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Sette giorni a Cincinnati

Lunedì: il giorno del lucky loser
«Cincinnati è uno dei mei tornei preferiti ma…». Bastano le prime parole per capire quello che tutti già sanno da 24 ore: Federer non giocherà nel suo Masters 1000 preferito, o perlomeno quello che ha vinto più volte (sette). È la decisione più logica dopo quello che è successo il giorno prima a Montréal: la schiena torna a dare qualche noia, non si sa di quale entità, ma quanto basta per lasciare andare il secondo set contro Zverev e rinunciare al torneo che avrebbe potuto riconsegnargli il numero 1. Ma se c’è una cosa che lo svizzero ha imparato, in questa ultima parte di carriera, è che non bisogna aver fretta. E allora ben vengano due settimane di riposo prima degli US Open. Magari tornerà acciacciato, oppure no. In tal caso, vuoi mettere la soddisfazione di vincere a New York dopo nove anni, portare a casa il terzo Slam dell’anno, il ventesimo totale e tornare al numero 1 del mondo in un colpo solo? Intanto, qualche temerario fiuta la possibile impresa di Fognini contro Thiem, match in programma il giorno dopo: “Puoi farcela Fabio” si legge su numerosi siti web e giornali, sottolineando una condizione non proprio ottimale di Thiem.

Martedì: mal di stomaco
In questa balorda stagione tennistica di transizione – come sempre, avrebbe detto Flaiano – i professionisti del tennis stanno rivedendo le loro abitudine sperando di imbroccare la decisione giusta. E finiscono per imitare Federer, come se avesse senso fare Federer quando non sei Federer. Come negli accordi salariali e come gli industriali straccioni predicano la teoria dei due tempi: prima il riposo e poi, per le vittorie, si vedrà. Nel frattempo spazio libero a gente che fatica a superare un turno di qualificazione e che magari un giorno troverà uno spiraglio per arrivare agli ottavi di un “1000” perché l’avversario si infortuna. In questo può sperare brava gente come l’indiano Ramanathan – che speriamo non diventi forte, visto quanto è piacevole scriverne il cognome – il fratello forte, come sempre di Ryan Harrison, il dostojevskiano Tipsarevic e una delle speranze paesane, già sfiorite, Thomas Fabbiano. Dei quattro l’unico a portare a casa il match è stato proprio l’indiano, che poi ha ceduto a Donaldson, non proprio Laver. Per gli altri sconfitte contro Basilashvili, Khachanov e Ferrer. E prima dell’inutile sarcasmo meglio dire che in fondo Tipsarevic ha fatto una figura migliore di Thiem contro Ferru. Insomma, per molto meno il tennis femminile ha subìto ridicole critiche e rimbrotti e addirittura discussioni sull’abbassamento del montepremi. Chissà la folla per Basilashvili-Donaldson. Thiem non era al meglio ma Fognini vince solo cinque game contro l’austriaco. L’italiano dice che ha avuto un mal di stomaco, magari postumi del pranzo di Ferragosto, ma forse non avrà letto i titoli che gli indicavano la strada per la vittoria contro il numero 8 ATP.

Mercoledì: Zverev è cotto come un copertone
Poco prima del match tra Alexander Zverev e Frances Tiafoe, Tennis TV dedica un profilo al tedesco, vincitore a Washington e Montréal. Ci sono Nadal, Thiem, Dimitrov e tutti ne parlano benissimo utilizzando i soliti ritornelli. Poi arriva lui, sguardo di ghiaccio e capelli domati, a professare umiltà: «Ho molta fiducia in me stesso in questo momento, per questo sto giocando così bene». Ma dai. Contro lo statunitense dal dritto balordo, però, finisce malino: Zverev perde il primo set, poi sembra far partire una rimonta ma il break nel terzo non basta. Sascha saluta Cincinnati senza troppi rimpianti, a fine partita dirà di essere esausto e che nei successivi quattro giorni penserà esclusivamente a riposo. Agli US Open, per il terzo Slam consecutivo, sarà in prima fila, e tutti sono curiosi di vederlo nelle fasi finali di un torneo di questo livello, visto che per ora non ha ancora passato gli ottavi in un Major. Ma è questione di poco, pochissimo tempo, pare.

Giovedì: Piove sulle tamerici salmastre ed arse
Dicono che Federer non ami essere programmato a fine giornata, del resto si sa che le attese mal si addicono ai monarchi, generalmente poco pazienti. Invece Nadal, che da questa settimana è il nuovo numero 1 del mondo, a Cincinnati ha mostrato parecchia pazienza. Forse è stato lui a richiedere di giocare sempre alla sera, forse no. Il giovedì, però, ha stravolto i piani di tutti: su Cincinnati si è scatenato un temporale che a molti ha ricordato quello del venerdì sera agli Internazionali d’Italia, e così gli spettatori non hanno potuto vedere due tra i tennisti più attesi: Nadal, appunto, e Nick Kyrgios. Di Kyrgios, in realtà, qualcosa s’è visto, visto che il suo match contro Karlovic è stato interrotto sul 4-3; senza break, che domande. L’australiano ha trovato il tempo di intrattenere il pubblico con un selfie durante un cambio campo, ma in pratica non si è nemmeno scaldato e alla fine la pioggia ha rimandato al venerdì il suo match. Nadal non è nemmeno sceso in campo. Frattanto si erano qualificati ai quarti Dimitrov (per la prima volta vittorioso su del Potro), Thiem, Isner ma non Carreño-Busta, battuto da David Ferrer.

Venerdì: doppio turno
Nadal fatica un set contro Ramos-Vinolas ma poi in meno di due ore completa la sua prima partita di giornata. Kyrgios, intanto, conferma di stare attraversando la settimana di luna buona e batte Ivo Karlovic in tre set. Nick e Rafa si ritrovano a tarda serata sul centrale di Cincinnati. Fra un selfie e qualche spacconata delle sue Nick rimane concentrato per tutta la partita: il 6-2 iniziale è pesantissimo, una sequenza di colpi vincenti che nessuno riuscirebbe a controbattere. Il 7-5 finale è frutto di un Rafa leggermente migliore ma poco incisivo al servizio, colpo che, invece, procura all’australiano molti vincenti. Una seconda palla a 133 miglia orarie è indice di serata buona. Un dritto lungolinea vincente a 99 miglia orarie spaventa anche Nadal. D’altronde, se Kyrgios ha voglia la sorte del match non dipende mai dall’avversario. Dimitrov batte il giapponese sano, Sugita, Isner continua il suo ottimo momento di forma arrivando in semifinale e, attenzione, Thiem riesce a perdere contro Ferrer.

Sabato: il giorno dei tiebreak
Semifinali di attesa, semifinali attese. Il quartetto formato da Dimitrov, Isner, Ferrer e Kyrgios è una novità, i Fab un ricordo sbiadito come il Nadal della sera prima ma Nick e Grisha bastano e avanzano per rinnovare una tradizione, anche se il Dimitrov a forza di fare il giovane è diventato quasi vecchio. Stavolta il bulgaro non tradisce, gioca un match di tigna e ogni tanto fa vedere cosa poteva essere e non sarà. Isner fa il suo, non perde mai il servizio e nel secondo tiebreak si inventa pure un passante di dritto a cui non crede neanche lui. Non basta, ovviamente. Il servizio non lo perdono neanche Kyrgios e Ferrer e così i maniaci vanno con la testa a Bercy 2010, quando di tiebreak se ne giocarono 5 (su sei set) ma l’unico a non perdere il servizio fu la buonanima di Soderling. Forse non fu un caso che sarà poi lo svedese a vincere il torneo, in finale contro Monfils. A Cincinnati Ferrer si accontenta della compartecipazione al record, ma Nick ha già esaurito la voglia, si capisce come andrà in finale.

Domenica: gira il mondo gira
Nell’anniversario della picconata inferta da Ramon Mercader a Lev Trockij Dimitrov e Kyrgios hanno dato il loro colpo all’Establishment tennistico improvvisando una finale che è sembrata già un classico. Grande tecnica, area tutto sommato indolente, la serena certezza di essere al proprio posto, solo un po’ in ritardo. Kyrgios ha, da bravo figliolo, assistito alla vittoria del meno giovane avversario, cosciente che molto presto arriverà il suo turno e magari allora non avrà più tanta voglia di guardare ammirato lo stile di un avversario che ha capito che non sarà Federer ma che qualche soddisfazione potrà togliersela comunque. Per i guardoni la consapevolezza che il 20 agosto si potranno pure mandare a sfilare i carri armati a Praga, come succederà a New York con Federer e Murray, ma la primavera non finirà a Cincinnati.

Grigor dimitrov


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