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I racconti di Tursunov

Ad uno come Dmitry Tursunov non poteva capitare peggiore esordio in uno Slam: se proprio doveva pescare una testa di serie, meglio Djokovic o Nadal in uno dei campi principali, piuttosto che la grigia ineluttabilità di Roberto Bautista-Agut sul campo 8 del Roland Garros. Contro i due mostri avrebbe avuto le stesse chance di vincere, cioè nessuna, ma almeno Dmitry avrebbe trovato il modo di farsi notare. Invece il sorteggio del secondo Slam dell’anno gli ha riservato Bautista-Agut, che come al solito non ha deluso nelle partite in cui è favorito: è finita 18 game a 7 e Tursunov è stato costretto a rimandare l’appuntamento con la vittoria in una partita di uno Slam. L’ultima fu proprio a Parigi, due anni fa. Da allora c’è stato di mezzo un grave infortunio che lo ha fatto scendere nei bassifondi della classifica (prima del Roland Garros era 480 ATP, adesso è salito di una ventina di posizione) e chissà, forse gli ha fatto venire qualche pensiero di ritiro. A inizio anno ha provato a giocare agli Australian Open ma il tabellone è stato poco clemente e così il russo si è ritirato nel primo turno dopo aver perso i primi due set contro Stan Wawrinka. A Parigi, se non altro, è riuscito a completare la partita, ma per ora l’unica vittoria del 2016 nel circuito maggiore resta quella su Sam Groth ad Acapulco.

Per Tursunov, il 2016 è l’anno dell’ennesimo ritorno. A dire il vero, è tornato a giocare lo scorso novembre nel challenger di Ortisei, ma ha giocato appena una partita, più che altro per testare le sue condizioni. Il Tursunov che è tornato a giocare dopo oltre un anno di stop è comunque quello di sempre: potente, scriteriato, spettacolare. Il fisico, però, non è più quello di una volta. «Tornare a giocare è molto difficile psicologicamente. Ma pure fisicamente: ti senti come se avessi 10.000 anni», ha detto al sito dell’ATP. Di anni Tursunov ne ha appena 34, mica 10.000, ma a questi livelli c’è già chi ha deciso di lasciare perdere da un pezzo. Che il russo abbia deciso di provare a rientrare nel circuito nonostante fosse fuori dai primi 1000 è indice del fatto che questo tennista senta di avere ancora qualcosa da dare. Oppure, chissà, forse significa che questo tennista riccioluto non riesca ancora ad immaginarsi un futuro fuori dal circuito, nonostante tutte le difficoltà economiche. Nel 2013, quando era tra i primi trenta del mondo, Tursunov si lamentava delle grandi spese che un tennista del suo livello deve affrontare: «Spendiamo circa 100mila dollari l’anno per i viaggi. Non siamo nel calcio o nel basket, in cui ci pensa la società, ma è tutto a nostro carico. Penso che viaggiare con il proprio coach venga a costare 200 mila dollari in un anno». Uno come lui, peraltro, sa bene quanto possa essere importante avere un team alle spalle, visti i numerosi infortuni che ha subìto in carriera. Nel 2000 si fratturò una gamba rincorrendo una palla; due anni dopo si fratturò una vertebra e stette fuori sei mesi; nel 2009 fu il turno della caviglia e dovette operarsi addirittura tre volte; infine, tre anni fa, cominciò una serie di infortuni al piede che gli hanno fatto perdere un anno intero.

A Mosca, qualche mese fa, si è iscritto al torneo di doppio assieme alla nuova speranza del tennis russo, Andrey Rublev, e Tursunov ha conquistato il suo settimo titolo di doppio in carriera. Nella conferenza stampa, però, ha fatto capire che saranno i risultati in singolare a fargli prendere una decisione sul suo futuro. «Se il ranking mi permetterà di giocare nel 2017, lo farò. Ma se i risultati del 2016 saranno scarsi, allora mi ritirerò». Pochi mesi prima, invece, aveva detto che avrebbe voluto giocare fino a 40 anni. Per ora, comunque, il suo ritorno nel circuito non è andato benissimo: ha vinto una partita ad Acapulco e una nel challenger di Irving, in Texas, contro avversari discreti. Dopo la sconfitta con Bautista-Agut, il russo tornerà a giocare a Wimbledon, lo Slam in cui si è sempre trovato meglio, avendo raggiunto gli ottavi nel 2005 e nel 2006, e probabilmente il russo capirà che cosa vuole fare della sua carriera, dato che per arrivare ai 40 anni ne mancano ancora più di sei. Una volta gli chiesero che cosa avrebbe fatto nella vita se il padre non l’avesse fatto diventare un tennista. «Il blogger», disse. In effetti, nel 2006, durante il torneo dell’Estoril, l’ATP gli affidò un blog in cui raccontava a modo suo quello che gli succedeva attorno. Al primo turno, dopo aver battuto una wild-card di 15 anni, scrisse: «Certo che aveva 15 anni, ma allora anch’io sono biondo! Ognuno ha le sue scuse». Il blog lo fece diventare uno dei personaggi più amati del circuito, anche se i risultati che ha ottenuto in carriera sono forse inferiori di quelli che si aspettava il padre. Da quel momento in poi, Tursunov è diventato una specie di comico del gruppo e non c’è un giocatore del circuito che non abbia un aneddoto sui suoi scherzi. Poco prima di affrontare Roger Federer a Toronto, Tursunov gli nascose la fodera della racchetta mentre lo svizzero non stava guardando. «Ci vinsi un set, non so se quello scherzo mi abbia aiutato». Murray, che conversa spesso con Tursunov su twitter, nel 2006 fu preso in giro perché era finito sulla copertina di un magazine. Tursunov la appese negli spogliatoi con una nuova didascalia: «Complimenti al truccatore».

Rublev Tursunov doppio mosca
L’ultimo torneo vinto da Tursunov in doppio risaliva a Monaco 2013.

Il carisma non manca a Tursunov e magari Rublev, che è coetaneo di Alexander Zverev e di Taylor Fritz ma sembra essere un po’ in ritardo rispetto a loro, potrebbe beneficiare dei suoi consigli. Tursunov, però, non sembra ancora pronto a mollare il tennis giocato. Intanto, questo tennista continua a deliziare i suoi follower su Twitter e Instagram con post che ricordano perché il suo blog tenuto ad Estoril dieci anni fa fece così tanto successo. Il nome dell’account che ha scelto, tursunov_tales (“i racconti di Tursunov), è di gran lunga il miglior nickname del circuito, anche se Dmitry non aggiorna i suoi profili con la costanza che meriterebbero. Ad ogni modo, alcuni di questi post, valgono quanto un centinaio degli ingessatissimi messaggi che scrive Djokovic su twitter. Questo, per esempio, è il post che Tursunov ha dedicato a San Valentino: una foto del Frankestein Patty, un hamburger che ha battezzato così perché è «fatto con tutto quello che ho trovato nel frigo». Ci ha poi aggiunto #bellyismyvalentine, la pancia è il mio San Valentino, giusto per diventare virale:

Una foto pubblicata da Dmitry Tursunov (@tursunov_tales) in data:


Ma sarebbe ingiusto ridurre la sua carriera a qualche scherzo adolescenziale o raccontarlo attraverso i post su Instagram, perché qualche storia di tennis, Tursunov, la può raccontare. Anche se parla un inglese quasi perfetto e qualcuno lo definisce “un russo della California”, Tursunov si è sempre sentito più russo che statunitense. «Non so né surfare né andare sullo skateboard. Al massimo dico “Dude”, ecco». E in effetti per la Russia ha conquistato una delle vittorie più importanti della sua carriera, in una di quelle storie che esaltano i sostenitori di questa vetusta competizione. Pur essendo allora soltanto una giovane promessa in una squadra che comprendeva un giocatore solido come Davydenko e un talentuoso imprevedibile come Youzhny, Dmitry riuscì a ritagliarsi un ruolo importante nell’ultima vittoria della Russia in Coppa Davis. Nel 2006 Tursunov conquistò infatti due vittorie fondamentali sul filo di lana. La prima nei quarti contro la Francia, quando batté Richard Gasquet per 7-5 al quinto e conquistò il punto della vittoria; la seconda cinque mesi più tardi a Mosca contro gli Stati Uniti. Andy Roddick, numero uno del suo paese, aveva l’occasione di pareggiare il conto e di far giocare il tie decisivo a Safin e Blake. Ma contro Tursunov, scelto a sorpresa da Tarpischev al posto di Davydenko che non era al cento per cento, Roddick subì una delle sconfitte più cocenti della sua carriera: finì 17-15 al quinto e la Russia si qualificò in finale contro l’Argentina, nella quale Tursunov contribuirà alla vittoria con il punto vinto in doppio con l’amico Marat Safin. L’anno dopo, dopo un terzo turno perso nettamente contro Berdych, Tursunov entrò tra i primi venti del mondo ma da allora non ha più raggiunto quella posizione.

Safin e Tursunov hanno diverse cose in comune.

La carriera di Tursunov, ormai giunta alla conclusione, raggiunse probabilmente l’apice nell’anno della Coppa Davis, quando Dmitry aveva ancora 24 anni e sembrava che la sua storia avrebbe potuto prendere un’altra piega. Ma non sono stati solo gli infortuni a fare da ostacolo a Tursunov: il tennis potente e aggressivo del russo ha sempre avuto come contraltare una scelleratezza tattica che José Higueras, celebre terraiolo degli anni ’80, provò a smorzare senza successo. Il suo carattere spiccato e istintivo gli è costato più di qualche multa. Nel 2006, durante un match piuttosto combattuto contro Jarkko Nieminen, mostrò il dito medio all’arbitro, poi si rifiutò di stringergli la mano e infine, in conferenza stampa, disse che l’arbitro era un idiota. E ovviamente, a fare le spese del suo atteggiamento sono state le tante racchette spaccate. «Spaccare la racchetta è orgasmico», spiegò in un articolo sul Telegraph che era una specie di guida su come spaccare le racchette e sui suoi effetti benefici. Tursunov, però, sembra più rammaricato più per come ha gestito il suo corpo, che per il suo tennis: «Se avessi avuto sempre un fisioterapista con me, forse non avrei giocato quei tornei in cui giocavo nonostante il dolore, perché volevo sentirmi come un gladiatore. Ma alla fine tutti questi pensieri non contano: la cosa migliore che posso fare è trasmettere questa mia esperienza a quelli che verranno dopo di me». Sembra strano, ma un tennista irrequieto e imprevedibile come Tursunov pensa di poter diventare un allenatore quando smetterà di giocare. Chissà, magari ha ragione lui, ma tra poco comincia Wimbledon e Dmitry pare voglia raccontare ancora qualche storia.

Dmitry Tursunov


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