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Quelli che non perdono mai

Oggi Sinner ha perso contro Dimitrov, domani chissà. Ma tanto per i tifosi nostrani, nessuna sconfitta è davvero una sconfitta.

Oggi Sinner ha perso contro Dimitrov, domani chissà. Ma tanto per i tifosi nostrani, nessuna sconfitta è davvero una sconfitta.

Per usare le parole del nostro filosofo di riferimento, Jannik Sinner è uno di quelli a cui piace vedere la vernice che s’asciuga. Sempre per rimanere in tema, Grigor Dimitrov pare più interessato ai cocktail, anche se la carriera del bulgaro, che l’anno prossimo farà 30 anni, è sempre rimasta avvolta da un alone di indecifrabile mistero. Ha sprecato il proprio talento o abbiamo visto il miglior Dimitrov possibile? Non ha mai avuto la mentalità del vincente o è semplicemente nato nel periodo sbagliato? Difficile da dire, ma dovesse anche chiudere oggi la propria carriera, lo farà con tre semifinali Slam, le ATP Finals, un Masters 1000 e la terza posizione del ranking come miglior risultato. In termini di classifica, ha fatto meglio di tutti gli italiani messi assieme, per dire.

A fine partita, c’è da scommetterci ma non ci arrischiamo a scandagliare il web, in molti avranno scritto degli “attributi” di Sinner – a volte paragonati addirittura a mongolfiere, perché di iperboli non si è mai sazi, quando c’è da titillare l’orgoglio nazionalista -, contrapposti alla carriera da perdente di Dimitrov (e ai suoi attributi, ovviamente, paragonati a olive o noccioline a seconda dell’appetito). Che abbia vinto il bulgaro, oggi, ha naturalmente poca importanza. Troppa la differenza d’età, non sono queste le partite da vincere, è tutta salute, usciamo a testa alta e una sconfitta salutare non può che farci bene in vista del futuro, quando ci saranno da vincere Slam a raffica.

Sinner ha iniziato perfettamente il match, negli ottavi di finale del Masters 1000 di Roma: un break al primo gioco premiava il gioco aggressivo da fondo campo, un atteggiamento che durava per tutto il primo set mentre Dimitrov sembrava soltanto capace di abbozzare dei tentativi di difesa. Sul piano del palleggio Sinner era nettamente superiore, la sua palla filava via veloce, penetrante. Jannik non ha (ancora) tante variazioni nel suo gioco, gli basta (per ora) la robustezza di dritto e rovescio e un buon servizio. Dimitrov sembrava in giornata no, più che altro non sembrava neanche crederci tanto. Si salvava dal doppio break, ma il primo set finiva giustamente nelle mani del teenager che ha già fatto innamorare l’Italia.

Nel 2014 il miglior risultato di Dimitrov a Roma: la semifinale.

Il quale teenager bissava il break al primo gioco del secondo set. Dimitrov recuperava, iniziava a far giocare palle diverse a Sinner sfruttando il suo backspin di rovescio, un colpo non solo perfetto esteticamente, ma anche efficace in quanto a profondità e taglio di palla. Jannik cominciava a fare qualche errore, era costretto a scendere di più sulle gambe per colpire e, talvolta, a impattare palle non solo basse, ma corte. Dimitrov cercava di “incartargliela”, come direbbero sugli spalti a Roma, se solo ci fosse qualcuno a vedere questa partita, e ci riusciva.

Il match non era un granché, palleggi da fondo campo fino a cercare l’errore dell’avversario, rari i vincenti, rarissimi i punti a rete. A risolvere il match ci pensava il calo fisico di Jannik, la cui fatica si poteva quasi percepire con mano (dovuta anche al caldo torrido dell’ora di pranzo), tanto che Sinner prendeva dall’arbitro un warning per time violation.

Quel che è davvero interessante, è che se Jannik Sinner avrà una carriera come quella di Grigor Dimitrov, che oggi viene spesso utilizzato come epitome del fallimento (“Speriamo non faccia la fine di Dimitrov”), gli stessi che hanno scritto di andarci piano con i giudizi ci faranno presente che mai nessun italiano aveva vinto le Finals, oppure che mai nessun italiano era mai salito così in alto nel ranking, oppure, ancora, che mai nessun italiano aveva vinto tanti tornei ATP e così via. A seconda delle necessità, ci sarà un record da tirare fuori per farci un bel tweet, un bell’articolo sul sito federale, magari si tirerà fuori dal cilindro pure qualche lauto assegno, chissà se la generosità del presidente Binaghi si sarà affievolita dopo la centoquarantaseiesima ri-elezione.

Ad ogni modo, non è un luogo comune che la partita di oggi sarà una lezione per il futuro, sperando che Sinner sia intelligente a sufficienza da capire in che modo gli sarà utile. Vinto il primo set senza apparenti disagi, Sinner ha cominciato nel secondo set a soffrire il gioco pulito ma leggero di Dimitrov. A pesantezza di palla, i due sembrano già di due categorie di differenza e fa impressione se si pensa che Sinner ha appena compiuto 19 anni. Quel che sorprende di più dell’altoatesino, al momento, è l’estrema freddezza: nel secondo set, dopo un nastro piuttosto fortunato di Dimitrov e con Sinner già vicino alla rete per chiudere la volée, l’italiano si è dovuto riposizionare e giocare un rovescio complicato. Difficile? Sì, ma non per lui, che si è spostato appena appena con i piedi e con i polsi ha trovato l’angolo giusto per non far toccare la palla all’avversario. Un colpo nient’affatto banale in un momento delicato, che di solito riesce solo a quelli bravi per davvero.

Prossima fermata: Parigi.

Fare le scelte giuste al momento giusto sembra essere la qualità principale di Sinner, in maniera molto simile al suo conterraneo Seppi. A differenza di Seppi però, Sinner tira due volte più forte. Dimitrov ha vinto più di 300 partite in vita sua e, anche se ne ha perse più di qualcuna che non avrebbe dovuto perdere, sapeva benissimo che a furia di fare abbassare quel ragazzino dalle gambe lunghe sulle ginocchia, prima o poi l’avrebbe fatto stancare. Ed è più o meno quello che è successo oggi. Ha tardivamente capito che non gli conveniva fare a pallate da fondo campo facendo giocare a Sinner tutte palle comode, ha provato quindi a variare l’altezza di palla giocando molti più rovesci in back spin rispetto al primo set. Gli errori hanno prevedibilmente cominciato ad arrivare dato che Sinner, come lui stesso dirà poi in conferenza stampa, ha “problemi a capire cosa fare quando la palla rimbalza corta e bassa, su quella lunga non ho problemi”. Dimitrov è riuscito quindi a risolvere il rebus in tempo e ha cominciato a far sbagliare qualche palla in più a un Sinner che, sul palleggio, già oggi teme pochi confronti.

Succederà anche in futuro? Difficile dirlo, pare di no, ma le vie del tennis sono tortuose e mal asfaltate. Del resto, con la partita in mano e il servizio sul 5-3, Dimitrov ha giocato il peggior game della partita e concesso a Sinner di giocare un altro game. Ma l’inevitabile era solo rimandato: il doppio fallo a 116 km/h, i dritti steccati dopo i recuperi disperati di Dimitrov, qualche scelta poco lucida e uno smash à la Djokovic hanno deciso il decimo game, nonostante qualche esitazione del bulgaro che avrà certamente fatto sorridere con sicumera qualche tifosotto nostrano.

Sinner potrà appassionare tali tifosotti, ma difficilmente scalderà i cuori fuori dai sacri confini. Non è azzardato ritenere che se davvero dovesse arrivare oltre la top 10 verrebbe guardato un po’ come Djokovic, forte, per carità, ma provateci voi a vedere una sua partita per intero. A meno che, a differenza del serbo, si assesti su una carriera come quella di Berdych, che come detto sarebbe venduta come trionfale.

Per fortuna di Sinner sono tempi da venditori di tappeti e quella che sarebbe stata “un’altra grande impresa di Sinner” diventerà “Sinner si ferma, ma il futuro è suo”, perché alla fine del tennis importa relativamente, importa avere un prodotto da vendere, un titolo da giornale, un inchino servile che può far fare quattro spicci. E se per questo si fa diventare un diciannovenne una specie di robottino incapace di divertirsi tanto peggio. Qui si gioca a tennis, per divertirsi rivolgersi altrove.

ATP Roma 2020 Grigor dimitrov Jannik Sinner


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