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Svetlana rollercoaster

Poco dopo aver vinto il primo Slam della sua carriera, quando aveva appena 19 anni, Svetlana Kuznetsova, in attesa della conferenza stampa, non trovò di meglio che allenarsi un po’. Le chiesero come mai avesse avuto la voglia ditornare sul campo e lei, con tutta la semplicità che una teenager può avere, disse: «È il tennis. Vive con me, vive dentro di me». Ad essere onesti, sembrava un brutto spot della Nike, di quelli in bianco e nero con qualche frase motivazionale che compare verso la fine. Ma era la verità. Col senno del poi c’è qualche dubbio sul fatto che sia andata sempre così, ma allora sembrava quasi naturale che quella ragazzina dal talento così impressionante decidesse di scendere in campo per un’altra ora con l’obiettivo di “pulire” i colpi; lei che già nel 2004 aveva un tennis vicino alla perfezione.

Svetlana Kuznetsova non è una tennista come le altre. Vederla giocare è un’esperienza diversa e bastano pochi minuti per accorgersene. Ha delle gambe molto potenti – in famiglia sono tutti ciclisti, del resto – e con il dritto mette la palla dove vuole. Più che una racchetta, Sveta ha un telecomando. Il suo problema è che quel telecomando spesso si inceppa. È praticamente impossibile capire cosa succederà una volta che Kuznetsova scende in campo: vincerà i primi quattro game contro Caroline Wozniacki annullando ogni tentativo di difesa della danese oppure perderà i successivi otto game, buttando la partita? La sua carriera si è giocata tutto su questo interrogativo e le sue avversarie lo sanno bene: ci possono perdere con una come lei, perché è una tennista di un altro livello, ma con un pizzico di fortuna e pazienza si può sperare di allungare il match quel tanto che basta per cambiarne le sorti.

Agli Australian Open di cinque anni fa, contro Francesca Schiavone, una delle poche tenniste che parla la sua stessa lingua, stette in campo per quasi cinque ore. Non fu una partita bellissima, almeno all’inizio. Pian piano però il tennis variegato e creativo di Francesca cominciò a incastrarsi con quello potente e geometrico di Svetlana. Sembrava che nessuna delle due volesse vincere, per continuare a giocare un altro punto e vedere che cosa succedeva. Si ritrovarono Parigi qualche anno più tardi, quando Schiavone era ormai l’ombra di sé stessa e Svetlana stava invece tornando a livelli più adeguati alla sua fama, e la magia si ripeté. Schiavone inventava demivolée sopraffine e Kuznetsova la lasciava immobile con un rovescio lungolinea, poi si sfidavano in scambi infiniti con il dritto in top-spin per vedere chi si stancava per prima e infine, dopo che era successo di tutto e il contrario di tutto, le due avversarie si abbracciavano in un lungo momento di nostalgia tennistica. Quanti momenti come questi ha vissuto Kuznetsova in quindici anni? Tanti. Troppi.

Questa sì che sì può definire una partita epica

Dopo aver vinto gli US Open nel 2004, le chiesero quali obiettivi si poneva per il futuro. Prima l’Orange Bowl quando era ancora una junior, poi la top 100, poi all’improvviso uno Slam. Quale sarebbe stato il prossimo passo? «Ovviamente voglio ottenere sempre di più. Quando ero la numero 30 al mondo mi dicevo che dovevo avere di più. Quando ero numero 10, mi dicevo che dovevo avere di più. Ogni volta trovo dei nuovi obiettivi». Eppure non arriverà mai al numero 1 del mondo. Si fermerà un gradino prima, nel 2007, quando è già una tennista matura e le sorelle Williams lasciano poco spazio alla concorrenza. Il 2004 era stato l’anno delle sorprese: dopo il Roland Garros di Anastasia Myskina, il Wimbledon di Maria Sharapova, toccò agli US Open di Svetlana Kuznetsova, che era la testa di serie numero 9 ma che nessuno riteneva capace di vincere un torneo così prestigioso. Ma nella prima finale russa della storia degli US Open Kuznetsova non tremò, a differenza del servizio di Elena Dementieva, troppo delicata per essere una vincente.

Il resto della carriera di Svetlana è un continuo saliscendi che è difficile riassumere senza essere noiosi: nel 2005 uscì dalle prime 10 dopo gli US Open, visto che perse al primo turno contro la numero 97 del mondo, l’anno successivo tornò in finale in uno Slam e nel 2007 arrivò al best ranking, perdendo la finale degli US Open contro Justine Henin dopo aver vinto una delle semifinali più brutte della storia. Il 2008 la confermò tra le prime dieci, ma non vinse nemmeno un titolo, perdendo cinque volte in finale.

Poi arrivò il 2009, la terra battuta e Kuznetsova visse uno dei periodi più felici della carriera: vinse a Stoccarda contro Dinara Safina, le concesse la rivincita a Roma ma vinse la bella sul palcoscenico più presitigioso, quello del Philippe Chatrier. Cinque anni dopo il primo Slam, Kuznetsova si riscoprì campionessa in modo inaspettato: il secondo titolo non fu più sorprendente del primo – come poteva esserlo? – e fu lei stessa a dirlo: «Ho aspettato questo momento così a lungo…».

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Sedici i titoli in carriera per Svetlana nel circuito WTA

Da allora, in circa sei anni, Kuznetsova ha giocato dieci finali; dal 2010 al 2014 non ha vinto alcun titolo; è uscita dalle prime 50 del mondo ma quest’anno, a 31 anni, è rientrata tra le prime 10 del mondo ed è tornata a vincere un titolo a fine 2015, a Mosca, lei che è nata sulla Nevskij Prospekt cara a Battiato.

Negli Slam, però, non ha più ottenuto dei risultati di rilievo dopo la vittoria del 2009. Ha raggiunto i quarti altre quattro volte, ma per lo più ha subìto sconfitte deludenti come quella con Kateryna Bondarenko agli Australian Open di quest’anno o contro Krystina Pliskova a Wimbledon lo scorso anno.
Nel 2016, prima che decidesse di condensare un’intera carriera in un povero secondo turno degli US Open, a Wimbledon ha fatto penare Serena a lungo, poi hanno chiuso il tetto, sospeso il gioco e Svetlana è rimasta negli spogliatoi.

Se non ci fosse quella carriera alla spalle si potrebbe pensare che il 2016 possa essere un normale anno di un’ottima giocatrice. In fondo perde solo con chi vince il torneo, o quasi: Muguruza a Parigi, Serena a Roma e Wimbledon, la rivelazione Pliskova a Cincinnati, Azarenka a Miami, dopo aver battuto Serena. Ha vinto a Sydney, battendo in finale la campionessa olimpica, che allora nessuno conosceva e che anche oggi a dirla tutta non è che sia proprio la star dei vari tornei in cui gioca. È diventata più saggia forse ma non una trombona, ed è stata deliziosa la perfidia con cui ha litigato la Giorgi: «gioco come lei? Io gioco a tennis, lei tira dei colpi».

Chissà cosa starà macchinando adesso. Forse vincere le Finals. O non riuscire a qualificarsi. È Svetlana, a che serve fare pronostici?

Svetlana Kuznetsova


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