che le partite messe di fila fra Montecarlo, Barcellona e Madrid hanno pesato parecchio sul fisico di un tennista ormai trentenne. E ora c’è Roma, dove inevitabilmente dovrà giocare contro Djokovic ai quarti di finale, se nessuno dei due commetterà qualche passo falso. Chiamiamo in causa ancora una volta il presunto onnipotente: dio solo sa quanto entrambi, ma più Nadal, vorrebbero non giocare questa partita in ottica Roland Garros. Siamo sicuri che Rafa sta pensando al bersaglio grosso, e per quello sarebbe pronto a sacrificare anche Roma per avere una decina di giorni per ritrovare la forma perfetta. Ma soprattutto la fame.

A Madrid li ha separati Murray, a Roma potrebbero trovarsi nei quarti per il classico big match serale.

Nishikori
L’aurea mediocritas nella quale si sta adagiando Kei Nishikori sta assumendo contorni davvero inquietanti, almeno per chi sperava per una carriera diversa per il giapponese. Invece, Nishikori sembra destinato ad una carriera simile a quella di Berdych: una finale Slam all’improvviso, qualche buon risultato contro i top player e poi, pian piano, una candidatura che sbiadisce piano piano. Rispetto a Berdych, però, Nishikori ha un vantaggio: quando il ceco cominciò a diventare grande, Federer, Nadal e Djokovic (specie gli ultimi due) stavano giocando ancora ad altissimi livelli. Nishikori, se vuole davvero vincere qualcosa di importante, deve farsi trovare pronto, perché non manca molto prima che i Kyrgios e gli Zverev comincino ad appropriarsi di quei posti che lui, Berdych e Tsonga non sono riusciti a prendersi negli ultimi anni. A Madrid Nishikori ha fatto di nuovo il suo: sconfitta scampata per un pelo con Fognini, una dimostrazione di solidità contro un Kyrgios che sulla terra è ancora un gradino sotto al giapponese e poi un’onorevole sconfitta contro Djokovic, con la soddisfazione di aver strappato per primo il servizio al serbo nella settimana madrilena e di aver annullato quattro match point. È ancora pochino, però.

https://twitter.com/MutuaMadridOpen/status/729083972223836160

Quando si dice giocare a tutto campo.

Gli inseguitori
In un ipotetico Tour d’Europe che parte da Montecarlo, passa per Madrid, si trasferisce a Roma e arriva fino a Parigi ci possiamo immaginare un Djokovic già in fuga e con un discreto vantaggio, Murray e Nadal che si passano la borraccia per limare lo svantaggio, Nishikori che arranca lì dietro, Wawrinka che ha bucato e nel frattempo s’è fatto un panino per ingannare l’attesa prima che arrivi l’ammiraglia, Federer che sta firmando autografi alla partenza e non s’è accorto che gli altri sono già a metà percorso e un gruppetto di inseguitori che spera di trovare lo spunto giusto per portarsi alla cosiddetta tête de la course. Tra questi inseguitori c’è certamente Nick Kyrgios, il cui curriculum sul rosso si sta arricchendo di risultati prestigiosi. A Madrid ha accarezzato l’idea della semifinale e del primo incontro con Sua Maestà, ma ci si è messo di mezzo ancora Kei Nishikori, che l’ha battuto ancora una volta dopo le vittorie a Shanghai lo scorso anno e a Montecarlo un paio di settimane fa. Tra gli altri, non sono emersi nomi nuovi: Raonic ha perso ancora una volta con Djokovic ed è difficile che possa fare molto meglio di una semifinale prima che arrivi l’erba; Thiem ha steccato con del Potro, ma a Parigi bisognerà comunque tenerlo d’occhio; Berdych ha raggiunto l’ennesimo quarto di finale, ma scommettere su di lui è qualcosa di simile ad un atto di fede; Monfils e Tsonga sono i soliti inaffidabili: li troveremo in finale tra un mese.

ATP Madrid 2015


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