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Per chi suona il gong

Ci si aspetta tanto da Nishikori, quello che sta giocando il “tennis of his career”, così ha detto Andy Murray alla vigilia del match, e che nel primo game su sei punti giocati ha già sbagliato due dritti. Siamo al mercoledì e ancora non c’è stata una partita veramente da ricordare.  

Murray e Nishikori iniziano sornioni, con il punteggio che segue i servizi. Nishikori è pericoloso quando il suo gioco funziona, quando il suo pressing continuo da fondo campo ad intensità crescente è produttivo. Nei palleggi però, il giapponese deve sempre sperare che la palla rimbalzi alla sua sinistra, perché costretto a colpire il dritto spesso perde sicurezza, soprattutto nei momenti “caldi”. Murray, uno che è riuscito ad arrivare numero uno del mondo aspettando con pazienza il suo momento, ribatte colpo su colpo, ogni tanto scende a rete per una volée e ottiene i cosiddetti free point al servizio: ribadisce che sa fare più cose del suo avversario e che è il miglior difensore al mondo sul campo da tennis.

Dopo un paio di game i primi problemi, però, li ha Murray. Nishikori si procura una palla break rispondendo a una (solita) lenta seconda palla dello scozzese, che non viene chiamata fuori; Kei fa per alzare il braccio ma poi fa il vago quando vede che il suo forte rovescio non torna nella sua metà campo. Allora Murray storce la bocca e dice all’arbitro: «Ma come, non aveva alzato il braccio per il falco?». E l’arbitro, «Non ha detto niente, bastava che tu rimandassi la palla di là e il punto sarebbe stato tuo». Più o meno. È in situazioni del genere che Murray spreca energie psichiche, parlando con l’arbitro per questo falco non chiesto, che gli avrebbe comunque fatto perdere il punto. Lui, comunque, annulla la palla break e si salva, anche perché Nishikori sbaglia altri due dritti di fila.

Prima di questa partita gli H2H fra i due vedevano in vantaggio Murray per 7 a 2
Prima di questa partita gli H2H fra i due vedevano in vantaggio Murray per 7 a 2

Su Sky non c’è Schiavone a commentare la partita ma Bertolucci. La tesi di “Pasta Kid” su Nishikori è quella che va per la maggiore: “tutto il gioco di Nishikori non può basarsi solo sul suo rovescio”. Che però oggi gli fa fare partita pari con Murray, che è impegnato nei suoi monologhi fin dal primo punto del match. Lui odia se stesso più di tutto il suo staff,  e oggi il leitmotiv è che lui si sente “sluggish”, lento. Gioca una partita solo difensiva, ma tanto gli basta per non perdere il servizio pur correndo qualche piccolo rischio in più rispetto a Nishikori. Il match è noioso.

Sul 5-5 arriva un’emozione: Murray concede un’altra palla break per Nishikori, la terza del set ma il giapponese, che pure aveva il controllo dello scambio da fondo campo, spedisce un rovescio in rete. Murray aspetta il suo momento, pazientemente, che arriva quando Nishikori si ritrova 30-40 sul suo servizio: è setpoint. Murray conduce lo scambio ma sbaglia un dritto non impossibile per lui. Gli costa caro questo errore, perché al tiebreak serve ancora più piano del solito con la seconda palla di servizio e Nishikori lo aggredisce da subito: Kei va avanti 6-3, sembra fatta. E invece un dritto vincente del giapponese esce di poco, Murray tira fuori un vincente, e poi Nishikori si suicida: chiamato a rete a recuperare uan smorzata, colpisce forte di rovescio in laterale, proprio dove sta correndo Murray, che indirizza in campo aperto. Kei non può rimandarla di là. Murray, si procura setpoint ma poi commette due errori, e kei torna a SP, ma la risposta di dritto va fuori, così come va fuori quella sull’8 pari, così Murray al terzo set point, annullato da Nishikori in maniera quasi rocambolesca. Finirà il tiebreak, prima o poi, e intanto il giapponese si procura il quinto setpoint chiudendo un dritto incrociato. E qui Murray decide che è ora di perdere il primo set da numero 1 del mondo, spedendo un dritto fuori dopo 1 ora e 25 minuti di gioco.

Tutti quanti, spettatori in tribuna, feticisti della pallina gialla da divano e persino Bernandes, stanco in volto quando la telecamera indugia su di lui, la chiuderemmo qui. E invece si va avanti. Murray prende un break subito, al primo game, poi sul 4 a 3 lo cede ma poi lo riprende nel game successivo. Chiude 6-4 non prima di aver salvato due palle per il 5-5 e dopo 2 ore e 18 minuti siamo un set pari .

Nel terzo set Nishikori accusa il colpo, anche se i due continuano a giocare un tennis molto contemporaneo, con scambi molto lunghi, game molto lunghi e insomma tutto sembra interminabile.  Per quanto i game si susseguano sempre con lo stesso andamento – un punto uno un punto l’altro – alla fine Murray sembra riesca a spiegare perché è il numero 1: saremo anche in equilibrio ma alla fine il game lo vinco io, sembra dire al giapponese. Con sorpresa si guarda il risultato e si scopre il 5 a 1, che sembra raccontare una partita diversa da quella che stiamo vedendo. Forse anche per Murray è eccessivo, molla un po’ e cede il secondo servizio della giornata. Nishikori si avvicina fino al 5 a 4 e chissà, forse Andy rivede gli spettri di New York, quando un misterioso “gong” lo distrasse fino a fargli perdere un match (e uno slam) in cui era avanti due set a uno e un break al quarto. Murray decide che basta così, gioca finalmente un game impeccabile e chiude 6-4, vince la ventunesima partita di fila, non perde da chissà quando. Stavolta il gong non è arrivato.

Andy Murray ATP World Tour Finals 2016 Kei Nishikori


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